Svizzera: per i vescovi la diagnosi preimpianto non è compatibile con i principi della
dignità umana
Curare l’embrione sì, eliminarlo no. È quanto chiede la Conferenza episcopale svizzera
(Ces) in una dichiarazione indirizzata al Consiglio federale del Paese e riguardante
la proposta di modifica della Costituzione federale e in particolare della legge sulla
procreazione medicalmente assistita. Nello specifico, la Ces si oppone all’ipotesi
di autorizzare la diagnosi preimpianto (Dpi), volta ad eliminare gli embrioni potenzialmente
portatori di malattie genetiche. Ma ciò, secondo i vescovi, “non è compatibile con
i principi della dignità umana sanciti dalla Costituzione”. Certo, i presuli esprimono
comprensione per “la sofferenza e l’angoscia delle coppie che sanno di poter trasmettere
una malattia genetica”. Per questo, “la società deve loro una risposta di solidarietà
e di progresso tecnologico”, volte però a “migliorare le condizioni della diagnostica
e del trattamento delle patologie, ma non l’eliminazione degli embrioni. La Dpi –
spiegano i vescovi – è una falsa soluzione nella misura in cui intacca il principio
della dignità umana, poiché induce ad una selezione che elimina gli embrioni giudicati
potenzialmente portatori di una malattia grave”. D’altronde, sottolinea la Ces, il
Consiglio federale ammette onestamente che l’approvazione della Dpi non è certamente
compatibile con il dato secondo il quale “gli embrioni possiedono, in modo illimitato,
dignità umana”. È necessario, quindi, che i sostenitori della Dpi “forniscano la prova
che l’embrione non è una persona, cosa che nessuno ha stabilito”. E in caso di dubbio,
ricorda la Ces, “il principio di precauzione deve essere assolutamente applicato”.
Inoltre, la proposta del Consiglio federale mira ad eliminare il divieto di congelamento
degli embrioni non solo per la Dpi, ma anche per tutto l’insieme della fecondazione
in vitro. Il che significa, ribadiscono i vescovi svizzeri, che “ancora una volta
l’embrione non è più rispettato di per sé, ma è trasformato in un oggetto, riposto
in un congelatore fino a quando non si ha bisogno di lui”. Poi, la Ces mette in guardia
dalla deriva etica che comporterebbe la Dpi, la cui autorizzazione “porterebbe la
Svizzera su un crinale inclinato senza ritorno”: i presuli, infatti, notano che quei
Paesi che hanno ammesso la diagnosi preimpianto “solo in casi eccezionali”, prima
o poi ne hanno ampliato i limiti “fino ad arrivare, alcune volte, alla selezione di
qualità specifiche del bambino”. Infine, la Conferenza episcopale svizzera riafferma
la propria convinzione che “la salute e lo sviluppo della persona non dipendono unicamente
dall’integrità del suo bagaglio biologico, determinante le caratteristiche del suo
funzionamento fisico”, ma anche dalla dimensione “psicologica, sociale e spirituale
della vita umana”. Dimensione che, concludono i vescovi, la Dpi ostacolerebbe, impedendo
lo sviluppo integrale della persona, il quale è possibile, invece, “anche in caso
di gravi disabilità fisiche”. (I.P.)