Ucciso nelle Filippine un missionario italiano del Pime impegnato nell'apostolato
tra i tribali
La Chiesa è in lutto per l’uccisione, stamani, nell’isola di Mindanao, nelle Filippine,
di un missionario italiano del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime). Padre Fausto
Tentorio, 59 anni, da oltre 30 nel Paese asiatico, è stato assassinato da uno sconosciuto,
mentre si preparava a partire - dalla parrocchia di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso,
ad Arakan - per un incontro con i sacerdoti della diocesi di Kidapawan. “Chiediamo
di far luce su questo crimine e di portare i responsabili di fronte alla giustizia”,
ha fatto sapere mons. Romulo T. de la Cruz, vescovo di Kidapawan. Stasera a Santa
Maria di Rovagnate, in provincia di Como, di cui padre Tentorio era originario, si
svolgerà una Messa di suffragio. Padre Fausto è il terzo missionario del Pime assassinato
nelle Filippine e nell’isola di Mindanao, a cui si aggiungono altri missionari rapiti
negli anni scorsi. Su quanto accaduto nelle ultime ore, Giada Aquilino ha intervistato
padre Gianni Re, superiore del Pime nelle Filippine:
R. – Questa
mattina tutti i sacerdoti della diocesi avrebbero dovuto tenere il loro incontro mensile.
Da quello che mi è stato riferito, padre Fausto è uscito di casa e stava salendo in
macchina, quando - sembra - è stato avvicinato da una persona, che gli ha sparato.
Questa persona si è poi allontanata ed è salita su una motocicletta con un altro uomo
a bordo, che lo stava aspettando. E sono andati via, sono scappati.
D.
– Come il tributo di padre Tentorio può, in qualche modo, essere anche di aiuto alla
missione della Chiesa nelle Filippine?
R. – Sicuramente può essere un
momento di riflessione un po’ per tutti, anche per la Chiesa nelle Filippine e in
particolare per la Chiesa di Kidapawan, perché ancora una volta c’è stato un sacrificio.
Speriamo che ciò possa contribuire a risvegliare coloro che si sono un po’ ‘addormentati’
sulla quotidianità, sulle situazioni di tutti i giorni, cercando anche di evitare
conflitti, e possa essere uno stimolo per tutti noi, perché questo è certamente un
richiamo chiaro alle difficoltà di essere evangelizzatori veri. (mg)
Per
un ricordo di padre Tentorio, la testimonianza ora di padre Sebastiano D’Ambra,
missionario del Pime, dal ’77 nelle Filippine, fondatore del movimento per il dialogo
interreligioso ‘Silsilah’. L’intervista è di Giada Aquilino:
R. – Padre
Fausto si trovava nella zona di Arakan Valley, sui monti nella diocesi diKidapawan.
Posso dire che lui si è occupato per tanto tempo dei gruppi tribali. Ci sono gruppi
tribali - le cosiddette minoranze etniche - che sono sempre i più oppressi. Lui lavorava
proprio per questo problema. Ultimamente era stato nominato rappresentante della diocesi
per tale apostolato particolare dei gruppi tribali. Lui ha lavorato tantissimo e purtroppo
nel suo lavoro ha avuto difficoltà e minacce: nel 2002 era stato minacciato ed era
riuscito a scampare a un altro attentato. I motivi del suo assassinio sono ancora
da chiarire, suppongo siano legati al suo impegno nella zona sul monte Apo, il monte
più alto di Mindanao, dove ci sono diversi interessi per le miniere, ci sono anche
conflitti tra gruppi diversi per i terreni e per altre questioni. Immagino siano questi
i motivi di quello che è successo. Era una persona scomoda per quelli che volevano
‘abusare’ dei tribali nel senso un po’ più ampio della parola: ci sono compagnie minerarie
che vorrebbero entrare nella zona, ci sono altri problemi legati alle terre. Questa
è la situazione: probabilmente lui è stato vittima del suo impegno, del suo stare
accanto alla gente e difendere i diritti dei più poveri.
D. – Come avveniva
il suo lavoro, di cosa si occupava?
R. – Per anni ha lavorato molto.
So che per esempio ha fondato una sessantina di scuole per l’educazione dei gruppi
tribali sui monti, con insegnanti del posto, e poi aveva progetti per aiutare i contadini
a comprare i semi e quindi per poter coltivare. Poi, negli ultimi anni, era anche
diventato responsabile di una scuola di una parrocchia. Ultimamente, come responsabile
diocesano dei gruppi tribali, visitava anche altre parrocchie dove c’è lo stesso tipo
di apostolato.
D. – Nel ricordo e secondo anche gli insegnamenti di
padre Tentorio, qual è ora la speranza della Chiesa nelle Filippine?
R.
– Io sono nelle Filippine dal ’77 e nonostante queste difficoltà vedo che c’è una
presa di coscienza dell’importanza dei gruppi tribali, che per molti motivi negli
anni sono stati emarginati. Direi che è il tempo in cui la Chiesa e la società devono
dare più attenzione a questi gruppi tribali. (bf)