Il sacerdote viva in consonanza con Cristo e non per il successo. Così il Papa nei
Vespri di apertura dell'anno accademico delle Università Pontificie
Essere sacerdoti vuol dire essere in consonanza con Cristo, essere servi con l’esemplarità
della vita. Così il Papa durante i vespri per l’inizio dell’anno accademico delle
Università Pontificie celebrati questo pomeriggio nella Basilica Vaticana. “La chiamata
del Signore – ha detto Benedetto XVI - è un dono da accogliere dedicandosi non ad
un proprio progetto, ma alla volontà di Dio anche se questa potrebbe non corrispondere
ai nostri desideri di autorealizzazione”. Nell’odierna ricorrenza liturgica di san
Carlo Borromeo, protettore dei seminari, il Pontefice ha auspicato un risveglio, la
buona formazione e la crescita delle vocazioni al presbiterato. Il servizio è di
Paolo Ondarza:
La vocazione
apostolica vive grazie al rapporto con Cristo alimentato dalla preghiera assidua e
animato dalla passione di comunicare il messaggio ricevuto del Vangelo. Lo ha detto
il Papa celebrando i vespri per l’inizio dell’anno accademico delle Università Pontificie,
un’occasione per proporre all’attenzione dei fedeli una serie di riflessioni sul
ministero sacerdotale.Vi sono alcune condizioni perché vi sia una crescente consonanza
a Cristo nella vita del sacerdote ha spiegato Benedetto XVI sottolineandone 3 in
particolare:
L’aspirazione a collaborare con Gesù alla diffusione
del Regno di Dio, la gratuità dell’impegno pastorale e l’atteggiamento del servizio.
Nella chiamata al ministero sacerdotale – ha spiegato il Santo
Padre – c’è l’incontro con Gesù e l’essere affascinati, colpiti dalle sue parole,
dai suoi gesti e dalla sua stessa persona.
E’ l’avere distinto,
in mezzo a tante voci, la sua voce. E’ come essere stati raggiunti dall’irradiazione
di Bene e di Amore che promana da Lui, sentirsene avvolti e partecipi al punto da
desiderare di rimanere con Lui come i due discepoli di Emmaus e di portare al mondo
l’annuncio del Vangelo.
Benedetto XVI ha quindi indicato nel ministro
del Vangelo colui che si lascia afferrare da Cristo, che sa rimanere con Lui, che
entra in sintonia, in intima amicizia con Lui, affinchè tutto si compia “come piace
a Dio” , con grande libertà interiore e con profonda gioia del cuore.
Si
è chiamati al ministero – ha chiarito il Papa – “non per vergognoso interesse”, ne
per meriti particolari, ma è dono da accogliere e a cui corrispondere dedicandosi
non a un proprio progetto, ma a quello di Dio. “Non bisogna infatti dimenticare –
ha ricordato – che si entra nel sacerdozio attraverso il Sacramento dell’Ordinazione
e questo significa aprirsi all’azione di Dio”.
Mai dobbiamo dimenticare
– come sacerdoti – che l’unica ascesa legittima verso il ministero di Pastore non
è quella del successo, ma quella della Croce.
I presbiteri – ha
ricordato Benedetto XVI – sono dispensatori dei mezzi di salvezza, dei sacramenti,
non ne dispongono a proprio arbitrio, ma ne sono umili servitori per il bene del Popolo
di Dio; curano attentamente il gregge, celebrano fedelmente la liturgia e sono sempre
solleciti verso tutti i fratelli. Il Papa ha quindi ricordato i settant’anni dall’istituzione,
nell’odierna memoria di san Carlo Borromeo, della Pontificia Opera per le Vocazioni
Sacerdotali, voluta da Pio XII attraverso il Motu Proprio “Cum Nobis”. Il pensiero
di Benedetto XVI è poi andato, a 60 anni dal riconoscimento da parte della Santa Sede,
al “Serra International” fondato da alcuni imprenditori statunitensi per sostenere
le vocazioni. Infine il Santo Padre ha salutato gli studenti, religiosi e laici, e
i docenti delle Università Ecclesiastiche di Roma invitando tutti a vivere in intima
comunione con il Signore questo tempo di formazione a Roma:
E’ importante
cercare di seguire nella vita, con generosità, non un proprio progetto, ma quello
che Dio ha su ciascuno, conformando la propria volontà a quella del Signore; è importante
prepararsi, anche attraverso uno studio serio e impegnato, a servire il Popolo di
Dio nei compiti che verranno affidati.