Usa: più single che famiglie, ma gli sposati sono più felici. Il commento del sociologo
Diotallevi
Per la prima volta, negli Stati Uniti, la percentuale dei single ha superato
quella degli sposati: è il dato pubblicato dall’Istituto demoscopico "Pew Research
Cente", che ha innescato un dibattito negli Usa sul futuro dell’istituto familiare.
Tuttavia, la stessa ricerca rileva che mentre il 43 per cento degli sposati sostiene
di essere “molto felice”, solo il 24 per cento dei single dichiara altrettanto.
Per una riflessione su questo trend, comune a tutto il mondo occidentale, Alessandro
Gisotti ha intervistato il sociologo Luca Diotallevi, vicepresidente del
Comitato scientifico delle Settimane sociali:
R. - Passando
dal discorso statistico a quello sociologico, c’è un tentativo di interpretazione
di questo fenomeno. Possiamo dire che è comunque indubbio che il numero delle persone
che s’impegnano in un’avventura familiare è oggi minore rispetto al passato, anche
negli Stati Uniti, per i quali, nella maggior parte, la famiglia è e resta un’istituzione
che tiene ed è molto importante; per intenderci, è molto più importante che in Europa.
D. - Negli Stati Uniti, quasi il 20% dei maschi tra i 25 e 34 anni
vive con i genitori. In Italia, sappiamo, questa percentuale è anche superiore. Quanto
influisce la crisi economica sulle scelte dei giovani, per dar vita a una famiglia?
R.
- Non mi concentrerei sui processi economici, almeno in termini esclusivi, perché
i giovani uscivano di casa prima, negli anni ’40 o negli anni ’20 del Novecento, quando
la situazione economica media era enormemente più difficile dell’attuale. Direi che,
con questo dato, come quello dell’innalzamento dell’età media al primo matrimonio,
noi semplicemente registriamo il rallentamento dei processi di maturazione. E questo
ovviamente è un fenomeno molto preoccupante, ma va letto nella sua specificità educativa
piuttosto che come effetto di un problema esclusivamente economico.
D.
- Guardando più all’Italia, cosa possono dare i cattolici come contributo per valorizzare
e riportare anche in primo piano la bellezza e la forza dell’essere famiglia, in una
società complessa come quella in cui viviamo oggi?
R. - Direi due cose.
La prima è la testimonianza: la testimonianza della famiglia, la testimonianza dell’amicizia,
la testimonianza delle tante realtà associative. Noi possiamo testimoniare che possono
esistere in una società libera, come quella nella quale viviamo, rapporti veri, profondi,
schietti, che durano una vita. La seconda cosa sono “le buone ragioni”. Ci sono ragioni
che ci fanno comprendere perché la persona è paradigma umano, molto più ricco che
non quello dell’individuo, che è un dato più isolato. (fd)