Grecia. Referendum sulle misure anti-crisi forse a dicembre. Papandreou cambia i vertici
militari
In Grecia, il referendum annunciato dal premier Papandreou sul piano di salvataggio
europeo del Paese potrebbe tenersi il 4 e 5 dicembre: lo ha riferito ieri a Cannes
il primo ministro Papandreu, che attende domani un delicato voto di fiducia. Intanto
sono stati cambiati i vertici delle forze armate, in un Paese che, nel 1974, è uscito
da una dittatura militare. Davide Maggiore ha chiesto un’analisi sulla situazione
ad Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera:
R. – In linea
di principio, è capitato molte volte che un capo di governo, alla vigilia di cambiamenti
politici, proceda al cambiamento di alcuni dei vertici militari, magari scegliendo
tra i generali quelli più favorevoli alla sua parte politica. Questo è accaduto nel
passato. Quello che preoccupa oggi è che viene presa una decisione di azzerare i vertici
militari nel bel mezzo di una crisi politica, economica e finanziaria devastante.
Non c’è un pericolo di golpe, parliamoci chiaro - la Grecia democratica può resistere
– però tentazioni estremiste, soprattutto da parte dell’estrema destra, come accadde
nel ’67 con il colpo di Stato dei Colonnelli, ci sono. E Papandreu ha amplificato
con la sua decisione questa pressione proprio sulla gente, dicendo: “Noi dobbiamo
vigilare”. E dall’altra parte, visto che la maggioranza dei greci non ne può più delle
misure, ma non vuole uscire dall’euro, si affida a due pressioni assieme: quella politica
e quella militare, alla vigilia del voto di fiducia, che lui chiederà al parlamento
il 4 novembre.
D. – Il governo Papandreou, in Parlamento, ha una maggioranza
sempre più traballante. Possiamo fare un’analisi dei possibili scenari?
R.
– Per il momento, almeno secondo i calcoli, può avere 152 voti su 300, quindi c’è
la maggioranza e, tra l’altro, il governo è un governo di un partito solo, non è un
governo di coalizione. Papandreou vorrebbe tanto, in questo momento, avere il sostegno
anche degli altri partiti, soprattutto di quello che è il principale responsabile
di questo disastro greco, che è il centro-destra di Nuova democrazia, ma nessuno ci
sta. Con la proposta del referendum, Papandreou potrebbe anche incassare tutti i deputati
che gli sono rimasti e che gli sarebbero sufficienti per passare con il voto di fiducia.
E’ chiaro che il problema comincerà dopo.
D. – Nell’ottica che abbiamo
appena descritto, il referendum è visto da Papandreou come uno strumento per rafforzare
il governo sul piano interno o anche nei confronti dell’Unione Europea?
R.
– Può essere entrambi, anzi lui può tentare la carta, e se riuscisse a passare, se
riuscisse a vincerla, allora si consoliderebbe molto, ma se la dovesse perdere, il
referendum sarebbe la sua “way out”, la sua via d’uscita per cercare di dimostrare
che aveva fatto il possibile.
D. – Qual è a questo punto l’esito più
probabile della crisi politica? Si profilano nuove elezioni?
R. – Sarebbe
un disastro per la Grecia, perché se si andasse a nuove elezioni ora il rischio del
fallimento, bancarotta e quindi l’uscita dall’euro, sarebbe un rischio veramente altissimo.
E’ chiaro, però, che tutto dipenderà da quello che succederà in Parlamento. Se Papandreou
non ce la fa ad ottenere la fiducia, si andrà per forza ad elezioni anticipate, e
questo è lo scenario che spaventa la Grecia, spaventa l’Europa, spaventa i mercati.
(ap)