Convegno a Roma sulla "primavera araba": gli eventi in Siria si rifletteranno sull'Iran
Di Iran ieri si è parlato nel corso di un convegno a Roma organizzato dal Centro Studi
Americani dal titolo: “Stati Uniti, Iran e Medio Oriente: una nuova dinamica?”. Negli
interventi dei relatori, ampio spazio è stato dedicato alla cosiddetta "primavera
araba" e alle conseguenze che questa potrà avere anche sulla Repubblica islamica.
Il servizio di Benedetta Capelli:
Come sta
cambiando il Medio Oriente a distanza di mesi dalle rivoluzioni che hanno modificato
gli assetti politici di diversi Paesi del Nord Africa? Si è partiti da questa domanda
per capire la valenza di quanto accaduto e che gli studiosi presenti hanno definito
“rivolte dagli esiti rivoluzionari”. Cambiamenti inizialmente sostenuti dall’Iran,
che vedeva in queste proteste un moto di ribellione contro l’Occidente, ma poi le
cose sono cambiate. Dunque, la novità è la nuova dinamica che si è creata, come sottolinea
Karim Mezran, direttore del Centro studi americani:
“E’
cambiato il paradigma secondo il quale il regime autoritario si autososteneva attraverso
l’antitesi con il movimento islamista. Si è arrivati a un movimento che ha scardinato
questo sistema portando nuove istanze. Queste nuove istanze hanno costretto gli stessi
movimenti islamisti a cambiare atteggiamento e questi ultimi hanno poi accettato il
ruolo democratico delle elezioni, della partecipazione politica, del gioco elettorale
e quindi si è creata una nuova dinamica più aperta che probabilmente potrebbe portare
a sistemi più liberali, più aperti più partecipativi di quelli che erano prima. L’Iran
sta cercando di reagire agli input che stanno arrivando dal monto
arabo. Quello che sta succedendo in Siria avrà conseguenze sulla Repubblica islamica
indipendentemente da quello che è successo in Egitto, in Tunisia o in Libia”.
Secondo
Francesca Corrao, autrice del libro “Le rivoluzioni arabe. La
transizione mediterranea”, l’elemento nuovo è pure la rinnovata predisposizione al
confronto all’interno delle diverse componenti sociali:
“Credo che
la cosa più interessante da vedere sia questo disporsi in maniera più dialogica delle
rappresentanze politiche arabe nel mondo arabo, perché il fatto che i partiti moderati
si siano affermati nelle elezioni tunisine - e così anche si immagina avverrà in Egitto
- dà una dimensione dei rapporti molto diversa, nel senso che l’integralismo radicale
iraniano torna ad essere emarginato. In questo momento, un sostegno tout
court all’Iran da parte del mondo arabo mi sembra molto difficile, per
varie ragioni: per via di queste elezioni e precedentemente per il fatto che l’Iran,
nel 2009, ha represso violentemente la rivoluzione mentre, invece, in Tunisia e in
Egitto ha vinto”.
In questo contesto quindi l’Iran sembra l’attore più
isolato. A preoccupare la comunità internazionale è il programma nucleare di Teheran,
al centro del recente rapporto dell’Aiea, l'Agenzia internazionale per l’energia atomica.
Minacce di azioni di forza sono venute da Israele, un intervento sarebbe devastante
per tutta l’area come sottolinea Pejman Abdolmohammadi, islamologo
dell’università di Genova:
“Bisogna sottolineare che un possibile attacco
contro l’Iran potrebbe creare una confusione a livello regionale e influenzare negativamente
l’evoluzione politica iraniana, sia sul fronte della società civile sia sul fronte
della dinamica interna politica del Paese. Chiaramente, questo può dare vita a un
prevalere dei 'falchi', del sistema più filoconservatore, e diminuire il ruolo della
parte critica del potere, tamto all’interno della Repubblica Islamica, quanto all’interno
della società civile”.