Si continua a combattere a Sirte, città natale di Gheddafi e una delle ultime roccaforti
fedeli al regime. Per le forze del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), si tratta
dell'"offensiva finale", mentre rimane alta l’emergenza umanitaria per i civili. Il
servizio di Michele Raviart:
Colonne di
fumo si alzano da Sirte, mentre l’artiglieria continua a sparare sotto gli occhi dei
caccia della Nato. Questo lo scenario stamattina nella città di Gheddafi, 360 chilometri
ad est di Tripoli ed ultimo fronte della guerra che da mesi sta lacerando la Libia.
Le forze del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), giunte a Sirte da Misurata
e da Bengasi, combattono strada per strada contro gli ultimi soldati ancora fedeli
all’ex rais. Obiettivo principale dell’offensiva, che coinvolge tutta la città è il
Centro congressi “Ouagadogou”, un tempo luogo dove Gheddafi riceveva i leader mondiali
ed ora postazione di difesa di circa ottocento agguerriti lealisti. Dodici i combattenti
del Cnt uccisi finora negli scontri, mentre si contano quasi duecento feriti, tra
cui due autisti delle ambulanze che stanno facendo la spola tra Sirte e gli ospedali
da campo fuori città. Intanto, sono migliaia i civili che nelle scorse settimane hanno
abbandonato Sirte, mentre cresce la preoccupazione per l’incolumità di chi è rimasto,
tanto che l’inviato Onu in Libia, Ian Martin, ha invitato entrambe le parti a rispettare
i diritti umani ed evitare rappresaglie. E se il governo provvisorio assicura che
tutta la Libia sarà presto liberata, non ci sono ancora notizie certe sulla sorte
di Gheddafi. Risale a giovedì scorso l’ultimo messaggio audio dell’ex-rais: un appello
alla resistenza che difficilmente ormai verrà ascoltato dal popolo libico.