Cile: concluso a Santiago il congresso del Celam “Chiesa e cultura digitale”
“Chiesa e cultura digitale. Nuovi orizzonti per la missione ecclesiale”: è questo
il tema del congresso svoltosi nei giorni scorsi a Santiago del Cile, per iniziativa
del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali e del Consiglio episcopale latinoamericano
(Celam), con l’obiettivo di indagare il momento attuale della cultura digitale, esplorando
“senza ingenuità” alcuni dei suoi aspetti più caratteristici, e insieme di contribuire
allo sviluppo di una teologia della comunicazione. Realizzato con il contributo della
Rete informatica della Chiesa in America Latina (Riial), della Conferenza episcopale
cilena e dell’Università cattolica del Cile, il congresso ha inteso poi lanciare una
“decisa lotta all’esclusione digitale” individuando quelle “comunità che non hanno
accesso alla cultura e allo scambio via internet”. Durante il convegno grande spazio
è stato dedicato alla situazione di Cuba, dove l’insufficiente introduzione di tecnologia,
il controllo statale e le misure economiche restrittive che gravano sul Paese si traducono
in una crescente povertà comunicativa, anche se l’interscambio con il flusso di persone
che sono andate a lavorare all’estero ha favorito un rapido cambiamento culturale,
incrementato dal consumo e dalla produzione di prodotti audiovisivi e digitali. Sergio
Lázaro Cabarrouy Fernández-Fontecha, responsabile della pastorale dei mezzi di comunicazione
della diocesi di Pinar del Río, a Cuba, conferma che nel Paese “le statistiche sull’accesso
a internet sono decisamente negative in termini numerici” e che “il controllo dello
Stato sulla maggior parte dei media e sui contenuti diffusi contrasta con il talento
e la creatività di artisti, giornalisti e tecnici che lavorano per i mezzi di comunicazione”.
La società cubana – continua Cabarrouy Fernández-Fontecha – risulta poi “scarsamente
informata specialmente sui temi della religione e sulle attività della Chiesa”, mentre
invece “le omelie, gli incontri di gruppo con sacerdoti, religiosi e laici sono stati
e devono continuare a essere i principali ambiti di comunicazione della Chiesa”. E’
proprio grazie ad un consistente numero di testate di stampo cattolico, infatti, che
a Cuba “molte persone hanno sentito parlare per la prima volta della Chiesa e di Gesù
Cristo. I bollettini digitali vengono distribuiti a diverse centinaia di indirizzi
di posta elettronica e i siti web cattolici hanno ogni giorno tra i duecento e i 1700
visitatori”. Secondo la Riial, l’accelerazione in cui vive il mondo comunicativo è
ormai “un dato della realtà quotidiana che ha una forte incidenza su persone, famiglie
e Paesi” e “la Chiesa immersa in questo ecosistema culturale in rapida evoluzione,
vi partecipa attivamente e desidera contribuire al suo sviluppo nella giustizia, nella
pace e nella solidarietà, rispettando la dignità di ogni persona”. I partecipanti
al convegno - che avuto il suo culmine con la concelebrazione eucaristica presieduta
dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni
sociali – hanno dunque concluso che “occorre al più presto generare comunità vive
attraverso la comunicazione, dalla quale nessuno può essere escluso”. (C.D.L.)