Giustizia e Pace: attuare una riforma finanziaria internazionale nella prospettiva
di un'Autorità pubblica mondiale
Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha pubblicato oggi una nota sulla
riforma del sistema finanziario internazionale, auspicando la creazione di un’Autorità
pubblica a competenza universale al servizio del bene comune. Una sintesi di questo
documento nel servizio di Sergio Centofanti.
La prospettiva di un’Autorità
pubblica mondiale al servizio del bene comune “La costituzione di un’Autorità
pubblica mondiale, al servizio del bene comune” è “l’unico orizzonte compatibile con
le nuove realtà del nostro tempo”: è quanto si legge nella nota del dicastero vaticano
che vuole offrire “un contributo ai responsabili della terra e a tutti gli uomini
di buona volontà” di fronte all’attuale crisi economica e finanziaria mondiale che
“ha rivelato comportamenti di egoismo, di cupidigia collettiva e di accaparramento
di beni su grande scala”. Il documento sottolinea che “è in gioco il bene comune dell’umanità
e il futuro stesso”: oltre un miliardo di persone vivono con poco più di un dollaro
al giorno, sono “aumentate enormemente le disuguaglianze” nel mondo, “generando tensioni
e imponenti movimenti migratori”. “Nessuno, in coscienza – sottolinea il testo - può
accettare lo sviluppo di alcuni Paesi a scapito di altri”, “nessuno può rassegnarsi
a vedere l’uomo vivere come ‘un lupo per l’altro uomo’, come diceva Hobbes: “se non
si pone un rimedio” alle ingiustizie che affliggono il mondo, “gli effetti negativi
che ne deriveranno sul piano sociale, politico ed economico saranno destinati a generare
un clima di crescente ostilità e perfino di violenza, sino a minare le stesse basi
delle istituzioni democratiche, anche di quelle ritenute più solide”.
Il
liberismo economico senza regole e senza controlli tra le cause dell’attuale crisi Si
analizzano le cause della crisi, riscontrate “anzitutto” in “un liberismo economico
senza regole e senza controlli”. I pericoli del liberismo erano già stati “lucidamente
e profeticamente denunciati da Paolo VI” con l’Enciclica Populorum progressio, del
1967; e “dopo il fallimento del collettivismo marxista”, Giovanni Paolo II aveva già
messo in guardia dal rischio di “un’idolatria del mercato, che ignora l’esistenza
di beni che, per loro natura, non sono né possono essere semplici merci”. La nota
denuncia “l’esistenza di mercati monetari e finanziari a carattere prevalentemente
speculativo, dannosi per l’economia reale, specie dei Paesi più deboli”. Parla di
“un’economia mondiale sempre più dominata dall’utilitarismo e dal materialismo”, caratterizzata
da un’espansione eccessiva del credito e da bolle speculative, che hanno generato
“crisi di solvibilità e di fiducia”; un fenomeno culminato nel 2008 nel “fallimento
di un importante istituto finanziario internazionale” negli Stati Uniti – deciso proprio
in seguito ad “un orientamento di stampo liberista, reticente rispetto ad interventi
pubblici nei mercati”, con conseguenze nefaste su miliardi di persone.
Tre
ideologie devastanti: utilitarismo, individualismo e tecnocrazia La crisi –
rileva la nota – è causata anche da altre ideologie che hanno “un effetto devastante”:
anzitutto l’utilitarismo e l’individualismo, secondo le quali “l’utile personale conduce
al bene della comunità”. Ma non sempre è così. Infatti, nonostante i progressi dell’economia
mondiale, “non è aumentata l’equa distribuzione della ricchezza”, anzi, in “in molti
casi è peggiorata”: per questo è necessaria la solidarietà. Benedetto XVI denuncia
anche “una nuova ideologia, l’ideologia della tecnocrazia”, ossia “di quell’assolutizzazione
della tecnica che «tende a produrre un’incapacità di percepire ciò che non si spiega
con la semplice materia» ed a minimizzare il valore delle scelte dell’individuo umano
concreto che opera nel sistema economico-finanziario, riducendole a mere variabili
tecniche” con la conseguenza di impoverire “sempre più, sul piano materiale e morale,
le principali vittime della crisi”.
