Croazia. Conclusa la quinta Settimana sociale: appello a lavoro etico e difesa della
famiglia
“Il lavoro è una categoria innanzitutto etica, morale e spirituale, e non meramente
economica”: partono da questa affermazione le conclusioni della quinta Settimana Sociale
croata, svoltasi a Zagabria dal 21 al 23 ottobre. Voluto dalla Conferenza episcopale
del Paese ed organizzato dal Centro locale per la promozione della Dottrina sociale
della Chiesa, l’evento ha visto la presenza di circa 300 partecipanti, che hanno discusso
sul tema de “La cultura del lavoro in Croazia”. Al termine dei lavori, è stato pubblicato
un lungo documento finale contente alcune raccomandazioni. Al primo punto, si ricorda
la necessità di sviluppare “la spiritualità del lavoro”, poiché “lavorando, una persona
risponde alla chiamata di Dio ad essere suo collaboratore nel mondo”. In questo senso,
l’aspetto spirituale del lavoro “è un invito a non permettere a se stessi o agli altri
di essere ridotti a semplici strumenti”. Altro punto centrale del documento è la tutela
della famiglia, definita “un’istituzione funzionale” che dona alla società “un contributo
insostituibile”. In questo senso, permettere alle famiglie di organizzare il proprio
tempo libero, di stare insieme la domenica, di assistere ed educare i propri figli
è anche un modo di trasmettere ai giovani la giusta formazione ed educazione al lavoro.
Largo spazio, poi, deve essere dato al volontariato, perché esso crea “nuovi rapporti
di fiducia tra le persone e quindi accresce sia il capitale sociale che la possibilità
di nuovi posti di lavoro”. Inoltre, “il volontariato dà testimonianza di un altro
modello di società che non si basa esclusivamente su principi utilitaristici” e promuove
“la partecipazione attiva dei cittadini alla vita pubblica, alla quale possono contribuire
anche i pensionati”. Per questo, raccomanda il documento finale, “la formazione per
il volontariato dovrebbe diventare parte integrante del sistema educativo globale”.
La quinta Settimana sociale entra poi nello specifico del mondo lavorativo contemporaneo:
per il settore imprenditoriale, auspica uno sviluppo basato sull’equità del profitto
per gli imprenditori, del salario per gli operai e delle tasse per lo Stato; per la
piaga della disoccupazione, chiede più incentivi per la formazione dei lavoratori,
maggiori finanziamenti per una politica dell’occupazione e l’eliminazione della disoccupazione
di lunga durata, “dannosa per l’individuo e per la società”. Attenzione, poi, deve
essere posta alla questione immigrazione, per arrivare a politiche chiare nel settore.
Altro tema centrale è quello relativo alla legislazione del lavoro: in quest’ambito,
i partecipanti alla Settimana sociale croata insistono sulla necessità di “leggi che
proteggano efficacemente i lavoratori”, garantendo “il rispetto effettivo dei loro
diritti”. Sì, quindi, alla riduzione al minimo della precarietà, alla sicurezza sul
lavoro e al pagamento regolare di stipendi giusti, poiché “il mancato pagamento è
teologicamente un peccato e socialmente un furto”. Ribadita, inoltre, l’importanza
dell’agricoltura, per la quale si auspica la ripresa dello sviluppo di cooperative,
interrotto dopo la seconda guerra mondiale. È fondamentale, inoltre, che lo Stato
“cominci ad agire socialmente in modo da ottenere la fiducia dei cittadini e facilitare
lo sviluppo della società”. Ed è quindi necessario, si legge sempre nel documento,
“smantellare il sistema di governance del regime totalitario, progettato per monitorare
i cittadini e non per servirli. Si tratta di un sistema inadeguato alla democrazia.
E con un capitale sociale così basso, è difficile aspettarsi qualsiasi tipo di sviluppo,
compreso quello economico”. Infine, l’ultima riflessione della Settimana sociale croata
è dedicata ai credenti, ai quali è richiesta la promozione di “realtà umanizzanti”
per la politica, la cultura, l’economia, la società e la sfera personale. “Questo
impegno – conclude il documento – va oltre la tradizionale attività di carità nella
Chiesa, perché comprende l’educazione e la prevenzione. Dai credenti ci si aspetta
solidarietà e volontariato non solo nelle parrocchie, ma anche nel praticare la dimensione
sociale della fede”. (A cura di Isabella Piro)