2011-10-26 14:29:23

Mostra a Roma su Audrey Hepburn contro la fame in Ciad


Si apre oggi presso il Museo dell'Ara Pacis, e sarà visitabile fino al prossimo 4 dicembre, la mostra "Audrey a Roma", promossa dall'Associazione "Amici di Audrey" per l'Unicef, di cui la Hepburn fu ambasciatrice negli ultimi anni della sua vita. I proventi della mostra andranno alla lotta contro la malnutrizione in Ciad. Rosario Tronnolone ha intervistato Luca Dotti, figlio di Audrey Hepburn.

R. – E' una mostra legata alla sua carriera, a quella più conosciuta del cinema, ma anche all’esperienza con l’Unicef e ai tanti viaggi. Volevo ricordare che gli introiti di questa mostra andranno direttamente al progetto Unicef, supportato da “Amici di Audrey” e devoluto alle loro missioni in Ciad.

D. – Lei ricorda com’era stata contattata sua madre, come aveva conosciuto questa realtà?

R. – Sì, dunque, mia madre viveva sempre a cavallo tra Roma e la Svizzera ed in Svizzera era molto amica di Peter Ustinov ed Ustinov, ambasciatore Unicef, la contattò e le chiese un suo contributo. Quasi immediatamente mamma si scoprì importante in quel ruolo, perché poteva usare finalmente questa fama, che un po’ le pesava, per l’Unicef, per un fine più importante per lei.

D. – In particolare, il viaggio che sua madre compì in Somalia fu doloroso per lei e particolarmente significativo poi anche per la campagna di cui lei stessa si è fatta paladina. Ricorda quel momento?

R. – Lo ricordo perfettamente, perché con tutta onestà, e forse all’epoca con un poco di egoismo, sia io che mio fratello lottammo contro questo viaggio, perché oltre che un Paese con grossi problemi di alimentazione, malattie e così via, era anche un Paese in guerra e si sparava ed oltre alla preoccupazione del cuore, c’era un rischio pratico e immediato. Insistette però, ci andò comunque e tornò molto, molto provata da quell’esperienza. Mamma non amava per niente usare parole forti, ma in quell’occasione le usò.

D. – Parlò, allora, non di colpa collettiva ma di responsabilità collettiva ...

R. – Esatto. Prima di tutto pensava fortemente, e ce l’ha sempre detto, che noi due eravamo i suoi figli prediletti, ma che anche tutti gli altri bambini erano per qualsiasi mamma "figli", e vederli morire, in così grande numero e con quello sguardo negli occhi, fu uno spettacolo insopportabile. (ap)







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