In Romania, l’incontro dei vescovi greco-cattolici sulla nuova evangelizzazione. La
riflessione di padre Rupnik
Si chiude oggi ad Orodea, in Romania, l’incontro dei vescovi europei greco-cattolici
sul tema della nuova evangelizzazione. All’evento, patrocinato dal Consiglio delle
Conferenze episcopali d’Europa, hanno preso parte, tra gli altri, il cardinale Péter
Erdő, presidente del Ccce e mons. Cyril Vasil, segretario della Congregazione per
le Chiese Orientali. Il convegno è stato aperto dalla prolusione dell’arcivescovo
Rino Fisichella, presidente del dicastero per la Nuova Evangelizzazione. Sui temi
affrontati dai presuli, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Marco Ivan
Rupnik, direttore del Centro Aletti, tra i relatori dell’incontro in Romania:
R. - La prima
cosa importante è stata l’apertura con la prolusione di mons. Fisichella, che è stata
veramente paronamica per mettere in chiaro cosa il Santo Padre vuole dire quando parla
della nuova evangelizzazione. L’altro argomento veramente importante è quello riguardante
l’esperienza, di questi 20 anni, della Chiesa greco-cattolica in diversi Paesi, dove
è possibile vedere una vera e propria resurrezione: dalla proibizione, dall’annullamento,
dall’azzeramento della Chiesa fino ad arrivare ad una nuova esplosione, come il caso
della Romania o della Slovacchia, ma soprattutto dell’Ucraina.
D. -
A 20 anni, appunto, dalla caduta dei regimi comunisti, quali sono le principali sfide
oggi per le Chiese cattoliche di rito orientale?
R. - Le sintetizzerei
in due grandi temi. La prima è proprio quella di non dimenticare, di non cancellare,
ma di riuscire a fare il passaggio dalla memoria all’anamnesis: da una memoria umana,
che può essere piena di ferite, ad una memoria divina, quella costituente la Liturgia
e dove al posto delle ferite appare la grazia, appare la vita. Questo è certamente
un grande compito! L’altra è quella di volgere lo sguardo verso l’Occidente, certamente
molto attraente: si ha, però, la coscienza - allo stesso tempo - che l’Occidente abbia
pagato un’alta "tassa" a questo impatto con la modernità. E’ quindi necessario comprendere
come imparare dalla Chiesa latina proprio a reggere questo impatto con la contemporaneità.
D.
- Quale contributo le Chiese cattoliche di rito orientale possono dare al Sinodo per
la nuova evangelizzazione?
R. - L’evangelizzazione è rivelazione della
vita battesimale, della vita nuova. Penso allora che l’Oriente, in qualche modo, proprio
custodendo l’arte, ha una capacità più forte per una conoscenza più integra, più vicina
alla vita e più imbevuta della vita. Penso che la riscoperta di queste tradizioni
potrebbe dare un contributo, perché è la vita ad essere in questione: non si tratta
di questioni relative alle idee, perché si tratta proprio di rivelare la vita nuova…
Se c’è vita nuova allora affascina e attira; se noi non suscitiamo l’interesse, il
desiderio e l’appetito del mondo è totalmente inutile che parliamo di evangelizzazione…
(mg)