2011-11-02 14:47:57

In Turchia da ieri la Conferenza internazionale sul futuro dell'Afghanistan


Si è aperta ieri mattina a Istanbul, in Turchia, la conferenza ''Sicurezza e cooperazione nel cuore dell'Asia'', dedicata a contribuire a tracciare il futuro dell’Afghanistan dopo il ritiro delle truppe straniere nel 2014. Accolti dal presidente turco Abdullah Gul, partecipano ai lavori i rappresentanti di 20 Paesi e delle Ong impegnati nell'assistenza umanitaria nel Paese asiatico. Gul, che ha ricordato come l’Afghanistan stia affrontando “questioni come terrorismo, estremismo, traffico di droga ed esseri umani”, ha incontrato già martedì i presidenti afghano e pakistano, Hamid Karzai e Asif Ali Zardari, per allentare le tensioni e promuovere la cooperazione tra i due Stati vicini. Alla conferenza, Karzai ha sollecitato uno “sforzo più concentrato nella regione” contro il terrorismo, assicurando che il proprio obiettivo è quello di garantire la sicurezza almeno alla metà della popolazione afghana entro la fine dell'anno. Su come possa essere interpretato l’appuntamento di Istanbul, Giada Aquilino ha intervistato il prof. Marco Lombardi, responsabile dei Progetti educativi in Afghanistan dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:RealAudioMP3

R. - La conferenza sull’Afghanistan - o meglio sul centro Asia - a Istanbul è cruciale e si deve leggere su tre livelli diversi. Il primo, più generale: nel mondo globale è necessario condividere una prospettiva - quella democratica - per poi governare con attori locali le aree di conflitto; e questo è il senso della conferenza. Il secondo livello: è una conferenza che oggi vede impegnati numerosi attori, quali il Pakistan, l’India, l’Iran e la Turchia, quindi tutti quei Paesi che circondano l’Afghanistan e che per primi sono interessati alla sua pacificazione. Ma attenzione: devono essere interessati alla pacificazione dell’Afghanistan e non alla soluzione dei loro conflitti; vediamo la Turchia che ne approfitta dell’Iraq per battere in testa al Pkk; l’Iran che è interessata alla zona di Herat; il Pakistan e l’India, che di fatto si stanno facendo la guerra sul nuovo fronte occidentale, dopo quello dell’Azad Kashmir. Il terzo livello, estremamente interessante è quello che ha preceduto la conferenza e che riguarda specificamente il dialogo con i talebani. C’è stato un incontro di tre giorni tra Pakistan, Afghanistan e Turchia e il nodo è stato proprio quello da parte di Karzai di insistere col Pakistan, perché - ha detto - la sicurezza dell’Afghanistan è anche la sicurezza del Pakistan. Bisogna superare il livello delle dichiarazioni, per operare insieme. Questo è il nodo cruciale. In realtà la questione dei talebani è strettamente connessa con la questione pachistana. Le connessioni che ci sono tra le azioni dei talebani pachistani sul campo in Afghanistan e spesso i servizi di sicurezza di Islamabad sono troppo forti perché questo nodo non venga chiarito, una volta per tutte, tra i due governi.

D. - A metà novembre è stata convocata una Loya Jirga: perché i talebani l’hanno già criticata?

R. - Perché ogni tentativo di stabilizzazione viene criticato dai talebani: questo fa parte della loro strategia. Teniamo presente che nella fase di stabilizzazione, di transizione governativa, a cui stiamo assistendo, ci sarà da una parte un incremento dell’attività sul campo - attentati e quant’altro da parte dei talebani - e dall’altra un rifiuto di quelli che sono i tentativi di dialogo.

D. - All’incontro tra Afghanistan, Pakistan e Turchia è stata decisa l’istituzione di una commissione di inchiesta sull’omicidio Rabbani: anche in quell’occasione sono venute a galla le tensioni tra Afghanistan e Pakistan. A cosa dovrà portare?

R. - E’ molto difficile dirlo. Quello che si vorrebbe è una sperimentazione sul campo di un’alleanza tra Pakistan ed Afghanistan, che non c’è mai stata. Questa commissione d’inchiesta deve dimostrare che è possibile per quei due Paesi lavorare insieme. Ciò - di fatto - è un prerequisito: se non lavoreranno insieme anche sul piano militare, la pace sarà impossibile in quella zona.

D. - Dopo il 2014, quella denominata AfPak che area sarà?

R. - Ci vuole responsabilità a livello regionale per chiudere o migliorare le situazioni a livello locale. Per far questo bisogna, però, che le potenze regionali condividano gli stessi orientamenti a livello globale. Quindi Turchia, Pakistan, India, Iran - che sono i Paesi più direttamente coinvolti - potranno contribuire a pacificare l’Afghanistan se condivideranno la prospettiva di un Paese democratico e pacifico, che è ormai l’unica possibile per governare il mondo globale. (mg)







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