Usa: un anno esatto alle presidenziali, l’economia al centro del confronto tra Obama
e i Repubblicani
Manca un anno esatto alle presidenziali negli Stati Uniti e meno di due mesi all’inizio
delle primarie repubblicane, che prenderanno il via il 3 gennaio in Iowa. Una tornata
elettorale che si preannuncia incerta con il presidente Obama in grande difficoltà
a far ripartire l’economia e il Partito Repubblicano che non sembra aver trovato dei
candidati all’altezza della sfida. Alessandro Gisotti ne ha parlato con Paolo
Mastrolilli, inviato de “La Stampa” a New York:
R. - Mi sembra
che la chiave di queste elezioni sia certamente la debolezza del Paese: si è parlato
a lungo in questi mesi di “declino americano” e nell’ambito di questo dibattito certamente
il presidente Obama è in difficoltà; i sondaggi lo danno indietro; la sua popolarità
è in calo; i risultati della sua presidenza non sono stati quelli che gli americani
auspicavano quando votarono per il cambiamento. Dall’altra, però, anche i Repubblicani
non hanno dei candidati molto forti e non hanno soprattutto delle idee, finora avanzate,
tali da poter pensare che abbiano un programma per rilanciare il potere degli Stati
Uniti nel mondo.
D. - Sull’economia, che poi è il tema forte di queste
elezioni, in molti criticano Obama di aver espresso una leadership carente. Cambierà
qualcosa nei prossimi mesi?
R. - Sull’economia adesso si sta giocando
naturalmente la campagna elettorale: questo è il tema su cui si esprimeranno gli americani.
Il problema è che la divisione fra Obama e i Repubblicani è tale da far dubitare che
possano effettivamente approvare qualcosa in grado di stimolare la ripresa americana.
Il presidente ha presentato una proposta per rilanciare l’occupazione che è stata
di fatto bocciata dai Repubblicani: mi sembra che questo diventerà un terreno di scontro
da utilizzare ai fini elettorali.
D. - Su aborto e obiezione di coscienza,
fin dai tempi dell’approvazione della riforma sanitaria e poi anche recentemente,
l’amministrazione Obama ha trovato l’opposizione dell’episcopato cattolico. Quando
potrà incidere anche politicamente questo attrito?
R. - L’elettorato
cattolico è stato fondamentale per la vittoria di Obama nel 2008. Gli elettori cattolici
lo avevano votato in maggioranza - circa il 54 per cento - a differenza di quanto
era successo nelle elezioni precedenti, nelle quali avevano scelto il candidato repubblicano
Bush. Per Obama conservare questo tipo di elettorato sarebbe fondamentale, ma è difficile
proprio perché i suoi rapporti con la gerarchia cattolica sono peggiorati negli ultimi
tempi. Adesso il problema è vedere se questi attriti che ci sono con l'episcopato
si trasformeranno anche in una riduzione - come molti prevedono - del consenso dell’elettorato
cattolico per il presidente.
D. - Quanto potranno incidere i movimenti
antisistema, come i “Tea Party” a destra e “Occupy Wall Street” a sinistra, sull’esito
del voto?
R. - Rischiano di diventare fondamentali e questo per varie
ragioni. Naturalmente esprimono un malessere diffuso negli Stati Uniti per ragioni
economiche, ma non solo, che riguarda - come abbiamo visto - tanto la destra quanto
la sinistra. Non sembrano avere un programma elettorale molto forte - i “Tea Party”
sono più influenti sul partito repubblicano, forse di quanto “Occupy Wall Street”
lo sia sul partito democratico - ma possono comunque condizionare molto l’attività
dei vari partiti. Obama e i Democratici si stanno chiedendo se debbono cavalcare il
movimento “Occupy Wall Street” e fino a che punto e lo stesso discorso riguarda un
po’ i repubblicani che temono - affidandosi troppo ai “Tea Party” - di scegliere dei
candidati estremisti, che non riescono poi a conquistare il voto del centro. (mg)