In Turchia da ieri la Conferenza internazionale sul futuro dell'Afghanistan
Si è aperta ieri mattina a Istanbul, in Turchia, la conferenza ''Sicurezza e cooperazione
nel cuore dell'Asia'', dedicata a contribuire a tracciare il futuro dell’Afghanistan
dopo il ritiro delle truppe straniere nel 2014. Accolti dal presidente turco Abdullah
Gul, partecipano ai lavori i rappresentanti di 20 Paesi e delle Ong impegnati nell'assistenza
umanitaria nel Paese asiatico. Gul, che ha ricordato come l’Afghanistan stia affrontando
“questioni come terrorismo, estremismo, traffico di droga ed esseri umani”, ha incontrato
già martedì i presidenti afghano e pakistano, Hamid Karzai e Asif Ali Zardari, per
allentare le tensioni e promuovere la cooperazione tra i due Stati vicini. Alla conferenza,
Karzai ha sollecitato uno “sforzo più concentrato nella regione” contro il terrorismo,
assicurando che il proprio obiettivo è quello di garantire la sicurezza almeno alla
metà della popolazione afghana entro la fine dell'anno. Su come possa essere interpretato
l’appuntamento di Istanbul, Giada Aquilino ha intervistato il prof. Marco
Lombardi, responsabile dei Progetti educativi in Afghanistan dell’Università Cattolica
del Sacro Cuore di Milano:
R. - La conferenza
sull’Afghanistan - o meglio sul centro Asia - a Istanbul è cruciale e si deve leggere
su tre livelli diversi. Il primo, più generale: nel mondo globale è necessario condividere
una prospettiva - quella democratica - per poi governare con attori locali le aree
di conflitto; e questo è il senso della conferenza. Il secondo livello: è una conferenza
che oggi vede impegnati numerosi attori, quali il Pakistan, l’India, l’Iran e la Turchia,
quindi tutti quei Paesi che circondano l’Afghanistan e che per primi sono interessati
alla sua pacificazione. Ma attenzione: devono essere interessati alla pacificazione
dell’Afghanistan e non alla soluzione dei loro conflitti; vediamo la Turchia che ne
approfitta dell’Iraq per battere in testa al Pkk; l’Iran che è interessata alla zona
di Herat; il Pakistan e l’India, che di fatto si stanno facendo la guerra sul nuovo
fronte occidentale, dopo quello dell’Azad Kashmir. Il terzo livello, estremamente
interessante è quello che ha preceduto la conferenza e che riguarda specificamente
il dialogo con i talebani. C’è stato un incontro di tre giorni tra Pakistan, Afghanistan
e Turchia e il nodo è stato proprio quello da parte di Karzai di insistere col Pakistan,
perché - ha detto - la sicurezza dell’Afghanistan è anche la sicurezza del Pakistan.
Bisogna superare il livello delle dichiarazioni, per operare insieme. Questo è il
nodo cruciale. In realtà la questione dei talebani è strettamente connessa con la
questione pachistana. Le connessioni che ci sono tra le azioni dei talebani pachistani
sul campo in Afghanistan e spesso i servizi di sicurezza di Islamabad sono troppo
forti perché questo nodo non venga chiarito, una volta per tutte, tra i due governi.
D. - A metà novembre è stata convocata una Loya Jirga:
perché i talebani l’hanno già criticata?
R. - Perché ogni tentativo
di stabilizzazione viene criticato dai talebani: questo fa parte della loro strategia.
Teniamo presente che nella fase di stabilizzazione, di transizione governativa, a
cui stiamo assistendo, ci sarà da una parte un incremento dell’attività sul campo
- attentati e quant’altro da parte dei talebani - e dall’altra un rifiuto di quelli
che sono i tentativi di dialogo.
D. - All’incontro tra Afghanistan,
Pakistan e Turchia è stata decisa l’istituzione di una commissione di inchiesta sull’omicidio
Rabbani: anche in quell’occasione sono venute a galla le tensioni tra Afghanistan
e Pakistan. A cosa dovrà portare?
R. - E’ molto difficile dirlo. Quello
che si vorrebbe è una sperimentazione sul campo di un’alleanza tra Pakistan ed Afghanistan,
che non c’è mai stata. Questa commissione d’inchiesta deve dimostrare che è possibile
per quei due Paesi lavorare insieme. Ciò - di fatto - è un prerequisito: se non lavoreranno
insieme anche sul piano militare, la pace sarà impossibile in quella zona.
D.
- Dopo il 2014, quella denominata AfPak che area sarà?
R. - Ci vuole
responsabilità a livello regionale per chiudere o migliorare le situazioni a livello
locale. Per far questo bisogna, però, che le potenze regionali condividano gli stessi
orientamenti a livello globale. Quindi Turchia, Pakistan, India, Iran - che sono i
Paesi più direttamente coinvolti - potranno contribuire a pacificare l’Afghanistan
se condivideranno la prospettiva di un Paese democratico e pacifico, che è ormai l’unica
possibile per governare il mondo globale. (mg)