Un mercato a servizio della persona:
primato dell’etica e della politica sulla finanza La radice di una crisi –
come afferma Benedetto XVI - “non è solamente di natura economica e finanziaria, ma
prima di tutto di natura morale”. L’economia “ha bisogno dell’etica per il suo corretto
funzionamento”. “Occorre recuperare il primato dello spirituale e dell’etica e, con
essi, il primato della politica – responsabile del bene comune – sull’economia e la
finanza”. E’ necessario colmare il divario tra “formazione etica e preparazione tecnica”
evidenziando la sinergia tra “praxis” (agire morale) e “poièsis” (agire tecnico e
produttivo).
Tassazione delle transazioni finanziarie e ricapitalizzazione
delle banche con fondi pubblici In questa prospettiva sono ipotizzabili: “misure
di tassazione delle transazioni finanziarie, mediante aliquote eque”, anche per “contribuire
alla costituzione di una riserva mondiale, per sostenere le economie dei Paesi colpiti
dalle crisi, nonché il risanamento del loro sistema monetario e finanziario”; “forme
di ricapitalizzazione delle banche anche con fondi pubblici condizionando il sostegno
a comportamenti «virtuosi» e finalizzati a sviluppare l’economia reale”; la “definizione
dell’ambito dell’attività di credito ordinario e di Investment Banking. Tale distinzione
consentirebbe una disciplina più efficace dei «mercati-ombra» privi di controlli e
di limiti”.
Riforma del sistema monetario internazionale: verso una Banca
centrale mondiale La nota ipotizza “la riforma del sistema monetario internazionale”
per dare vita “a qualche forma di controllo monetario globale” riscoprendo “la logica
di fondo, di pace, coordinamento e prosperità comune che portarono agli Accordi di
Bretton Woods” nel 1944 (sulla regolamentazione della politica monetaria internazionale,
sospesi nel 1971, ndr). Accordi che portarono all’istituzione del Fondo monetario
internazionale che oggi ha perso la sua capacità di garantire la stabilità della finanza
mondiale. Si tratta di mettere “in discussione i sistemi dei cambi esistenti, per
trovare modi efficaci di coordinamento e supervisione” in “un processo che deve coinvolgere
anche i Paesi emergenti e in via di sviluppo”. E’ necessario “un corpus minimo condiviso
di regole” per gestire il “mercato finanziario globale, cresciuto molto più rapidamente
dell’economia reale” grazie all’”abrogazione generalizzata dei controlli sui movimenti
di capitali” e alla “deregolamentazione delle attività bancarie e finanziarie”. “Sullo
sfondo si delinea, in prospettiva, l’esigenza di un organismo che svolga le funzioni
di una sorta di «Banca centrale mondiale» che regoli il flusso e il sistema degli
scambi monetari, alla stregua delle Banche centrali nazionali”.
Le caratteristiche
dell’Autorità pubblica mondiale. Benedetto XVI: darsi nuove regole Già Papa
Roncalli nella Pacem in terris, del 1963, avvertendo che “il mondo si stava avviando
verso una sempre maggiore unificazione … auspicava la creazione, un giorno, di «un’Autorità
pubblica mondiale »”. Su questa scia, anche Benedetto XVI, sottolineando che la crisi
“ci obbliga … a darci nuove regole”, “ha espresso la necessità di costituire un’Autorità
politica mondiale” di fronte alla “crescente interdipendenza” tra gli Stati. “Tale
Autorità sovranazionale deve …essere messa in atto con gradualità, con l’obiettivo
di favorire … mercati liberi e stabili, disciplinati da un adeguato quadro giuridico”.
“Si tratta di un’Autorità dall’orizzonte planetario, che non può essere imposta con
la forza, ma dovrebbe essere espressione di un accordo libero e condiviso” e “dovrebbe
sorgere da un processo di maturazione progressiva delle coscienze e delle libertà”,
coinvolgendo “coerentemente tutti i popoli”, nel pieno rispetto delle loro diversità.
