Italia, tempesta sui mercati: lo spread tocca i 575 punti, Btp oltre il 7%
Cresce l’allarme per la perdita di valore dei titoli di stato italiani i cui rendimenti
sono schizzati in mattinata oltre il 7%, nonostante i consistenti acquisti del debito
italiano da parte della Banca Centrale europea. Immediate le ripercussioni sui mercati
finanziari e, in particolare, sulla Borsa italiana. Il servizio di Stefano Leszczynski.
Continuano
ad aggravarsi le tensioni sui titoli di Stato dell'Italia, investiti fin dalla mattina
da una nuova ondata di vendite che ha innescato balzi in avanti dei loro rendimenti
- che sono in un rapporto inversamente proporzionale con il prezzo – fino a superare
la quota del 7%. Nonostante l'intervento della Bce, che ha acquistato nella
mattina di oggi consistenti quote del debito italiano, i Buoni del tesoro decennali
non hanno recuperato valore, allargando lo spread con i titoli tedeschi fino a 575
punti base. Quanto avvenuto riguardo ai titoli del debito italiano è dovuto a una
mancanza di fiducia dei mercati che, dopo la crisi politica apertasi ieri, si aspettavano
una discontinuità di governo forte e immediata. Una situazione che ha avuto ripercussioni
fortemente negative anche sul mercato azionario con Piazza Affari che è crollata del
4,3% ed ha visto un gran numero di titoli sospesi per eccesso di ribasso. Su questa
situazione generata dal clima di incertezza politica è intervenuto anche il presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano che ha lanciato un appello a riguadagnare
credibilità e fiducia come paese.
Sulle ragioni della crescita abnorme
dei rendimenti dei titoli di stato italiani e sulla loro perdita di valore sentiamo
ora Mario Deaglio, economista e docente all’Università di Torino
intervistato da Stefano Leszczynski.
R. – Questi
Btp sono Btp vecchi sui quali il mercato esprime un giudizio che riflette quello che
si aspetta dallo Stato italiano. In questo momento il mercato conclude che questo
Paese è senza governo, che questo Paese è senza una vera politica e quindi che non
vuole detenere i titoli del Paese. Il vero effetto, invece, sull’economia italiana
si ha nel momento in cui lo Stato chiede il rinnovo di Btp in scadenza, che non avviene
tutti i giorni, avviene normalmente due o tre volte al mese con le aste.
D.
– Quindi, lo spread che vediamo aumentare oggi tra i titoli italiani e i titoli tedeschi
è da intendersi esclusivamente come un fattore di credibilità del sistema Paese nei
confronti degli investitori. Qual è dunque il fattore negativo che bisogna tenere
d’occhio per comprendere quello che succederà al debito italiano?
R.
– Allora, sino ad oggi i tassi effettivi delle aste sono molto elevati, ma non elevati
comunque come lo spread. Al momento buono, se tu offri di comprare dei titoli nuovi
al 5, 6 per cento anche molti italiani che li hanno probabilmente non solo li rinnovano,
ma ne chiedono di più. Quindi, prendere lo spread come indicatore è un’esagerazione,
bisogna prendere i prezzi delle aste. Questi prezzi comunque si traducono in questo
momento in un modesto aggravio per lo Stato italiano, che paga soltanto sui titoli
che rinnova, quindi su una frazione del debito pubblico. Certo, che se le cose vanno
avanti così, nel giro di un anno scadranno circa 300 miliardi di titoli: il 5 per
cento di spread – tanto per fare un esempio – su 300 miliardi fa 15 miliardi in più
che lo Stato italiano dovrebbe spendere per avere gli stessi soldi di prima per rinnovare
i prestiti. Noi abbiamo fatto una manovra di circa 50 miliardi ed ecco che quasi un
terzo di questa manovra se lo mangia il mercato che non crede più in noi.
D.
– Come mai la borsa italiana sta andando così male sulla scia delle notizie relative
ai titoli?
R. – Perché l’andar male comincia dalle banche. Le banche
italiane hanno un 20, 25 per cento del debito pubblico italiano. Se questo debito
pubblico italiano vale meno allora anche il valore delle banche italiane, che hanno
investito in questi titoli, viene ridotto e diciamo che la cosa viene di riflesso
sui titoli industriali. Il nostro Paese dovrà fare molta austerità: se fa molta austerità,
si ridurranno i consumi e se si riducono i consumi, si riducono anche i profitti delle
industrie e, in genere, il valore delle società che possiedono stabilimenti, fabbriche
e cose del genere. (ap)