Tensione alle stelle fra il Sudan e la neonata Repubblica del Sud Sudan. Le truppe
di Khartoum avrebbero infatti sferrato un attacco oltrefrontiera contro una base militare
nella zona petrolifera dell'alto Nilo. Nel blitz sono morte 18 persone e altre 73
sono rimaste ferite. Intanto, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti
umani ha condannato il bombardamento del campo profughi di Yida, in territorio sud
sudanese che ieri ha colpito un sito con 20mila rifugiati recentemente fuggiti dai
combattimenti in corso nelle montagne Nuba. Stefano Leszczynski ha intervistato
Davide Berruti, coordinatore Sud Sudan dell’Ong Intersos che nella regione
porta avanti diversi progetti umanitari:
R. - Questi
ordigni sono stati sganciati su un campo profughi - non si trattava di un campo permanente
di rifugiati - che scappando dai bombardamenti che ci sono stati nei mesi scorsi,
a partire dalla fine di agosto, hanno superato il confine con il Sud Sudan, attestandosi
su una località dove hanno ricevuto assistenza dalla Comunità internazionale umanitaria
e dalle Agenzie delle Nazioni Unite.
D. - Questo bombardamento si inserisce
in un clima di provocazione e di tensione crescente tra Sudan e Sud Sudan o è, piuttosto,
un evento legato a quello che sta succedendo adesso in alcune regioni?
R.
- Noi come comunità umanitaria vediamo i risultati di una serie di conflitti, soprattutto
sulla linea di confine tra Sud Sudan e Sudan, che sono in atto e in svolgimento in
questi mesi: questo è un dato di fatto… Non sta poi a me giudicare l’andamento di
queste relazioni tra le due Repubbliche.
D - Una situazione che, comunque,
va ad aggravare la situazione umanitaria già esistente in tutta la regione?
R.
- Assolutamente. Tutto il fronte nord è interessato da crisi umanitarie: il 21 maggio
ci fu l’invasione del territorio contesto di Abey, che ha causato un numero abbastanza
alto - tra gli 80 mila e 100 mila - di sfollati. A questi si sono aggiunte le decine
di migliaia di “ritornati”, che da Khartoum - in seguito alla dichiarazione di indipendenza
- cercano di raggiungere il Sud Sudan e lo fanno in situazioni disperate: anche se
questi convogli sono organizzati con autobus, una volta che passano il confine con
il Sud Sudan sono persone che non hanno nulla e che hanno bisogno dell’assistenza
più basilare e quindi cibo, acqua e vestiti. A queste decine di migliaia di persone
adesso si è aggiunta la popolazione Nuba, con una presenza di circa 20 mila, a completare
un quadro che di per sé è estremamente grave!
D. - Quello del Sud Sudan
è un problema che riguarda un giovane Stato che non riesce ancora a trovare degli
spunti giusti per provocare dei miglioramenti sensibili al proprio interno…
R.
- E’ un nuovo Stato che sta compiendo i suoi passi, insieme alla Comunità internazionale,
verso uno sviluppo sostenibile. Noi vediamo che lontano dalle aree di crisi, c’è tutta
la volontà e la voglia da parte della popolazione, da parte del governo, da parte
degli investimenti internazionali di svilupparsi e di crescere: ma è purtroppo ancora
uno Stato invischiato in questo conflitto a cui la comunità umanitaria deve ancora
riuscire a far fronte. (mg)