Benedetto XVI ad Assisi: la religione è sempre forza di pace, il 'no' a Dio produce
crudeltà e violenza
“Siamo animati dal comune desiderio di essere ‘pellegrini della verità, pellegrini
della pace’”. Così Benedetto XVI nel suo intervento stamani nella Basilica di Santa
Maria degli Angeli, per la Giornata di preghiera e di riflessione per la pace, a 25
anni dall’incontro promosso da Giovanni Paolo II nella città di San Francesco. Un
incontro al quale per la prima volta ha voluto invitare anche non credenti: si tratta
infatti – ha detto – “del ritrovarsi insieme in questo essere in cammino verso la
verità, dell’impegno deciso per la dignità dell’uomo e del farsi carico insieme della
causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice del diritto”. Il Papa
ha ribadito che la religione vissuta rettamente “è una forza di pace”; ha parlato
della strumentalizzazione del terrorismo “motivato religiosamente; ha ricordato che
“nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza.
Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un
utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura”;
ha parlato della violenza di quanti pretendono la scomparsa della religione: “il ‘no’
a Dio ha prodotto crudeltà e una violenza senza misura, che è stata possibile solo
perché l’uomo non riconosceva più alcuna norma e alcun giudice al di sopra di sé,
ma prendeva come norma soltanto se stesso. Gli orrori dei campi di concentramento
mostrano in tutta chiarezza le conseguenze dell’assenza di Dio”. "L'assenza di Dio
porta al decadimento dell'uomo e dell'umanesimo".
Ha quindi affermato che,
“nel mondo in espansione dell’agnosticismo” esiste “anche un altro orientamento di
fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia
cercano la verità, sono alla ricerca di Dio”. Sono “pellegrini della verità, pellegrini
della pace” che “pongono domande sia all’una che all’altra parte. Tolgono agli atei
combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un
Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono
la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione
di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino
Dio come una proprietà che appartiene a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza
nei confronti degli altri. Queste persone cercano la verità, cercano il vero Dio,
la cui immagine nelle religioni, a causa del modo nel quale non di rado sono praticate,
è non raramente nascosta. Che essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti
con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio. Così la loro lotta interiore
e il loro interrogarsi è anche un richiamo per i credenti a purificare la propria
fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile”. Di seguito il testo integrale
dell’intervento del Papa:
Cari fratelli e sorelle, distinti
Capi e rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e delle religioni del mondo, cari
amici,
sono passati venticinque anni da quando il beato Papa Giovanni
Paolo II invitò per la prima volta rappresentanti delle religioni del mondo ad Assisi
per una preghiera per la pace. Che cosa è avvenuto da allora? A che punto è oggi la
causa della pace? Allora la grande minaccia per la pace nel mondo derivava dalla divisione
del pianeta in due blocchi contrastanti tra loro. Il simbolo vistoso di questa divisione
era il muro di Berlino che, passando in mezzo alla città, tracciava il confine tra
due mondi. Nel 1989, tre anni dopo Assisi, il muro cadde – senza spargimento di sangue.
All’improvviso, gli enormi arsenali, che stavano dietro al muro, non avevano più alcun
significato. Avevano perso la loro capacità di terrorizzare. La volontà dei popoli
di essere liberi era più forte degli arsenali della violenza. La questione delle cause
di tale rovesciamento è complessa e non può trovare una risposta in semplici formule.
Ma accanto ai fattori economici e politici, la causa più profonda di tale evento è
di carattere spirituale: dietro il potere materiale non c’era più alcuna convinzione
spirituale. La volontà di essere liberi fu alla fine più forte della paura di fronte
alla violenza che non aveva più alcuna copertura spirituale. Siamo riconoscenti per
questa vittoria della libertà, che fu soprattutto anche una vittoria della pace. E
bisogna aggiungere che in questo contesto si trattava non solamente, e forse neppure
primariamente, della libertà di credere, ma anche di essa. Per questo possiamo collegare
tutto ciò in qualche modo anche con la preghiera per la pace.
