STORIE: Pompeo MARTELLI, direttore Centro Studi e Ricerche Museo della Mente
Martedì
1 novembre 2011 -
La sofferenza può rappresentare una via di purificazione,
uno strumento di espiazione. Il semplice, l’idiota, lo stolto, il diverso,
il MATTO nella sua innocenza e umiltà partecipa in qualche modo alla grazia divina.
Prende così consistenza la figura del “folle di Dio”, originariamente un emarginato.Michele
Cavallo, La follia e le sue Rappresentazioni Il folle e il santo
forse hanno molto in comune. “Folle di dio” è stato definito ad esempio San Luigi
Orione, che volle diventare ultimo, essere dimenticato per vincere l’orgoglio e rinunciare
a se stesso. Per non paralre dei tanti santi cone San Girolamo a Volterra per esempio,
dottore della chiesa, o come S.Margherita a Perugia, S. Niccolò a Siena, S. Benedetto
a Pesaro che prestano il loro nome a uno dei tanti ex “contenitori” di follia, i manicomi. La
storia di oggi parte dalla riflessione del dottor Pompeo Martelli, direttore
del Centro Studi e Ricerche Museo della Mente che ha sede oggi proprio nei
padiglioni del fu Hospitale de poveri forestieri et pazzi, poi S. Maria della
Pietà, uno dei più vecchi ospedali psichiatrici italiani. Al microfono di Chiara
Spoletini il dottor Martelli mette in evidenza prima di tutto un problema sociale,
un problema che riguarda tutti noi e sottolinea l’indifferenza che ci identifica oggi.
Allontanare un “malato”, non occuparsene, rinchiuderlo è pericoloso anche per chi
gli volta le spalle, domani potrebbe essere proprio colui che nega il suo aiuto ad
avere bisogno dell’altro e in assenza di quell’ aiuto l’unica alternativa possibile
potrebbe essere la reclusione. Martelli perciò ci racconta quanto sia importante agire
nella logica dell’ inclusione, condividere con il malato il dolore e spiega come nel
suo centro si possa imparare a sviluppare forme di partecipazione e auto aiuto.