2011-10-24 14:04:37

Terremoto in Turchia: centinaia i morti. Mons. Franceschini: in tanti ancora sotto le macerie


Sale ad oltre 260 morti accertati il bilancio, ancora provvisorio, delle vittime del terremoto che ha colpito ieri l’est della Turchia, nella zona del Lago di Van. Secondo fonti locali, sono centinaia i dispersi. La macchina dei soccorsi si è subito messa in moto ma gli aiuti sono ostacolati anche dal fatto che nella confinante provincia di Hakkari è in corso da quattro giorni l'operazione di terra delle Forze armate turche contro i terroristi curdi del Pkk. Sulla situazione nel Paese, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo metropolita di Smirne e presidente della Conferenza episcopale della Turchia, mons. Ruggero Franceschini: RealAudioMP3

R. – Ci ha colti di sorpresa perché eravamo presi da altri pensieri. Per esempio, quello della guerra in quella zona. E quindi noi siamo rimasti veramente scossi. Sappiamo che sotto i ruderi di questi palazzi crollati ci sono ancora tante persone e ci auguriamo che siano vive.

D. – Si è subito messa in moto la macchina dei soccorsi turca e anche la comunità internazionale offre il proprio contributo…

R. – Sappiamo che si sono mosse già alcune nazioni, tra le quali anche Israele ha chiesto di poter dare il proprio aiuto.

D. – Molto prezioso è anche l’impegno della Chiesa…

R. - Da parte nostra come Chiesa abbiamo una presenza piccola, abbiamo una famiglia di Firenze. Una famiglia composta da papà, mamma e figlia: stanno bene, però la loro casa è distrutta. Quello che potremmo fare, cercheremo di farlo tramite questa famiglia fiorentina, secondo le nostre piccolissime possibilità.

D. – Quello che preoccupa è che gli aiuti devono arrivare in una regione scossa dal terremoto dove sono anche in atto operazioni belliche…

R. - Tutto è più difficile, ci sono limiti alle nostre possibilità, non solo dovute alla nostra piccola Chiesa ma anche alle restrizioni, all’impossibilità di poterci muovere in quei luoghi senza un dettagliato controllo su tutto quello che passa o si muove in quella zona.

D. - Ci sono restrizioni e difficoltà però l’impegno della Chiesa non conosce confini, non conosce differenze religiose…

R. – Per noi è sempre stato così. La nostra Caritas di Smirne è frequentata soprattutto e prima di tutto, dai musulmani i quali volentieri si recano in questo nostro ufficio. Ed è bello che anche da musulmani arrivino contributi a questa Caritas perché hanno riconosciuto proprio la libertà con la quale ci muoviamo, cioè nel rispetto delle persone senza nessuna distinzione di razza o di religione.

D. – In questo senso la Turchia può essere un po’ un modello per orientare la ‘primavera araba’?

R. – Io penso di sì. Mi auguro anche che queste difficoltà che esistono con Israele non costringano la Turchia ad isolarsi dal mondo. Mi auguro proprio che ci sia questa comprensione perché credo che la Turchia desideri aprirsi, rimanendo musulmana ovviamente, ma nel confronto e nella collaborazione con altre fedi.

Sono dunque salvi i componenti della famiglia italiana che vivono a Van, dove offrono una preziosa testimonianza di vita cristiana. Antonella Palermo ha raggiunto telefonicamente Roberto Ugolini: RealAudioMP3

R. – Dopo il terremoto, siamo scappati e siamo venuti qui sul lago, proprio sulla riva, perché è l’unico posto “tranquillo”, dove non ci sono costruzioni. Questa notte abbiamo dormito qui. Non abbiamo altro rispetto a quello che indossavamo ieri. Durante il sisma, per noi il tempo non passava mai e la violenza del terremoto era veramente impressionante. Ci siamo abbracciati, ci siamo messi sotto ad un architrave della casa e poi siamo scappati.

D. – La popolazione locale come affronta queste difficili fasi successive al sisma?

R. – Le persone hanno uno spirito di adattamento incredibile. Sono abituate ad avere tanti problemi, perché purtroppo la vita lì non è facile: non c’è molto lavoro, non ci sono molte industrie e tanta gente, infatti, ha lasciato i villaggi. Si tratta di gente abituata ad una vita non facile. C’è una vita di relazione che purtroppo noi italiani stiamo un po’ perdendo, mentre qui è davvero molto sentita. Se una persona viene qui, in Turchia, senza portafoglio o lo perde, trova sempre, nelle case dei poveri, un pezzo di pane da mangiare ed un letto in cui poter dormire. E’ difficile che possa avere un rifiuto.

D. – I soccorsi stanno arrivando?

R. – Sinceramente non è facile farli arrivare, perché la zona è molto estesa. Non è affatto semplice coordinare tutto. Queste, poi, sono anche zone di montagna, però si sentono passare in continuazione ambulanze che vanno avanti ed indietro. Anche i camion e le ruspe dei soccorsi stanno arrivando.

D. – Lei e la sua famiglia conoscete diversi profughi afghani in Turchia…

R. – Sono circa tremila i profughi afghani ed iraniani a Van. Qui vengono gli afghani e gli iraniani perché siamo sulla direttrice principale per chi viene da Afghanistan ed Iran a piedi, attraverso le montagne. Ci sono tutte queste persone che vivono in certe zone della città, quelle più povere, e sono proprio queste le persone che conosciamo di più. Da ieri sera sono tornate a funzionare le linee telefoniche e siamo riusciti a parlare con alcune di loro. Grazie a Dio sono vive, non abbiamo perso nessuno e questa è una grande cosa. (vv)








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