Sudan: i vescovi chiedono aiuto al mondo per scongiurare una nuova guerra civile
Un appello alla comunità internazionale per l’invio di aiuti umanitari in Sudan al
fine di scongiurare una guerra civile e di porre un freno alle violenze nelle regioni
centrali e orientali del Paese. È quanto espresso dai vescovi del Sudan in una nota
ufficiale di cui da notizia l'agenzia Zenit. Nel comunicato la Conferenza episcopale
sudanese – che include sia il Sudan che il Sudan del Sud – descrive il conflitto nello
stato del Nilo Azzurro, nel Kordofan meridionale e nell’Equatoria orientale in termini
simili al conflitto in corso in Darfur. La richiesta dei vescovi sudanesi di un intervento
immediato è motivata dal fatto che il conflitto nella regione ricca di petrolio dell’Abyei
si è “militarizzato”. La Conferenza episcopale ha denunciato anche le violenze in
corso nell’Equatoria occidentale e nel Bahr el Ghazal occidentale, causate dal gruppo
ribelle Lords Resistance Army (LRA). Nella loro nota i vescovi hanno ammonito
che i due Sudan corrono il rischio di tornare ad un conflitto su larga scala. Il comunicato
episcopale teme il ritorno a violenze simili a quelle della guerra civile del 1983-2005
che provocò due milioni e mezzo di morti e cinque milioni di profughi. “Siamo profondamente
angosciati – dichiarano i vescovi sudanesi – dalla violenza in corso nelle due nazioni.
Abbiamo più volte ammonito dei pericoli di un ritorno alle ostilità se le legittime
aspirazioni della gente di queste aree geografiche non saranno assecondate”. Nella
loro nota, i vescovi sudanesi sollecitano la comunità internazionale – in particolar
modo l’Unione Africana - a impegnarsi nel risolvere i conflitti, aderendo agli accordi
del Trattato di Pace del 9 gennaio 2005 che aveva formalmente messo fine alla guerra
civile. I vescovi hanno lanciato poi un appello per l’aiuto alle migliaia di persone
che sono state sfollate lungo il confine tra i due Stati sudanesi. Secondo le stime
dell’Unicef gli sfollati dal conflitto in Darfur sono stati 2,7 milioni. Il comunicato
dei vescovi segnala un “urgente necessità di aprire corridoi umanitari per permettere
l’arrivo di cibo e medicinali per chi ne ha bisogno”. Aiuto alla Chiesa che Soffre
ha ripreso l’allarme, canalizzando gli aiuti attraverso il vescovo Adwok per supportare
la gente fuggita da Damazin, la capitale dello stato del Nilo Azzurro. Proponendo
degli obiettivi-chiave per il nuovo governo del Sudan del Sud, i vescovi hanno individuato
la “immediata priorità” nella cura dei traumatizzati, aggiungendo che “la riconciliazione
all’interno della società dipende dall’educazione, dalla legge, dall’ordine e dalla
maturità politica”. Bollando la corruzione come “inaccettabile”, i vescovi hanno poi
richiamato i due governi sudanesi ad essere trasparenti e democratici. La nota episcopale
ha inoltre spiegato la decisione dei vescovi di non dividersi in due dopo la secessione
del Sud Sudan: “La Chiesa nelle due nazioni continuerà a mantenere viva la solidarietà
tra tutti i sudanesi, dovuta alla nostra storia comune e agli autentici legami umani
che ci legano”. I vescovi hanno infine riferito la creazione di due “segretariati”
in ognuna delle capitali (Khartoum e Juba) per implementare le politiche pastorali
dei vescovi a livello locale. (M.G.)