Ma che
cosa è avvenuto in seguito? Purtroppo non possiamo dire che da allora la situazione
sia caratterizzata da libertà e pace. Anche se la minaccia della grande guerra non
è in vista, tuttavia il mondo, purtroppo, è pieno di discordia. Non è soltanto il
fatto che qua e là ripetutamente si combattono guerre – la violenza come tale è potenzialmente
sempre presente e caratterizza la condizione del nostro mondo. La libertà è un grande
bene. Ma il mondo della libertà si è rivelato in gran parte senza orientamento, e
da non pochi la libertà viene fraintesa anche come libertà per la violenza. La discordia
assume nuovi e spaventosi volti e la lotta per la pace deve stimolare in modo nuovo
tutti noi.
Cerchiamo di identificare un po’ più da vicino i nuovi volti
della violenza e della discordia. A grandi linee – a mio parere – si possono individuare
due differenti tipologie di nuove forme di violenza che sono diametralmente opposte
nella loro motivazione e manifestano poi nei particolari molte varianti. Anzitutto
c’è il terrorismo, nel quale, al posto di una grande guerra, vi sono attacchi ben
mirati che devono colpire in punti importanti l’avversario in modo distruttivo, senza
alcun riguardo per le vite umane innocenti che con ciò vengono crudelmente uccise
o ferite. Agli occhi dei responsabili, la grande causa del danneggiamento del nemico
giustifica ogni forma di crudeltà. Viene messo fuori gioco tutto ciò che nel diritto
internazionale era comunemente riconosciuto e sanzionato come limite alla violenza.
Sappiamo che spesso il terrorismo è motivato religiosamente e che proprio il carattere
religioso degli attacchi serve come giustificazione per la crudeltà spietata, che
crede di poter accantonare le regole del diritto a motivo del “bene” perseguito. La
religione qui non è a servizio della pace, ma della giustificazione della violenza.
La
critica della religione, a partire dall’illuminismo, ha ripetutamente sostenuto che
la religione fosse causa di violenza e con ciò ha fomentato l’ostilità contro le religioni.
Che qui la religione motivi di fatto la violenza è cosa che, in quanto persone religiose,
ci deve preoccupare profondamente. In un modo più sottile, ma sempre crudele, vediamo
la religione come causa di violenza anche là dove la violenza viene esercitata da
difensori di una religione contro gli altri. I rappresentanti delle religioni convenuti
nel 1986 ad Assisi intendevano dire – e noi lo ripetiamo con forza e grande fermezza:
questa non è la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce
alla sua distruzione. Contro ciò si obietta: ma da dove sapete quale sia la vera natura
della religione? La vostra pretesa non deriva forse dal fatto che tra voi la forza
della religione si è spenta? Ed altri obietteranno: ma esiste veramente una natura
comune della religione, che si esprime in tutte le religioni ed è pertanto valida
per tutte? Queste domande le dobbiamo affrontare se vogliamo contrastare in modo realistico
e credibile il ricorso alla violenza per motivi religiosi. Qui si colloca un compito
fondamentale del dialogo interreligioso – un compito che da questo incontro deve essere
nuovamente sottolineato. Come cristiano, vorrei dire a questo punto: sì, nella storia
anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo,
pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo
della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura. Il Dio in cui
noi cristiani crediamo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini, a partire dal quale
tutte le persone sono tra loro fratelli e sorelle e costituiscono un’unica famiglia.
La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il
soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è “Dio dell’amore e della
pace” (2 Cor 13,11). È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità
per la fede cristiana purificare continuamente la religione dei cristiani a partire
dal suo centro interiore, affinché – nonostante la debolezza dell’uomo – sia veramente
strumento della pace di Dio nel mondo.
