2011-10-22 15:11:03

Libia: stop della missione Nato entro il 31 ottobre. Il Cnt annuncia: elezioni in 8 mesi


Vertice fiume a Bruxelles per decidere le sorti della Libia dopo la morte di Gheddafi: la missione terminerà il 31 ottobre, fa sapere il segretario generale della Nato, Rasmussen, ma restano divergenze tra i Paesi alleati. E mentre spuntano nuovi dettagli sull’uccisione del Colonnello, il Cnt nega l’autopsia sul suo corpo, poi assicura: entro otto mesi elezioni per un nuovo congresso nazionale. Il servizio di Cecilia Seppia:RealAudioMP3

Un lunghissimo vertice a Bruxelles, per fare il punto della situazione dopo la caduta di Gheddafi, poi l’annuncio del segretario della Nato, Rasmussen: il 31 ottobre, dice, sarà l'ultimo giorno di operazioni militari in Libia. Durante l’incontro, non sono mancati dissidi interni: Parigi ha insistito per uno stop immediato, Londra piuttosto caldeggiava un ritiro graduale. Nel comunicato dell’Alleanza Atlantica spuntano poi nuovi dettagli sull’attacco a Sirte che ha portato all’uccisione del Colonnello. Il comando militare – si legge – al momento dell'assalto "non era a conoscenza della presenza di Gheddafi nel convoglio di auto, identificato piuttosto come un "pericolo e una minaccia per la popolazione": a bordo dei 75 veicoli sono state infatti rinvenute armi e munizioni di ogni genere. Ma la Russia aspetta l’indagine dell’Onu per vederci chiaro. Intanto, dopo il ragazzo con la pistola d’oro, salta fuori, in un video, un altro presunto assassino di Gheddafi: sempre un giovane, in tenuta militare che sostiene di aver catturato il rais prima di ucciderlo con due pallottole e di aver ricevuto da lui l’offerta di oro e denaro in cambio della vita. Nonostante i dubbi sulle modalità della sua morte, Il Cnt nega categoricamente l’autopsia sul corpo del rais, mentre le tribù di Sirte chiedono che possa essere seppellito nella sua città natale. Sul fronte interno, il premier Jibril annuncia elezioni per un congresso nazionale entro otto mesi, ma prima – dice – "bisogna ristabilire l’ordine". Quindi, il monito: d’ora in poi servono regole economiche e non scelte politiche sui contratti. Restano incognite sulla sorte di Saif al Islam, figlio dell’ex leader libico, dato per morto dal Cnt, forse invece ferito e fatto prigioniero, dopo aver tentato la fuga verso il Niger. La moglie e la figlia di Muammar invece, secondo fonti di stampa algerine sarebbero dirette verso un Paese del Golfo.

Più volte nei mesi scorsi, il Cnt aveva rimandato la formazione di un governo nazionale di transizione, subordinandolo alla sicurezza della popolazione. Anche ora, le nuove autorità libiche sembrano avere difficoltà a trovare un accordo per guidare il Paese verso la democrazia. Lo conferma Gabriele Iacovino, responsabile per il Nord Africa e il Medio Oriente del Centro studi internazionali, intervistato da Luca Collodi:RealAudioMP3

R. - L’accordo è mancato e tutto è stato posticipato a dopo la presa di Sirte. Adesso che la città di Sirte è stata conquistata, il processo negoziale all’interno del Consiglio dovrà andare avanti. Il problema è che, appunto, sono troppe le anime che dovranno essere rappresentate…

D. - L’Islam che ruolo avrà in questo Consiglio nazionale di transizione e nel futuro governo della Libia?

R. - Per adesso, il panorama islamista libico all’interno del Consiglio nazionale di transizione non è ancora rappresentato. Però è indubbio che le realtà islamiste all’interno del Paese hanno svolto un ruolo importantissimo nella battaglia contro Gheddafi e proprio per questo vorranno far sentire la propria voce all’indomani della caduta di regime.

D. - C’è il rischio di guerra civile, oggi, all’interno della Libia?

R. - Parlare di guerra civile è ancora un po’ prematuro. I grossi campanelli d’allarme riguardano al momento la divisione all’interno delle varie anime della Libia e un po’ l’altissimo numero di armi che in questi mesi è andato a crescere all’interno del Paese.

D. - Molte delle quali non si trovano…

R. - In parte non si trovano, anche perché i depositi di armi dell’esercito di Gheddafi, una volta creatosi questo scontro all’interno del Paese, sono rimasti incustoditi. In parte anche perché, di fatto, la guerra è stata foraggiata diciamo così dall’estero: i ribelli sono stati aiutati dall’estero con l’introduzione nel panorama libico di un numero elevato di armi. Il fatto che, in questo momento, non vi sia un’autorità "super partes", che faccia comunque rispettare l’ordine e che proceda al controllo di tutte queste armi, rappresenta certamente un pericolo.

D. - A livello internazionale, l’Onu ha chiesto un’indagine sulla morte di Gheddafi, mentre la Nato ha deciso per il 31 ottobre la fine della missione nel Paese: è la decisione giusta secondo lei?

R. - Di fatto, adesso non vi è più il motivo, o non dovrebbe più esservi il motivo, per continuare con le operazioni aeree, anche perché il Paese dovrebbe essere “pacificato” una volta venuto meno il regime di Gheddafi. Sicuramente, però, il supporto dei Paesi europei e degli Stati Uniti dovrà essere forte per accompagnare le nuove istituzioni libiche nel processo di democratizzazione. (mg)







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