Sentenza Corte Ue su embrione. L'esperto: rafforza tutela sull'inizio della vita umana
Si continua a parlare della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea,
che la scorsa settimana ha stabilito la non brevettabilità di un procedimento che,
ricorrendo al prelievo di cellule staminali ricavate da un embrione umano, comporta
la distruzione dell’embrione stesso. Una sentenza che, tra l’altro, definisce come
embrione umano non solo l’ovocita fecondato, ma anche qualsiasi ovocita che a seguito
di manipolazioni possa svilupparsi fino a dare vita ad un individuo. Sulle possibili
conseguenze giuridiche di questa sentenza, Debora Donnini ha sentito Alberto
Gambino, professore di Diritto privato ed esperto Biodiritto all’Università europea
di Roma:
R. - A livello
giuridico, poiché si tratta di una sentenza che riguarda la brevettabilità, comporta
una definizione di ciò che è lecito e ciò che non è lecito con riferimento alla manipolazione
degli embrioni. In particolare, si sta dicendo che non è lecito in alcun modo brevettare
l’embrione laddove ci sia effettivamente una manipolazione. A cascata, significa quindi
rafforzare il principio di tutela della vita umana, sin dalla sua fase primordiale,
da quando dunque la cellula viene ad annidarsi nel nucleo e tale da formare un embrione.
D.
- Lei la ritiene una sentenza importante, nel senso che va in difesa della vita?
R.
- La ritengo importante, poiché in realtà potrebbero talvolta esserci richieste di
brevetto che poi non implicano lo sfruttamento commerciale di quel che viene trovato
e quindi, talvolta, i brevetti servono semplicemente a garantire che si sia riconosciuti
nella paternità di quell’invenzione. Il fatto, invece, che si escluda radicalmente
che procedimenti che hanno a che fare con cellule embrionarie - e in particolare embrioni
- non siano possibili, implica davvero che si voglia rafforzare l’inizio della tutela
della vita. Da questo punto di vista, è molto importante che sia in una norma - diciamo
- economica come quella del brevetto, poiché fa anche escludere applicazioni che altrimenti
avrebbero potuto esserci.
D. - Secondo lei, ci potrebbero essere anche
delle conseguenze per quanto riguarda l’aborto e le pillole abortive?
R.
- Conseguenze ci possono essere in via di principio: se questo principio riguarda
la non brevettabilità e quindi il divieto di manipolazione, a cascata riguarda anche
quelle pillole abortive che portano alla distruzione dell’embrione. Quindi, lo stesso
principio dovrebbe inibire la possibilità di commercializzare quel tipo di prodotto,
che è un prodotto anch’esso - com’è noto - brevettabile.
D. - Ma questo
solo in via di principio?
R. - Nel momento in cui quel prodotto deve
essere brevettato - perché anche i medicinali, com’è noto, vengono brevettati - dovrebbe
esserci il rifiuto della brevettazione di quel tipo di pillola, poiché in questo caso
contrasta col principio ispiratore della sentenza, che fa dire che non è manipolabile
in alcun modo un embrione, neanche ai fini della sua sperimentazione. Ritengo quindi
che abbia un esito importante anche sulla stessa pillola abortiva, che impedisce -
in questo caso - l’avviamento di una vita umana.
D. - Questa sentenza,
tra l’altro, specifica che costituisce “embrione umano” qualunque ovulo umano, fin
dalla fecondazione, ma anche in sintesi un ovulo umano non fecondato che, con diverse
tecniche manipolative, possa comunque svilupparsi in un essere umano…
R.
- E’ importante, perché a questo punto si prescinde dalla tecnica e si guarada all’umanità
di questo essere: sia che sia fecondato con le vie tradizionali, almeno a livello
di gameti, sia che sia di ovuli non fecondati, in cui viene impiantato il nucleo di
una cellula umana e quindi che ci sia una forte artificialità di questo procedimento.
Il solo fatto che questo possa dar vita, appunto, a un essere umano implica che venga
radicalmente esclusa la sua brevettabilità. Quindi è un ampliamento della nozione
di embrione e senz’altro molto opportuna. (mg)