Libia: eseguita autopsia sul corpo di Gheddafi, stasera il Cnt annuncia la liberazione
Cresce l’attesa per la dichiarazione del Consiglio nazionale di transizione libico
(Cnt), che oggi si accinge a proclamare la liberazione del Paese, preludio alla formazione
di un esecutivo in grado di preparare, tra otto mesi, le elezioni. Intanto, è stata
eseguita l’autopsia sul corpo di Gheddafi che potrebbe essere riconsegnato alla famiglia.
Secondo i medici, sarebbe morto sul colpo dopo una ferita d’arma da fuoco. Ancora
giallo sulla sorte di Saif al Islam, figlio del rais, che gli appartenenti alla sua
tribù hanno nominato successore del padre. Mentre restano dubbi sulle circostanze
che hanno portato all’uccisione dell'ex leader libico, la comunità internazionale
auspica la formazione di un governo inclusivo, l’avvio di un processo di riconciliazione
tra le diverse anime del Consiglio nazionale di transizione e libere elezioni. Sarà
possibile? Risponde il prof. Franco Rizzi, segretario generale dell’Unione
delle Università del Mediterraneo, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Dovrà
essere possibile. E’ una strada che va assolutamente percorsa, perché non si può lasciare
il Paese nel caos o in balia delle vendette trasversali tra le diverse tribù e clan.
D.
– Il Cnt ha una composizione varia: “gheddafiani” che non si sono macchiati di reati
di sangue, società civile, islamici di diverse confessioni. Per dove può passare un’intesa?
R.
– L’intesa può passare esclusivamente tenendo presente il bene del Paese. Ed è veramente
un’impresa, perché tutte queste divisioni cercano ovviamente di portare acqua al mulino
di una parte anziché di un’altra. Se non si tiene presente la necessità che ognuno
deve fare un passo indietro per il bene del Paese, credo sarà estremamente difficile
e lungo il percorso di transizione.
D. – Ora quali rischi si corrono?
Vendette, rappresaglie, altri fatti di sangue?
R. – Penso si debba partire
da un dato di fatto: la Libia non è né la Tunisia, né l’Egitto, dove esistevano sia
lo Stato sia le istituzioni. Le istituzioni esistono ancora e quindi il processo elettorale
in Tunisia, ad esempio, è stato possibile proprio perché lo Stato era presente. Ora,
se non capiamo com’era fatta la Libia e com’era strutturata – cioè intorno ad una
persona, senza che le istituzioni importanti che formano uno Stato funzionassero effettivamente
– non possiamo renderci conto della situazione. Per cui, il discorso degli otto, dodici
mesi o due anni e così via è un discorso che dovrà essere seguito volta per volta,
perché si tratta di ricostruire tutto.
D. – E l’aspetto dei diritti
umani? Pensiamo alle notizie e alle immagini sulla morte di Gheddafi...
R.
– Sono convinto che quello che è successo sia di una brutalità estrema. In una situazione
del genere, la violenza può portare a queste brutalità, ma significa anche che – per
quanto il dittatore possa esser stato responsabile di molteplici massacri – la coscienza
di rispettare la vita umana e sottoporre la persona a un eventuale processo di fatto
in tanti casi ancora non c’è, nonostante siano stati compiuti molti progressi nel
campo dei diritti umani. (vv)