Strage di cristiani copti in Egitto. La comunità internazionale condanna. Il dolore
del vescovo di Giza
L’Egitto teatro in queste ore di una sanguinosa sommossa che ha coinvolto cristiani
copti, mussulmani e l’esercito. Sono almeno 24 le persone morte in queste ore. Il
ministro degli esteri italiano Frattini riferisce di un fortissimo esodo di cristiani
dal paese; preoccupazione e sgomento dai leader religiosi, unanime la condanna dell’Unione
Europea e dell'Onu. Il servizio di Alessandro Guarasci
Sulla
strage del Cairo e le difficoltà per i cristiani nell’Egitto del dopo Mubarak, Alessandro
Gisotti ha intervistato il vescovo della diocesi egiziana di Giza, mons. Antonios
Aziz Mina:
R. - Qualsiasi
evento di questo genere non suscita che dolore e pena per tutte le vittime. I cristiani
chiedono soltanto di poter vivere pacificamente nel loro Paese. Devo anche dire che,
insieme ai dimostranti cristiani, c’erano anche dei musulmani che rivendicavano il
diritto dei cristiani di vivere in pace e di vedere le loro chiese protette e non
bruciate o distrutte. Purtroppo, questi criminali che hanno distrutto la chiesa non
hanno trovato alcuna autorità che abbia impedito loro di compiere un atto del genere
o che li abbia giudicati… Quando hanno attaccato la chiesa e l’hanno distrutta, il
governo e l’esercito hanno provato a mettere pace tra le parti e a ricostruire la
chiesa a spese dell’esercito. Ma questa non è una soluzione! Bisogna fare le cose
seguendo il diritto: chi sbaglia, paga…
D. – Ieri al Cairo, le forze dell’ordine,
invece di proteggere la minoranza, avrebbero causato queste morti…
R. - Se
avessero assunto una posizione contro coloro che hanno distrutto le chiese, non saremmo
mai arrivati a tutto questo! Se si lascia fare, senza ordine e senza applicare la
legge, si finisce per avere una situazione di persone incontrollabili… Sono arrivati
ad uccidere alcuni cristiani, purtroppo: erano innocenti, non avevano fatto nulla
di male, non avevano fatto niente se non rivendicare il loro diritto di pace e di
proteggere le loro chiese.
D. - La rivoluzione di Piazza Tahrir aveva dato
tante speranze: adesso ci sono forse più paure, soprattutto per i cristiani d’Egitto?
R.
- Più che paura, ci sono preoccupazioni per il futuro: non sappiamo dove andremo,
perché se continuiamo così non c’è né diritto, né giustizia… mentre il primo elemento
di uno Stato stabile è proprio quello di poter vivere sotto l’ombrello del diritto!
(mg)