Benedetto XVI in treno ad Assisi per la giornata di riflessione, dialogo e preghiera
per la pace e la giustizia nel mondo
Un Etr 600 Frecciargento delle Ferrovie dello Stato italiane ha portato il Papa ed
i rappresentanti delle diverse tradizioni religiose del mondo in pellegrinaggio ad
Assisi per una Giornata di riflessione e preghiera per la causa della pace. L’evento
ricorda il 25° anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace che il
beato Giovanni Paolo II convocò nel 1986. Il viaggio in treno del Papa verso Assisi,
nel racconto del nostro inviato Luca Collodi.
Partito alle 8 dalla stazione
vaticana l’Etr 600 delle Ferrovie italiane formato da 7 vetture con 300 persone a
bordo ha percorso a bassa velocità il binario non elettrificato di 800 metri che separa
la Stazione vaticana dalla rete ferroviaria italiana di Roma San Pietro. Trainato
da due locomotori diesel, sganciati in una sosta tecnica alla stazione di San Pietro,
il Frecciargento è ripartito a trazione elettrica alla volta di Assisi, via Roma Trastevere,
Ostiense, Tuscolana e Tiburtina per immettersi a 240 km orari sulla linea ad alta
velocità fino ad Orte e deviare verso Assisi via Terni, Spoleto e Foligno. Il Papa
ha viaggiando nella vettura numero 2, ubicata verso la coda del treno, con il cardinale
segretario di Stato Tarcisio Bertone, accompagnato, dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli
Bartolomeo I, e da altri autorevoli esponenti delle religioni mondiali. Compresi i
vertici delle Ferrovie italiane. Nella carrozza 1 ha trovato posto una folta rappresentanza
della Curia romana, con il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco e il vicario
del Papa per la diocesi di Roma, cardinale Agostino Vallini. L’Etr 600 ha rallentato
la corsa al passaggio nelle stazioni di Terni, Spoleto e Foligno dove numerose persone
e bambini hanno salutato Benedetto XVI al passaggio del treno. Il rapporto tra i Papi
e la ferrovia, nel corso degli anni, è sempre stato intenso. Il primo viaggio in treno
di un Papa è quello di Pio IX, sulla Napoli-Portici, nel 1849, In appena 15 anni,
dal 1849, lo Stato Pontificio diventerà uno dei più evoluti nella costruzione di linee
ferroviarie. Ricordiamo i collegamenti con Frascati, Civitavecchia e Velletri. Con
i Patti Lateranensi del 1929 fu costruita la Stazione ferroviaria all’interno delle
mura vaticane, inaugurata nel 1934. Nel 1959, l’11 aprile, Papa Giovanni XXIII era
salito su un treno speciale in partenza dalla Stazione vaticana. Ma quella volta solo
per sostare in preghiera davanti all’urna con la salma di San Pio X in procinto di
essere traslata a Venezia, dove rimase per un mese esposta nella Basilica di San Marco
alla venerazione dei veneziani prima di far ritorno a Roma. Paolo VI continua il legame
tra i Papi e le ferrovie: nel 1964 dedica un’udienza ai ferrovieri e nel Natale del
1972 celebra la Messa nei cantieri della direttissima Roma-Firenze, allora in costruzione.
Nel 1979, Papa Wojtyla visita lo scalo ferroviario di Roma Smistamento e nel settembre
1980 la stazione di Velletri, voluta da Pio IX. Nel 1982 Papa Giovanni Paolo II fu
alla Stazione di Bologna, che due anni prima venne colpita da un tragico attentato
terroristico. A parte queste uscite italiane, Papa Wojtyla percorse molti chilometri
in treno nel corso dei suoi viaggi internazionali. In Argentina, Portogallo, poi da
Zurigo a Friburgo e in Canada diretto a Montreal, in Belgio e nei Paesi Bassi. Nel
1986, l’11 febbraio l’ultimo tratto del suo viaggio di ritorno dall’India fu compiuto
in treno per via dell’eccezionale nevicata che rese impraticabili gli aeroporti romani
e costrinse l’aereo papale ad atterrare a Napoli. Il treno con il Papa fece una fermata
imprevista di un’ora alla stazione di Minturno-Scauri.E ancora, il
24 gennaio 2002, Giovanni Paolo II partì dalla stazione del Vaticano alla volta di
Assisi con i rappresentanti delle religioni mondiali per la Giornata di Preghiera
per la pace nel mondo, promossa all’indomani dell’attentato terroristico negli Usa
alle Torri Gemelle.
