In Tunisia, in
vista del voto del 23 ottobre, ci sono le promesse per una grande festa della democrazia
e per una svolta storica per tutto il Mediterraneo, ma c'è anche il timore che qualcuno
voglia sabotare il voto. Un'ottantina di parlamentari dell'Osce di 22 nazionalità
diverse seguiranno a Tunisi lo svlgimento delle storiche elezioni per l'assemblea
costituzionale, le prime dopo la caduta del regime di Ben Ali. A coordinarli c'è
l'italiano Riccardo Migliori, presidente della delegazione parlamentare italiana
presso l'Osce. 'E' un ruolo di osservazione e monitoraggio molto attento a non
scalfire l'indipendenza tunisina' spiega l'On. Migliori alla Radio Vaticana. 'Stiamo
attenti a non mostrare velleità di voler dirigere il meccanismo elettorale o dare
lezioni ai nostri amici tunisini che, in questa vigilia, stanno dando prova di entusiasmo
e di una grande capacità organizzativa'. 'Sono stati già reclutati oltre 30mila scrutatori,
c'è un grande entusiasmo di giovani, sono state individuate 6mila scuole primarie
nelle quali si svolgerà il voto, allestiti 8mila seggi, è stato diviso il territorio
in oltre 30 circoscrizioni elettorali e per la prima volta voteranno anche i tunisini
all'estero, in Italia a Roma e in altre 80 città'. 'La legge elettorale - spiega ancora
l'On. Migliori - prevede l'alternanza obbligatoria di uomini e donne sulle schede
elettorali per quello che riguarda i candidati, mentre è prevista una quota del 25%
per chi è sotto i 30 anni, perché la rivoluzione è stata soprattutto dei giovani che
devono essere presenti nell'assemblea costituente'. 'Insomma - conclude il coordinatore
degli osservatori internazionali Osce- ci sono tutte le promesse per una grande festa
della democrazia e per una svolta effettiva, storica per quel Paese che può avere
effetti benefici anche sulle prossime lezioni marocchine e su quelle egiziane'. 'Tra
gli osservatori - spiega ancora Migliori - ci saranno anche rappresentanti del Congresso
Usa e della Duma russa e questo dimostra l'interesse straordinario per questo avvenimento
politico e anche la fierezza di essere presenti a un momento storico. Cambia pagina
la Tunisia, ma cambia anche la storia dei suoi rapporti con il Mediterraneo. Ecco
perché c'è questo grande interesse dei parlamentari e dei mass-media'. 'Potremmo dire
- aggiunge il parlamentare italiano - che la rivoluzione in Tunisia ha vinto il primo
tempo, ma il secondo tempo e il match definitivo lo vincerà solo se si svolgeranno
le elezioni. E non le nascondo che in Tunisia, tutti partiti impegnati in questa campagna
elettorale hanno ancora il dubbio, il timore di un tentativo del vecchio sistema di
non far svolgere le elezioni, attraverso un grande attentato terroristico o un sabotaggio.
Ed è questo che è importante che la comunità internazionale sia presente a Tunisi
e nella altre realtà del sud del Paese'. Ospite della Radio Vaticana è stato anche
il giovane tunisino Osama Al Saghir, dei 'Giovani Musulmani d'Italia', tra i candidati
di una delle liste per le elezioni del 23 ottobre. 'Sono contento di dire che oggi
sono un ex-rifugiato, anche se prima di questa rivoluzione e di questo insperato processo
democratico mi sembrava impossibile' ha affermato Al Saghir. 'Per la prima volta i
tunisini avranno il diritto di votare liberamente. Ma è un voto che non riguarda solo
noi ma tutto il Mediterraneo, tutta l'Europa e forse tutto il mondo'. 'Tutti coloro
che vogliono un futuro libero e democratico per questo Paese - ha aggiunto il giovane
tunisino - devono sostenere queste elezioni. Altrimenti non ci sarà un ritorno alla
dittatura ma si rischia la somalizzazione della Tunisia e questo nessuno lo può permettere'.
'Elemento fondante a garanzia del futuro democratico è costruire una società civile
attiva, per questo mi sono presentato come candidato'. 'Con la Primavera araba -
conclude - avete conosciuto la vera cultura dei paesi del Magreb che non è affatto
arretrata e non tende all'estremismo islamista. La nostra non è stata la rivoluzione
del pane o dei gelsomini, com'è stato scritto, ma la rivoluzione della dignità. Volevamo
i nostri diritti e quindi anche la libertà religiosa'. (a cura di Fabio Colagrande)