Sempre più preoccupante il "land grabbing", l'accaparramento di terre in Paesi in
via di sviluppo
Grandi estensioni di terra nei Paesi in via di sviluppo sono acquistate o affittate
ogni anno da imprese o fondi sovrani di Stati sviluppati che vogliono aumentare la
propria produzione agricola. La pratica, nota come "land grabbing", secondo i dati
più recenti, diffusi dall’organizzazione non governativa Oxfam, coinvolge un’area
vasta come la Germania. Ad analizzare il fenomeno, al microfono di Davide Maggiore,
è il responsabile dell’Ufficio delle politiche per lo sviluppo della Focsiv, Damiano
Sabuzi:
R. - Non
ci sono opportunità di verificare ogni singolo contratto di acquisizione delle terre
ed ogni singolo accaparramento su larga scala. C’è da dire, però, che il “Land Matrix
Partnership” ha constatato che sono almeno 227 milioni gli ettari che sono stati venduti,
affittati o comunque che sono soggetti ad un contratto di licenza sotto negoziato
- appunto - di acquisizioni internazionali. E’ un fenomeno in crescente aumento per
due motivi: il primo per la produzione di oli combustibili e quindi biocarburanti;
e il secondo per l’investimento che viene fatto dalle banche internazionali, che acquistano
questi terreni, li lasciano incolti, facendone aumentare il prezzo a livello di mercati
internazionali. Il problema è che, in molti casi, non vi è una vera e propria giurisprudenza
che delinea la proprietà di un terreno a una persona o a un’altra. Questo permette
alle grandi compagnie internazionali di trovare questi sistemi per accaparrarsi queste
terre, che magari vengono coltivate, momentaneamente, da agricoltori del sud del mondo.
D. - Che ruolo giocano i governi locali in materia?
R.
- Gli Stati hanno, comunque, la possibilità di limitare, di arrestare e addirittura
di bloccare questo fenomeno. E questo perché, fondamentalmente, sono loro che hanno
il potere sovrano sul proprio territorio. Non essendoci linee guida su questo fenomeno,
però, abbiamo una serie di Stati che, autonomamente, decidono come far fruttare queste
terre.
D. - Cosa possono fare e cosa fanno le organizzazioni internazionali
e le realtà locali, soprattutto di ispirazione cristiana?
R. - Il processo
che stiamo seguendo a livello internazionale, come organizzazione Focsiv, ma anche
con le altre organizzazioni della società civile, è proprio questo: stiamo cercando
di portare avanti queste linee guida volontarie, che dovrebbero dare delle indicazioni
di base per frenare ed arrestare questo fenomeno. E’ un lavoro che non facciamo ovviamente
da soli, ma insieme con tutte le altri reti della società civile nazionali e internazionali.
Molti delegati di questo team internazionale di Ong sono proprio del sud e, quindi,
sono i primi che riescono a vedere il fenomeno e che vivono questo fenomeno sulla
loro pelle.
D. - Che effetti ha il "land grabbing" sull’economia locale
e sulla vita delle popolazioni, a livello sia individuale che sociale?
R.
- Distruttivi… Questo fenomeno sta creando disastri enormi, soprattutto per quanto
riguarda l’alimentazione, ma ha anche inevitabili ripercussioni per la vita sociale
in generale. In Paesi come l’Africa o il Sud-Est Asiatico, la maggior parte di queste
aziende agricole a produzione familiare producono per se stesse: un paradosso enorme,
perché le persone in questo momento non hanno il terreno per coltivare i prodotti
per sfamare se stessi… (mg)