Riesplode la violenza in Tunisia dopo la cancellazione delle liste vicine all'ex presidente
Ben Ali
Nelle ultime ore la violenza è tornata per le strade della Tunisia, in particolare
a Sidi Bouzid, dov'è stato incendiato il tribunale e il governo ha imposto il coprifuoco
notturno. Ad innescare le tensioni, dopo il voto di domenica scorsa che ha visto l’affermazione
del partito islamico Ennahdha, la decisione della commissione elettorale di Tunisi
di cancellare le liste proposte da Pétition Populaire, il partito del miliardario
Hachmi Hamdi, accusato di aver presentato candidati un tempo inquadrati nello schieramento
dell’ex presidente Ben Ali. L’Unione Europea rivolge un appello “alla calma ed alla
moderazione”, si legge in una nota congiunta dell’Alto rappresentante per la politica
estera e di sicurezza Ue, Catherine Ashton, e del commissario all’Allargamento, Stefan
Fuele, che si sono pure “congratulati” con il partito Ennhahda per la vittoria con
il 41,47% dei suffragi. Sentiamo il collega Cristiano Tinazzi, raggiunto telefonicamente
a Tunisi da Giada Aquilino:
R. – La commissione
elettorale, quando si è riunita ieri, ha subito detto che alcune liste erano state
cancellate perché c’erano evidenti irregolarità riguardo a candidati che erano stati
inseriti all’interno di queste liste e che erano probabilmente legati all’ex regime.
Già nel pomeriggio c’era stata una manifestazione a Sidi Bouzid da parte del movimento
Pétition populaire, con connotazione - si dice - anti Ennhahda. Alla sera, quando
è stata data questa notizia, dentro il palazzo dei congressi di Tunisi tutti si sono
alzati in piedi cantando l’inno nazionale, però evidentemente a Sidi Bouzid e a Kasserine
questa cosa è stata recepita in maniera opposta, perché ci sono stati scontri, sono
state assaltate le sedi di partito, soprattutto contro Ennhahda e il partito di Marzouki,
il Congresso per la Repubblica; la polizia è intervenuta e ci sono stati scontri molto
duri. E’ evidente che c’è qualcosa che non è chiaro. Si parla di compravendite di
voti o di situazioni particolari in quella regione. Io sono stato a Sidi Bouzid la
settimana prima del voto e molta gente aveva detto che non avrebbe votato perché non
era cambiato niente, non c’era lavoro e la polizia si comportava nello stesso modo,
pestando le persone e facendo finta di nulla davanti alle ingiustizie. Qualcosa è
successo in quella zona, ma la situazione è ancora da chiarire.
D. –
Proprio a Sidi Bouzid, Ennhahda – pure vittoriosa alle consultazioni - ha conosciuto
una dura sconfitta. E’ un caso che poi ci siano state queste nuove rivolte?
R.
– Ennhahda ha vinto dappertutto tranne che in quella zona. E’ strano perché quella
è un’area con forti sacche di povertà, dove si pensava che i partiti di sinistra avrebbero
fatto un pieno di voti, però Ennhahda in quella zona non ha sfondato: lì ci sono forti
legami con Hachmi Hamdi,un miliardario che è nato a Sidi Bouzid; ed
è venuto naturale a molti pensare che il suo movimento avesse comprato i voti nella
zona e che anche queste manifestazioni fossero “pilotate”. Però forse è prematuro
dire che c’è un legame diretto tra compravendita di voti e violenza nelle strade;
probabilmente c’è un legame, ma c’è anche qualcosa di più profondo.
D.
– In qualche modo, questi scontri possono preannunciare altre tensioni in futuro?
R.
– La parte più intellettuale, più progressista e anche più filo occidentale aveva
timore di Ennhahda e aveva avuto paura del partito islamista. In realtà, credo che
se Ennhahda si comporterà come ha preconizzato - quindi portando avanti una linea
di intangibilità dei diritti delle donne, dei diritti dei tunisini in generale, e
se porterà avanti questo discorso di governo di “ coalizione”, più che altro di unità
nazionale, coinvolgendo i partiti che sono arrivati dopo il movimento islamista -
non dovrebbero esserci conflitti forti. Invece, in queste zone dove c’è molto disagio,
dove c’è povertà, dove c’è disoccupazione, si potrebbero verificare ancora scontri
e forti manifestazioni. (bf)