Libia: battaglia finale a Sirte. Scetticismo nello Yemen per le "prossime" dimissioni
di Saleh
Sembra giunta ad una svolta in Libia la battaglia per Sirte, ultimo baluardo dei lealisti
di Gheddafi. Le truppe del Consiglio di Transizione (Cnt) hanno preso possesso dell’università
della città e hanno fatto irruzione nel centro conferenze “Ouagadougou”, principale
rifugio degli uomini ancora fedeli all’ex-rais. Una volta caduta Sirte, ha detto il
presidente del Cnt Jalil, l’intera Libia sarà proclamata libera.
Intanto in
Siria, il governo ha minacciato di intraprendere “misure dure” contro i Paesi
che riconosceranno il Consiglio nazionale siriano, l’organo di coordinamento degli
oppositori al regime, mentre il presidente Bashar Al-Assad ha annunciato nuove riforme
politiche, al fine di “smantellare le bande armate che stanno destabilizzando il Paese”.
Intanto la Turchia condanna duramente l’assassinio dell’attivista curdo Meshaal Tammo,
ucciso venerdì scorso e la Russia si propone come mediatore tra Assad e le opposizioni.
Nello
Yemen, il presidente Ali Abdullah Saleh, al potere dal 1978, ha annunciato alla
tv di Stato le sue imminenti dimissioni. Non è la prima volta che il presidente, duramente
contestato da mesi, annuncia il suo ritiro. Rimane quindi alto lo scetticismo da parte
delle opposizioni. Il servizio di Michele Raviart:
“Non voglio
il potere e mi dimetterò nei prossimi giorni”, ma non consegnerò il Paese alle opposizioni,
che perseguono un progetto “oscuro e distruttivo”. Queste le ambigue parole del presidente
yemenita Saleh, al suo primo importante discorso dal suo ritorno a sorpresa in Yemen,
dopo il grave attentato che lo aveva costretto a curarsi per mesi in Arabia Saudita.
Un’assenza che aveva aggravato le violente repressioni dell’esercito contro gli oppositori
del regime, un fronte eterogeneo che comprende tanto leader tribali un tempo fedeli
a Saleh e militari disertori, quanto giovani studenti e liberi professionisti della
capitale San’a. “Non crediamo a quest’uomo”, ha affermato la giornalista yemenita
Tawakkol Karman, recente Premio Nobel per la Pace, e “continueremo la nostra rivoluzione
pacifica”. Scettico anche il portavoce dell’opposizione Mohammed Al-Sabri, che ha
liquidato il discorso di Saleh come un tentativo per accaparrarsi le simpatie del
Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che martedì prossimo dovrà discutere di come convincere
il presidente Saleh a trasferire il potere al suo vice, avviando così una fase di
transizione. Pressioni internazionali che durano da mesi e che non hanno ancora trovato
ascolto.