2011-11-08 15:45:20

A Firenze, l'Assemblea del Cism sul futuro della Chiesa italiana e il ruolo dei religiosi


Un ruolo “ponte” tra le varie realtà che compongono il mosaico della Chiesa italiana. È uno dei principali obiettivi che si propongono i religiosi che vivono e operano in Italia. Di questo e altri aspetti spirituali e pastorali discutono in questi giorni a Firenze i delegati che partecipano alla 51.ma Assemblea generale della Cism, la Conferenza italiana dei superiori maggiori, dal titolo “Confronto e aspettative sul futuro della Chiesa in Italia. Quale compito dei religiosi?”. Alessandro De Carolis ha girato la domanda del titolo al presidente della Cism, il salesiano don Alberto Lorenzelli:RealAudioMP3

R. - È un momento in cui c’è una certa difficoltà. I religiosi, pur vivendo momenti di difficoltà - proprio perché non possiamo nascondere che in questo momento c’è un processo d’invecchiamento, c’è un calo vocazionale e ci sono delle fragilità; non possiamo nascondere anche qualche controtestimonianza - tuttavia, in mezzo ai vari problemi e alle sfide che il mondo presenta, oggi i religiosi hanno comunque tenuto su tutti i fronti. Crediamo che questo sia un aspetto essenziale della nostra Chiesa italiana, che è una Chiesa di popolo: in questo popolo ci sono anche i religiosi.

D. - Circa ai ruolo giocato dai religiosi nel contesto della Chiesa italiana contemporanea, su quali piste intendete muovervi?

R. - Credo sia necessario in questo contesto ricuperare il "Dna" della vita consacrata. Dobbiamo comunicare il primato di Gesù Cristo nella vita di ciascuno di noi, a livello personale e anche a livello comunitario. Secondo, dare testimonianza della nostra consacrazione di una vita sobria, distaccata: in un mondo erotizzato, credo che la nostra scelta della purezza sia una cosa significativa. Terzo, il dono di comunione: poter dimostrare che persone che non si sono scelte, ma riconoscono di essere state scelte da Dio e messe insieme, sanno vivere la comunione, sanno vivere la fraternità, sanno condividere i grandi valori che ogni esistenza umana porta con sé.

D. - In effetti, uno degli aspetti fondanti della vita dei religiosi è proprio quello della vita in comune, quindi della fraternità. In che modo cercate di testimoniarlo nell’oggi della Chiesa italiana?

R. - Io credo che oggi tutta la Chiesa italiana abbia bisogno di far crescere maggiormente il dono di comunione. È un grande dono che il Concilio Vaticano II ci ha dato, che si può allargare a macchia d’olio a tutta la realtà ecclesiale. Un tessuto che ci fa sentire fratelli, perché abbiamo un grande obiettivo: di incontrare la persona di Gesù Cristo, non di comunicare una dottrina. Questo è, credo, anche l’intento che Benedetto XVI ci sollecita in questo tempo particolare, per la nuova evangelizzazione.

D. - Proprio Benedetto XVI, sabato scorso, in una lettera ai vescovi francesi riuniti in plenaria, ha in sostanza affermato questo: in un’epoca fortemente influenzata dalla secolarizzazione e dall’indifferenza verso ciò che è sacro, assume grande rilievo la testimonianza dei religiosi. Come riecheggiano in lei queste parole del Papa?

R. - Credo che il Papa ci stia dando una grande testimonianza proprio attraverso quella sua parola limpida, trasparente, che ci sollecita. Non è la prima volta che il Papa esorta la vita consacrata e vediamo anche una grande attenzione e, mi sembra, anche una grande preoccupazione nel momento in cui si vedono diminuire le presenze, per esempio, nel nostro ambiente europeo. La provocazione che il Papa oggi ci dà è proprio questa: religiosi, siate quello che siete. La Chiesa perderebbe il suo colore, il suo profumo se venisse meno quella presenza dei religiosi, ma religiosi così come ce lo chiede Benedetto XVI. (fd)







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