Luca Collodi, Radio Vaticana, Assisi
Benedetto XVI e circa 300 esponenti delle varie fedi mondiali sono riuniti
dunque ad Assisi per una giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace
e la giustizia nel mondo. Il servizio della nostra inviata ad Assisi Francesca
Sabatinelli:
Come 25 anni
fa le religioni ancora insieme per pregare, questa volta con in più la forte dimensione
del pellegrinaggio. Ritrovarsi nel 2011 di nuovo ad Assisi significa per le religioni
affrontare un itinerario verso la giustizia e la pace connotato dalla ricerca della
verità. Da quando il primo gennaio scorso Benedetto XVI annunciò la Giornata del 27
ottobre, i protagonisti tutti, a cominciare dai Pontifici Consigli coinvolti nell’organizzazione,
hanno ripetuto in questi mesi l’importanza di questo cammino, necessario a dimostrare
al mondo che gli uomini di religione assieme – altra novità – agli uomini di cultura,
anche non credenti, possono dare il proprio contributo alla costruzione di una casa
comune migliore. Cristiani, musulmani, ebrei, indù, buddisti, esponenti di altre fedi,
si ritrovano per un’esperienza di fraternità, come già fu nel 1986, e per rilanciare
il loro impegno di fronte alle sfide di questo tempo. 25 anni fa il mondo era ancora
diviso in due grandi blocchi. Di lì a tre anni sarebbe caduto il muro di Berlino,
qualcuno ne aveva già intravvisto i segnali ma Giovanni Paolo II volle dare il suo
messaggio di portata storica: le religioni, senza fare politica, possono essere portavoce
del senso della pace. Oggi, gli uomini di fede ci dicono che di fronte alle minacce
moderne del laicismo, del fondamentalismo, del terrorismo, di fronte ai rischi trainati
dalla grave crisi economica, e quindi povertà, diseguaglianze sociali, discriminazioni,
anche religiose, occorre la ricerca della verità a presupposto della ricerca della
pace. Assisi 2011 a differenza dell’86, non sarà un momento pubblico di preghiera
delle diverse religioni, ma di silenzio e dialogo che coinvolgerà anche i non credenti
perché “il pellegrinaggio della verità, vissuto autenticamente, apre al dialogo con
l’altro, non esclude nessuno e impegna tutti ad essere costruttori di fraternità e
di pace”.
A differenza della giornata del 1986, ad Assisi quest’anno saranno
presenti anche esponenti del mondo della cultura e della scienza, non credenti, che
ieri pomeriggio si sono ritrovati all’Università di Roma Tre per una tavola rotonda
sul tema “Credenti e non credenti di fronte alle sfide della modernità”, alla presenza
del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
Il prof. Remo Bodei, filosofo, docente presso la University of California,
è tra questi. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:
R. – Io parto
dalla convinzione che siamo tutti ospiti della vita, tutti migranti nel tempo e che
in realtà nessuno possiede la verità in se stesso. Quindi il confronto con la fede
è un confronto libero, tra uomini di buona volontà e di buon intelletto che sono disposti
a cercare la verità in un periodo in cui la verità è diventata un optional, è degradata
ad opinione. Per questo il confronto mi sembra sempre più utile.
D.
– Prof. Bodei, quindi lei si allinea a quanto detto dal cardinale Ravasi, cioè che
questa presenza dei non credenti è un modo per ribadire il rilievo del rapporto tra
“fides et ratio”?
R. - Se ricordo bene, anche nella “Caritas in veritate”
Benedetto XVI ha messo in evidenza che un cristianesimo senza verità diventa soltanto
una raccolta di buoni sentimenti, ma questi sono marginali. L’idea che io ho è che
il confronto debba essere anche una forma di ascolto e di “disarmo bilaterale”. Ciascuno
rinuncia ai suoi dogmi: il laico all’idea che parlare con i religiosi sia un sacrificio
dell’intelletto, dall’altra parte i religiosi non restano attaccati agli scogli del
dogma e quindi si mettono in gioco.
D. – Questa giornata del 27 è all’insegna
del pellegrinaggio verso la pace che deve raccordarsi con un pellegrinaggio verso
la verità. In che modo si può lavorare insieme?
R. – Intanto, riconoscendo
che esistono valori comuni e condivisi che ci riguardano in quanto uomini. La ricerca
della pace, la ricerca dei diritti, l’aiuto dei più deboli e dei più poveri, sono
valori su cui si può benissimo lavorare insieme, ciascuno per le proprie motivazioni.
D.
– Giovanni Paolo II chiese alle religioni di essere testimoni della pace e del dialogo.
In questi 25 anni, secondo lei, si è assistito a un cambiamento del ruolo delle religioni
nel mondo?
R. – Certamente. Soprattutto dopo la crisi dei regimi comunisti,
dell’ateismo di Stato, le Chiese hanno allargato le loro ali e hanno accolto milioni
di persone che prima erano legate a queste forme di fedi laiche. Questo, però, unito
alla radicalizzazione di certe religioni, ha fatto delle religioni un terreno di lotta
più che di unità. Dal punto di vista della convivenza, probabilmente, certe forme
di retaggio teologico andrebbero ridiscusse.
D. – Secondo lei, quali
potrebbero essere gli eventuali frutti di questa giornata assisana?
