Il Papa e il mantello di San Martino di Tours, icona cristiana della condivisione
e della gratuità
Un modello “europeo” di carità. Così Benedetto XVI ha definito San Martino davanti
ai volontari del Vecchio continente ricevuti questa mattina in udienza. E in effetti,
Martino di Tours, prima soldato e poi vescovo, è tuttora uno dei Santi più venerati
in Europa. A lui, e al suo celebre gesto di generosità, il Papa dedicò un intero Angelus,
l’11 novembre del 2007. Alessandro De Carolis ne ricorda in questo servizio
alcuni passaggi:
“Ancora
giovane soldato, incontrò per la strada un povero intirizzito e tremante per il freddo.
Prese allora il proprio mantello e, tagliatolo in due con la spada, ne diede metà
a quell’uomo. La notte gli apparve in sogno Gesù, sorridente, avvolto in quello stesso
mantello”.
(musica)
Decisamente, ci sono materiali
capaci di superare in modo straordinario il logorio del tempo. E certo, le tarme di
sette secoli non hanno intaccato uno dei pezzi di stoffa più famosi della storia.
Attraverso le fibre del mantello di Martino che in parte finiscono sulle spalle di
un mendicante si intravedono con chiarezza le fibre che costituiscono il tessuto della
carità cristiana: il dono, la gratuità, la condivisione, la scelta preferenziale dei
poveri, la presenza di Gesù in loro. In un rapido gesto di generosità si è cristallizzato
per sempre il meglio di ciò che può fare un uomo per il suo simile, soprattutto se
sorretto dalla fede. Perché questo già era, sotto le fibre del suo mantello, il soldato
Martino quando incrociò quel povero: un uomo prossimo al Battesimo:
“Ricevette
il Sacramento intorno ai vent’anni, ma dovette ancora a lungo rimanere nell’esercito,
dove diede testimonianza del suo nuovo genere di vita: rispettoso e comprensivo verso
tutti, trattava il suo inserviente come un fratello, ed evitava i divertimenti volgari”.
Davvero
un soldato singolare, Martino: nemico della violenza, allergico all’arroganza, che
se sguainava la spada lo faceva per un atto di giustizia piuttosto che per fare il
giustiziere. Finché, corazza e gladio lasciano il posto al saio e al crocifisso. Martino
si congeda e segue il cuore. Si fa monaco in Francia – siamo attorno al 360 – e nel
371 i cittadini di Tours lo acclamano vescovo. Scelta felice, perché la città e le
campagne acquistano un uomo capace di giustizia e incline alla misericordia, un Vangelo
vivente annunciato con energia e testimoniato con la mitezza. Muore l’8 novembre 397
e l’11 viene sepolto. Non muore il suo ricordo e diventa una reliquia il suo mantello
che continua ad essere appoggiato sulle spalle del mondo, come conforto per tutti
coloro – ha detto il Papa – impegnati a rispondere alla grande sfida del nostro tempo”:
“Quella
cioè di costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui ogni uomo possa vivere con
dignità. Questo può avvenire se prevale un modello mondiale di autentica solidarietà,
in grado di assicurare a tutti gli abitanti del pianeta il cibo, l’acqua, le cure
mediche necessarie, ma anche il lavoro e le risorse energetiche, come pure i beni
culturali, il sapere scientifico e tecnologico”.