Francesco d’Assisi, un Santo che parla agli uomini di ogni tempo. La riflessione
del rettore dell’Antonianum
“Nacque al mondo un sole”: con queste parole, Dante Alighieri descrive, nella “Divina
Commedia”, la nascita di San Francesco ad Assisi. Una figura che, nei secoli, ha conquistato
persone di ogni cultura e religione ed è stato ammirato da personalità come Martin
Luther King e Gandhi. Sull’universalità e attualità della testimonianza del Poverello
d’Assisi, Alessandro Gisotti ha intervistato il rettore della Pontificia Università
Antonianum, padre Priamo Etzi:
R. – Per
San Francesco si è realizzato quel che in definitiva si realizza in tutti i Santi,
ovvero che la loro esperienza deve essere interpretata, compresa e accolta a partire
dal Vangelo che è un messaggio sempre valido, un messaggio perenne: “Le tue parole
non passeranno mai”. San Francesco come uomo evangelico, con una sua peculiarità,
anche con sua modalità tutta speciale, riesce ancora oggi, nonostante la distanza
di otto secoli che ci differenziano e ci distanziano da lui, a proporci in tutta la
sua forza e in tutta la sua importanza, la necessità di vivere i valori evangelici
e dunque di seguire le orme del Signore.
D. – Benedetto XVI ha detto
in una catechesi che l’ideale di San Francesco era "essere come Gesù". Una meta altissima,
dunque. Eppure in ogni tempo e potremmo dire in ogni cultura il Poverello di Assisi
è sempre stato percepito come vicino anche all’uomo comune…
R. – Penso
che essere come Gesù sia il traguardo di ogni vita cristiana ben vissuta. Questo traguardo
è insito nel Battesimo stesso. Certamente i Santi, per un dono di grazia e per una
loro generosità speciale, hanno corrisposto in maniera piena e hanno perfettamente
realizzato questo traguardo. Direi che Francesco proprio essendo autenticamente cristiano
e anche autenticamente umano - perché i valori del Vangelo non sono al di fuori o
non sono esclusiva solo dei cristiani ma penso che abbiano una valenza che vada al
di là della confessionalità - è riuscito a trasmettere questo ideale di fraternità,
di vicinanza ai più piccoli, ai più poveri, di comprensione della natura come Creazione,
come un rimando più alto, un libro della Rivelazione ulteriore che sono assolutamente
accettabili anche da chi cristiano non si dice o cristiano non è.
D.
– In questo 150.mo dell’unità d’Italia è importante sottolineare anche quanto il Patrono
dell’Italia, San Francesco, ed anche il francescanesimo, hanno contribuito alla formazione
di questo Paese, alla identità del suo popolo?
R. – Sì, certamente Francesco
è un italiano e il francescanesimo ha contribuito all’edificazione di questa nostra
nazione. Però io non enfatizzerei troppo questo aspetto perché Francesco, come lo
definisce la liturgia, come lo definiscono i suoi primi biografi, fu “homo catholicus
et totus apostolicus": cattolico nel senso letterale del termine, uomo universale;
apostolico perché aperto ad ogni uomo, ad ogni cultura, ad ogni nazione. La nostra
fraternità è stata internazionale fin dagli inizi e lo stesso Francesco, secondo la
tradizione, avrebbe avuto addirittura una mamma francese. Dunque, certamente, italiano
nel senso che in qualche modo ha rappresentato al meglio quello che è il genio del
nostro popolo ma non ne farei esclusivamente un italiano! (bf)
Prosegue
il pellegrinaggio interreligioso ed ecumenico sul cammino di Francesco promosso dalla
nostra radio attraverso i santuari della valle di Rieti. Antonella Palermo della nostra
emittente, un musulmano, un pastore valdese, una signora ortodossa hanno percorso
il sentiero che da Rieti porta a Fonte Colombo fino a Greccio in Umbria. Oggi tappa
a Poggio Bustone, domani approdo ultimo al Santuario de “La Foresta”. Ma sentiamo
il servizio della stessa Palermo