2011-10-06 08:23:37

Svizzera: per i vescovi la diagnosi preimpianto non è compatibile con i principi della dignità umana


Curare l’embrione sì, eliminarlo no. È quanto chiede la Conferenza episcopale svizzera (Ces) in una dichiarazione indirizzata al Consiglio federale del Paese e riguardante la proposta di modifica della Costituzione federale e in particolare della legge sulla procreazione medicalmente assistita. Nello specifico, la Ces si oppone all’ipotesi di autorizzare la diagnosi preimpianto (Dpi), volta ad eliminare gli embrioni potenzialmente portatori di malattie genetiche. Ma ciò, secondo i vescovi, “non è compatibile con i principi della dignità umana sanciti dalla Costituzione”. Certo, i presuli esprimono comprensione per “la sofferenza e l’angoscia delle coppie che sanno di poter trasmettere una malattia genetica”. Per questo, “la società deve loro una risposta di solidarietà e di progresso tecnologico”, volte però a “migliorare le condizioni della diagnostica e del trattamento delle patologie, ma non l’eliminazione degli embrioni. La Dpi – spiegano i vescovi – è una falsa soluzione nella misura in cui intacca il principio della dignità umana, poiché induce ad una selezione che elimina gli embrioni giudicati potenzialmente portatori di una malattia grave”. D’altronde, sottolinea la Ces, il Consiglio federale ammette onestamente che l’approvazione della Dpi non è certamente compatibile con il dato secondo il quale “gli embrioni possiedono, in modo illimitato, dignità umana”. È necessario, quindi, che i sostenitori della Dpi “forniscano la prova che l’embrione non è una persona, cosa che nessuno ha stabilito”. E in caso di dubbio, ricorda la Ces, “il principio di precauzione deve essere assolutamente applicato”. Inoltre, la proposta del Consiglio federale mira ad eliminare il divieto di congelamento degli embrioni non solo per la Dpi, ma anche per tutto l’insieme della fecondazione in vitro. Il che significa, ribadiscono i vescovi svizzeri, che “ancora una volta l’embrione non è più rispettato di per sé, ma è trasformato in un oggetto, riposto in un congelatore fino a quando non si ha bisogno di lui”. Poi, la Ces mette in guardia dalla deriva etica che comporterebbe la Dpi, la cui autorizzazione “porterebbe la Svizzera su un crinale inclinato senza ritorno”: i presuli, infatti, notano che quei Paesi che hanno ammesso la diagnosi preimpianto “solo in casi eccezionali”, prima o poi ne hanno ampliato i limiti “fino ad arrivare, alcune volte, alla selezione di qualità specifiche del bambino”. Infine, la Conferenza episcopale svizzera riafferma la propria convinzione che “la salute e lo sviluppo della persona non dipendono unicamente dall’integrità del suo bagaglio biologico, determinante le caratteristiche del suo funzionamento fisico”, ma anche dalla dimensione “psicologica, sociale e spirituale della vita umana”. Dimensione che, concludono i vescovi, la Dpi ostacolerebbe, impedendo lo sviluppo integrale della persona, il quale è possibile, invece, “anche in caso di gravi disabilità fisiche”. (I.P.)







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