“L’esercizio di una simile Autorità, posta al servizio del bene di tutti e di ciascuno,
sarà necessariamente super partes”. I Governi non dovranno “servire incondizionatamente
l’Autorità mondiale. È piuttosto quest’ultima che deve mettersi al servizio dei vari
Paesi membri, secondo il principio di sussidiarietà”, offrendo il suo “sussidio” nel
rispetto della libertà e delle responsabilità di persone e comunità: si evita così
“il pericolo dell’isolamento burocratico” dell’Autorità, creando le condizioni indispensabili
“all’esistenza di mercati efficienti ed efficaci, perché non iperprotetti da politiche
nazionali paternalistiche” e promuovendo – attraverso l’adozione di “politiche e scelte
vincolanti” - “un’equa distribuzione della ricchezza mondiale mediante anche forme
inedite di solidarietà fiscale globale”. La nota indica l’Onu come punto di riferimento
di questo processo di riforma: “un lungo cammino – si legge nel testo - resta però
ancora da percorrere prima di arrivare alla costituzione di una tale Autorità pubblica
a competenza universale”. Obiettivo che, tra l’altro, non può essere raggiunto “senza
la previa pratica del multilateralismo”. Positivo, in questo senso, è il passaggio
dal G7 al G20, con un coinvolgimento di più Paesi nei processi decisionali mondiali.
La
concezione di una nuova società: superare l’ordine internazionale “westphaliano” Oggi
esistono le condizioni “per il definitivo superamento di un ordine internazionale
«westphaliano», nel quale gli Stati sentono l’esigenza della cooperazione, ma non
colgono l’opportunità di un’integrazione delle rispettive sovranità per il bene comune
dei popoli”. (La pace di Westfalia del 1648, seguita alla Guerra dei 30 anni, segna
convenzionalmente la nascita degli Stati moderni, ndr). “È compito delle generazioni
presenti riconoscere e accettare consapevolmente questa nuova dinamica mondiale verso
la realizzazione di un bene comune universale. Certo, questa trasformazione si farà
al prezzo di un trasferimento graduale ed equilibrato di una parte delle attribuzioni
nazionali ad un’Autorità mondiale e alle Autorità regionali”. Oggi “appare surreale
e anacronistico” che uno stato possa ritenere “di poter conseguire in maniera autarchica
il bene dei suoi cittadini”. “La globalizzazione sta unificando maggiormente i popoli,
sollecitandoli a muoversi verso un nuovo «stato di diritto» a livello sopranazionale”,
verso “un nuovo modello di società internazionale più coesa, poliarchica, rispettosa
delle identità di ciascun popolo, entro la molteplice ricchezza di un’unica umanità”.
Liberare l’immaginazione per dare un futuro alle giovani generazioni Si
tratta di “costruire soprattutto un futuro di senso per le generazioni a venire. Non
bisogna temere di proporre cose nuove, anche se possono destabilizzare equilibri di
forze preesistenti che dominano sui più deboli”. Paolo VI ha sottolineato la forza
rivoluzionaria dell’«immaginazione prospettica», capace di percepire nel presente
le possibilità in esso inscritte, e di orientare gli uomini verso un futuro nuovo.
Liberando l’immaginazione, l’uomo libera la sua esistenza. Mediante un impegno di
immaginazione comunitaria è possibile trasformare non solo le istituzioni ma anche
gli stili di vita, e suscitare un avvenire migliore per tutti i popoli”.
Dalla
Torre di Babele allo Spirito di Pentecoste Impegnarsi in questo processo di
cambiamento è “una missione al tempo stesso sociale e spirituale”. E’ passare dallo
spirito di Babele, dove regna la divisione o l’unità di facciata, allo Spirito di
Pentecoste, che è il “disegno di Dio per l’umanità, vale a dire l’unità nella diversità.
Solo uno spirito di concordia, che superi divisioni e conflitti, permetterà all’umanità
di essere autenticamente un’unica famiglia, fino a concepire un nuovo mondo con la
costituzione di un’Autorità pubblica mondiale, al servizio del bene comune”.