R.
– Non credo che ci saranno subito frutti maturi. Penso però che, se da una parte il
processo che la Chiesa cattolica sta facendo dal Concilio Vaticano II in poi è un
modo per la Chiesa di rispondere alle sfide del mondo moderno, dall’altra i laici
stanno perdendo alcune scaglie della loro corazza - che è diventata praticamente inutile,
per certi aspetti - e mantengono le loro posizioni in maniera dialogante, senza arroganza
e con volontà di capire, sperando che questa sia reciproca. (bf)
Sul significato
di questo incontro di Assisi, Thomas Chabolle ha raccolto la riflessione del
cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo
Interreligioso:
R. – Viviamo
- lo vediamo ogni giorno leggendo i nostri giornali - in un mondo precario dove non
sono garantiti a tutti la giustizia e la pace. Le armi, purtroppo, si fanno sentire
con più forza del diritto. Ecco perché Benedetto XVI ha voluto questo terzo incontro
ad Assisi. Gli incontri di Assisi vogliono dimostrare che per rivendicare i propri
diritti esiste un’altra dimensione, diversa dalla lotta armata: la preghiera. Oltrepassando
la diversità delle religioni, la preghiera esprime una relazione con una Potenza suprema,
una relazione che supera le nostre capacità umane. Allora, praticando quello che hanno
in comune tutte le famiglie spirituali – preghiera, digiuno e pellegrinaggio – si
tratterà di dimostrare che le religioni sono un fattore di pace, non di guerra, che
la pace presuppone la verità. Camminiamo tutti verso la sorgente della luce. La ricerca
della verità non riguarda solamente i cristiani. Infine, penso che ci sono alcune
caratteristiche specifiche di questo incontro di Assisi: questa volta più tempo sarà
dato alla riflessione e al silenzio, che diverrà preghiera. Inoltre, gli agnostici
faranno sentire la loro voce.(bf)
Lo “spirito di Assisi” fu ereditato dalla
Comunità di Sant’Egidio che dal 1987, ogni anno, ripropone l’evento in diverse città
italiane ed europee. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Vincenzo Paglia,
presidente della Conferenza episcopale umbra e guida spirituale della Comunità di
Sant’Egidio.
R. - Io ricordo
l’emozione di tutti i partecipanti in quel giorno, perché era la prima volta nella
storia che credenti di diverse fedi si ritrovavano assieme, “non più - come poi disse
Giovanni Paolo II - gli uni contro gli altri, ma gli uni accanto all’altri” per chiedere
a Dio quella pace che gli uomini non sanno darsi. Avevano in comune, se così si può
dire, la preoccupazione per la guerra e l’ansia per la pace.
D. - In
questi 25 anni, a suo giudizio, non si è forse assistito ad una radicalizzazione delle
religioni? Questo 27 ottobre che rapporti trova tra le religioni?
R.
- Io credo che il filo rosso che si è acceso in quel lontano 1986 non si sia mai interrotto.
Certo, purtroppo, poteri non certo religiosi, convinzioni non certo di amore e di
pace, ma poteri economici, politici, etnici o occulti hanno cercato - e talvolta purtroppo
con successo - di strumentalizzare il credo religioso per scopi che religiosi non
sono, magari anche legato al terrorismo. Ecco perché l’incontro pacifico tra le religioni
resta un tesoro preziosissimo. Sono passati 25 anni, il mondo si è trasformato molte
volte, ma lo spirito di Assisi, quest’incontro di Assisi, oggi acquista un suo valore
straordinario.
D. - “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”
è il titolo di questa giornata: lei che caratteristiche vi individua e quali possibilità
vede nel dopo 27 ottobre 2011?
R. - Vedo - diciamo - un arricchimento
che si deve in particolare a Benedetto XVI. Papa Benedetto ha fatto emergere una dimensione
che ad Assisi era come nascosta, ma che oggi, invece, si esprime in maniera molto
evidente: nel pellegrinaggio verso la pace deve raccordarsi anche il pellegrinaggio
verso la verità. Ed ecco allora che le religioni non possono fare a meno dell’incontro
con la cultura o con gli uomini di cultura nell’attenzione verso la verità; che pellegrini
non credenti si uniscano a pellegrini credenti è, forse, un’immagine ancor più ricca
di quella del primo Assisi e a me pare straordinariamente importante poterlo sottolineare.
Potremmo dire che il discorso di Ratisbona - che poi suscitò reazioni soprattutto
in chi non lo aveva letto o non lo aveva ascoltato - in verità trova tutta la sua
dignità: dobbiamo evitare che le religioni cadano nella tentazione o dello spiritualismo
o del fondamentalismo… Questo può avvenire solo attraverso una ricerca della verità
e quindi anche una presenza della ragione per aiutare - diciamo - a criticare le derive
patologiche anche degli uomini e delle donne di religione. (mg)