Bolivia: l'arivescovo di La Paz riceve gli indios che difendono il parco Tipnis
Occorre lavorare insieme per ricercare la giustizia, l’equità e la solidarietà verso
tutti. È questo, in sintesi, il messaggio che l’arcivescovo di La Paz, Edmundo Luis
Flavio Abastoflor Montero, ha rivolto ai circa duemila indios giunti mercoledì scorso
nella capitale governativa al termine della lunga e faticosa marcia — 610 chilometri
e due mesi e mezzo di cammino — in difesa del Territorio Indígena y Parque Nacional
Isiboro-Secure (Tipnis). L’arrivo degli indios, che si oppongono alla realizzazione
di una strada che spezzerebbe in due la riserva amazzonica dell’Isiboro-Secure, è
stato salutato da una folla festosa. «Siamo tutti del Tipnis», «Viva la marcia indigena»
e, ancora, «Benvenuti a La Paz», alcune delle scritte sui tanti striscioni e cartelli.
E nei volti dei nativi delle Terre basse, passati dai 700 metri di altitudine della
selva amazzonica ai 3.600 della capitale boliviana, incrociando tratti di strada che
hanno superato i 4.500 metri, i segni della fatica e del freddo si sono mischiati
a quelli evidenti della soddisfazione. A loro si è rivolto il presule nella messa
di ringraziamento per celebrare la meta raggiunta. Ricordando la predilezione di Dio
«per i più piccoli e i più poveri». E invitando il popolo del Tipnis al dialogo pacifico
con le istituzioni e alla faticosa ricerca del bene comune. «Siete stati a lungo abbandonati
ed emarginati, ora però la Bolivia vi ascolta di più, fate sempre più parte della
vita del nostro Paese». Di qui l’appello perché tutti possano «vivere dignitosamente
nella giustizia» e camminare verso il «progresso e lo sviluppo globale di tutti i
popoli della Bolivia». Dal presule - riferisce L'Osservatore Romano - anche l’invito
a rasserenare il clima di tensione. In molti, infatti, vorrebbero si facesse chiarezza
sulle effettive responsabilità per la violenta repressione del settembre scorso, le
cui immagini hanno fatto il giro del mondo, suscitando riprovazione dentro e fuori
il Paese. Anche allora era stato il sostegno della gente a permettere agli indigeni
di proseguire fino alla capitale. La richiesta principale, adesso, è che il progetto
del tratto di strada da Villa Tunari (Cochabamba) a San Ignacio de Moxos (Beni), già
sospeso sotto l’onda d’urto delle polemiche per la repressione, sia definitivamente
cancellato. (L.Z.)