Se una tipologia fondamentale
di violenza viene oggi motivata religiosamente, ponendo con ciò le religioni di fronte
alla questione circa la loro natura e costringendo tutti noi ad una purificazione,
una seconda tipologia di violenza dall’aspetto multiforme ha una motivazione esattamente
opposta: è la conseguenza dell’assenza di Dio, della sua negazione e della perdita
di umanità che va di pari passo con ciò. I nemici della religione – come abbiamo detto
– vedono in questa una fonte primaria di violenza nella storia dell’umanità e pretendono
quindi la scomparsa della religione. Ma il “no” a Dio ha prodotto crudeltà e una violenza
senza misura, che è stata possibile solo perché l’uomo non riconosceva più alcuna
norma e alcun giudice al di sopra di sé, ma prendeva come norma soltanto se stesso.
Gli orrori dei campi di concentramento mostrano in tutta chiarezza le conseguenze
dell’assenza di Dio.
Qui non vorrei però soffermarmi sull’ateismo prescritto
dallo Stato; vorrei piuttosto parlare della “decadenza” dell’uomo, in conseguenza
della quale si realizza in modo silenzioso, e quindi più pericoloso, un cambiamento
del clima spirituale. L’adorazione di mammona, dell’avere e del potere, si rivela
una contro-religione, in cui non conta più l’uomo, ma solo il vantaggio personale.
Il desiderio di felicità degenera, ad esempio, in una brama sfrenata e disumana quale
si manifesta nel dominio della droga con le sue diverse forme. Vi sono i grandi, che
con essa fanno i loro affari, e poi i tanti che da essa vengono sedotti e rovinati
sia nel corpo che nell’animo. La violenza diventa una cosa normale e minaccia di distruggere
in alcune parti del mondo la nostra gioventù. Poiché la violenza diventa cosa normale,
la pace è distrutta e in questa mancanza di pace l’uomo distrugge se stesso.
L’assenza
di Dio porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo. Ma dov’è Dio? Lo conosciamo
e possiamo mostrarLo nuovamente all’umanità per fondare una vera pace? Riassumiamo
anzitutto brevemente le nostre riflessioni fatte finora. Ho detto che esiste una concezione
e un uso della religione attraverso il quale essa diventa fonte di violenza, mentre
l’orientamento dell’uomo verso Dio, vissuto rettamente, è una forza di pace. In tale
contesto ho rimandato alla necessità del dialogo, e parlato della purificazione, sempre
necessaria, della religione vissuta. Dall’altra parte, ho affermato che la negazione
di Dio corrompe l’uomo, lo priva di misure e lo conduce alla violenza.
Accanto
alle due realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo,
anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono
del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio. Persone
del genere non affermano semplicemente: “Non esiste alcun Dio”. Esse soffrono a motivo
della sua assenza e, cercando il vero e il buono, sono interiormente in cammino verso
di Lui. Sono “pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Pongono domande sia
all’una che all’altra parte. Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza,
con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece
che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista
e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche
gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene
a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza nei confronti degli altri. Queste
persone cercano la verità, cercano il vero Dio, la cui immagine nelle religioni, a
causa del modo nel quale non di rado sono praticate, è non raramente nascosta. Che
essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta
o anche travisata di Dio. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche
un richiamo per i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio
– diventi accessibile. Per questo ho appositamente invitato rappresentanti di questo
terzo gruppo al nostro incontro ad Assisi, che non raduna solamente rappresentanti
di istituzioni religiose. Si tratta piuttosto del ritrovarsi insieme in questo essere
in cammino verso la verità, dell’impegno deciso per la dignità dell’uomo e del farsi
carico insieme della causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice
del diritto. In conclusione, vorrei assicurarvi che la Chiesa cattolica non desisterà
dalla lotta contro la violenza, dal suo impegno per la pace nel mondo. Siamo animati
dal comune desiderio di essere “pellegrini della verità, pellegrini della pace”.