2011-11-11 10:12:01

Alla scoperta della Caritas-Africa


E’ tanto antica quanto la Chiesa ed esprime la volontà del Figlio di Dio di essere “Uomo tra gli uomini”, immedesimandosi con le loro sofferenze quotidiane e aiutandoli a risolverle nell’ottica della Salvezza Divina. In altre parole: far fronte alle emergenze, alla povertà stridente e lavorare in favore dello sviluppo integrale dei popoli. Ma la Caritas, formalmente istituzionalizzata come organismo internazionale della Chiesa nel 1951 e presente nella stragrande maggioranza dei Paesi e Diocesi del mondo, resta ancora oggi da scoprire nella sua profonda essenza. Molti la vedono, infatti, come un semplice organismo di distribuzione di viveri e indumenti ai bisognosi. Farla conoscere nella sua totalità e complessità a tutte le persone di buona volontà è quindi una delle sue grande sfide. Caritas-Africa ha abbracciato questa sfida come uno degli obbiettivi da concretizzare nei suoi prossimi quattro anni di lavoro. Riunitasi a Lomé, in Togo, dal 27 al 30 settembre scorso, la nuova Direzione capeggiata dal vescovo mozambicano, Mons. Francisco João Sílota, va tuttavia oltre la sfida comunicativa nel suo piano strategico, al quale sono stati dedicati quattro giorni di minuzioso lavoro di analisi e affinamento, in modo da renderlo in sintonia con quello della Caritas Internationalis e allo stesso tempo attento alle specificità dell’Africa.
Nonostante le sue enormi ricchezze naturali, umane e spirituali, il Continente africano soffre ancora di una povertà che umilia i suoi figli e offende Dio. Mons. Silota è inquieto. Per lui questa situazione è inaccettabile. Vuole, innanzitutto, capirne il perché. Ed è convinto che con l’aiuto di esperti in Scienze Sociali e in Teologia morale, riuscirà a farlo, andando allo stesso tempo oltre le teorie e migliorando concretamente le condizioni di vita degli africani. Questo sarà possibile se se riuscirà a fare degli africani, dei poveri, soggetti strategici del loro stesso sviluppo. E ciò è al centro delle intenzioni del vescovo di Chimoio e dei suoi sette collaboratori, uno per ogni zona in cui è suddiviso il SECAM, Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e Madagascar. Lavorare in sintonia con questo organismo ecclesiale panafricano e in particolare con il suo dipartimento “Giustizia, Pace e Sviluppo” così come con ogni Diocesi è indispensabile.
Anzi, Caritas-Africa guarda più lontano: cosciente che la sua attività, benché importante, non darà frutti palpabili se non sarà accompagnata dalla buona azione di tutti quelli che hanno grandi responsabilità nel governo del continente, si propone di fare lobby, in particolare presso l’Unione Africana, affinché l’etica sia il motore di questa grande locomotiva continentale.
Si intravede quindi una Caritas-Africa dinamica, impegnata, desiderosa di essere più autonoma nei mezzi e nelle decisioni per meglio rispondere ai bisogni dei suoi figli, ma senza lasciar da parte la fratellanza che caratterizza la grande “Famiglia Caritas” nella Chiesa cattolica e che rende le sue diverse parti vasi comunicanti, nello sforzo di far sì che “tutti abbiamo la vita e l’abbiano in abbondanza”, come vuole il Vangelo.

“Giustizia, Pace, Riconciliazione” - La Chiesa aspira oggi più che mai ad essere questo per gli africani. La Seconda Assemblea del Sinodo dei Vescovi per l’Africa tenutasi in Vaticano nell’ottobre del 2009, ha cercato di capire e di tracciare la via per renderlo fattibile e per essere luce e guida in questo cammino. L’Esortazione Apostolica scaturita da questo Sinodo sarà consegnata ai Vescovi dell’Africa dal Papa nella sua visita apostolica in Benin dal 18 al 20 di questo mese di novembre. Bisognerà poi passare alla pratica. Caritas-Africa si sente investita di questo compito in prima persona. Ed è significativo che proprio dalla Caritas-Benin venga già un insistente invito a non mettere il documento nel cassetto ma a far di esso una “bussola”, una “fonte d’ispirazione” per continuare a far conoscere l’identità della Caritas, a lavorare con sempre maggiore professionalità e trasparenza, a non abituarsi alla povertà estrema ma a lasciarsi interpellare da essa, a far della credibilità di cui gode la Caritas uno strumento di lobby per un mondo più giusto. In poche parole, a far sì che ognuno di noi sia effettivamente sale “di buona qualità” per la terra e una luce “di giusta intensità” per il mondo.
I vescovi avranno quindi nella Caritas-Africa un ottimo braccio operativo, ma anche un prezioso luogo di riflessione, se sapranno trarne profitto nel senso più nobile del termine. In effetti, la Caritas è un organismo molto complesso che opera a più livelli: internazionale, nazionale, diocesano, parrocchiale e se da una parte questa ramificazione capillare ne costituisce una forza, dall’altra può essere una debolezza, poiché se manca una perfetta coordinazione a livello di tutti questi anelli di congiunzione il risultato finale può esserne compromesso. Questa preoccupazione è stata sempre presente in sottofondo nella riunione di Lomé, in cui il Dott. Bruno Miteyo, Segretario generale della Caritas della Repubblica Democratica del Congo e con larga esperienza a livello continentale ha invitato i sette coordinatori di zona, tutti nuovi nel compito, ad essere positivi, creativi, ma ad avere chiara coscienza della grande responsabilità che spetta loro: rendere la Caritas-Africa capace di rispondere ai bisogni degli africani. E se questo richiede una visione e progetti di ampio respiro per lo sradicamento della povertà, non si possono tuttavia dimenticare le emergenze che affliggono intere fasce di popolazioni del continente, come la recente crisi alimentare nel Corno d’Africa, le inondazioni, i rifugiati e migranti, e così via. In questo capitolo tre aspetti hanno assorbito l’attenzione della Commissione Regionale Caritas-Africa a Lomé: cercare di fare una mappa delle eventuali catastrofi, dotarsi di strumenti per rispondervi in maniera professionale accanto ad altri organismi e creare a tale scopo un fondo della Chiesa nel continente. La coscienza della difficoltà di questo compito era ugualmente presente a Lomé. Ma, benché numerose Caritas nazionali africane abbiano ancora molta strada da percorrere per essere sufficientemente autonome in termini di mezzi finanziari, alcune di esse sono già ben avviate su questa strada e non esitano a condividere le loro buone pratiche con le altre. Una novità questa per le Caritas del continente, che si stanno adoperando anche per una migliore e più trasparente gestione delle loro risorse. Questa è stata, anzi, la tematica del seminario dei direttori e dei contabili delle 45 Caritas nazionali africane tenutosi a Nairobi, nei giorni precedenti alla riunione di Lomé.
Un’altra grande sfida si impone, infine, alla Chiesa in Africa che sogna e lavora in favore di un Continente unito, pacifico, prospero, integro. Far sì che la Caritas-Africa abbracci tutto il Continente in un’unica vera Caritas-Africa e non una Caritas per l’Africa nera, divisa, tra l’altro, dalla Somalia, integrata anch’essa nella MONA (Caritas Medio Oriente e Nord Africa), una delle regioni della Caritas Internationalis. Questa suddivisione è stata certamente studiata per motivi funzionali e di efficacia ma, come diceva Kwame Nkrumah, uno degli illustri figli del Continente, “l’Africa deve unirsi”. E la Chiesa vuole certamente essere esempio in questo.

Dulce Araujo – Programma Portoghese – Radio Vaticana.







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