Nuova tranche di aiuti per la Grecia che impone ulteriori misure di austerity
La Grecia otterrà una nuova tranche di aiuti da 8 miliardi di Euro dal Fondo salva
Stati. Alto, tuttavia, il prezzo pagato alle richieste della trojka, formata da Bce,
Fmi e Ue: Atene ha dovuto mettere in mobilità per un anno 30mila lavoratori del settore
pubblico con l’obiettivo del loro licenziamento entro il 2015. Una misura che rischia
di scatenare nuove proteste sociali e che, alla luce della perdurante crisi, potrebbe
non dare i risultati attesi. A spiegarcene le ragioni è l’economista Francesco
Carlà, intervistato da Stefano Leszczynski.
R. – Il dato
più allarmante, anche se era abbastanza prevedibile, è che il deficit greco sull’anno
passa dal 7,6 per cento all’8,5 per cento. Questo vuol dire che anche semplicemente
annunciare tagli, austerity, ha delle conseguenze immediate sulla condizione economica,
sul Pil di un Paese coinvolto. Quindi, questi 30 mila in mobilità possono essere visti
da due punti di vista: se si tratta effettivamente di dipendenti pubblici improduttivi
possono essere un vantaggio e sicuramente diminuiranno ulteriormente i consumi nel
Paese ellenico.
D. – Quindi, in Grecia diminuiscono i consumi, non
aumenta la produttività. A questo punto continuare a fare tagli potrebbe non servire
assolutamente a niente...
R. – La condizione greca è risolvibile solo
con un default organizzato del Paese. C’è una riduzione del debito gestita con i creditori,
perché la Grecia ha bisogno poi di tornare con calma sul mercato dei capitali, per
potersi di nuovo finanziare a condizioni accettabili, non alle condizioni attuali,
che conosciamo: con tassi d’interesse che rendono di fatto impossibile per il Paese
l’accesso al mercato dei capitali.
D. – Certo che una misura come quella
della riduzione e della cancellazione del debito, che sentivamo doversi applicare
ai Paesi in via di sviluppo, ai Paesi sottosviluppati un tempo, fa una certa impressione
vederla proposta per un Paese membro dell’Unione Europea e dell’Euro...
R.
– Sì, fa impressione, ma, di fatto, per la condizione in cui la Grecia è arrivata
- secondo me - si deve parlare almeno di una riduzione del 50 per cento del debito,
che vuol dire una bella sofferenza per chi ha prestato questi soldi alla Grecia.
D.
– I mercati finanziari, per come reagiscono ogni volta che si parla della Grecia o
dell’insolvibilità greca, cos’è che temono realmente?
R. – Temono l’effetto
domino. Temono che, esattamente come accadde all’epoca del 2008, con il fallimento
di Lehman Brothers, che non era una banca di dimensioni proibitive – ce n’erano di
ben più grandi coinvolte in problemi analoghi, tra cui Goldman Sachs, Morgan Stanley
e JP Morgan – nonostante questo l’effetto a cascata, l’effetto domino fu dirompente
e il governo americano dovette mettere la propria garanzia sui debiti di tutti gli
altri.
D. – In questo caso, chi dovrebbe mettere la garanzia ad un
certo punto?
R. – La Germania, con il finto avallo della Francia, perché
in realtà la Francia ha condizioni migliori da un punto di vista generale della Spagna
e dell’Italia, ma non se la passa poi così bene nemmeno lei. (ap)
In
Iraq si conclude con 13 morti l’assalto al quartier generale polizia C'è anche
il capo della polizia locale, il tenente colonnello Sadiq Khanshal, tra le persone
uccise da un gruppo di terroristi che stamane ha preso d'assalto e si è barricato
con diversi ostaggi nella centrale di polizia di Baghdadi, nella provincia irachena
di al Anbar, 170 chilometri ad ovest di Ramadi. Lo ha detto il capo della polizia
della provincia di al Anbar, generale Hadi Kassar. Tredici degli ostaggi, ha detto
Kassar, sono stati liberati in un'operazione di truppe speciali irachene, ma i terroristi
hanno ucciso il tenente colonnello Khanshal, un tenente, due altri poliziotti e un
civile, mentre gli uomini delle truppe speciali hanno ucciso cinque dei terroristi.
Un numero imprecisato di persone era rimasto ucciso quando i terroristi erano entrati
nella centrale e due di loro si erano fatti saltare in aria con cariche esplosive.
Il generale Kassar ha accusato Al Qaeda di avere compiuto l'assalto.
In
Siria, ancora morti tra i soldati disertori Circa 40 soldati siriani disertori
sono rimasti uccisi stamani in violenti scontri a fuoco con le forze fedeli al presidente
Bashar al Assad alla periferia della capitale, nei pressi dell'aeroporto militare
di Dumayr. Lo riferiscono i Comitati di coordinamento locale, principale piattaforma
di attivisti anti-regime. Gli uccisi facevano parte - prosegue la fonte - di un gruppo
di 65 militari, tra cui un colonnello e alcuni tenenti e sottotenenti, che si sono
ribellati agli ordini. Intanto, proprio dalla Siria, arriva un forte messaggio di
pace da parte della comunità del Monastero di Deir Mar Musa al Habasci, situato sulla
montagna del Nebek. Moltissimi giovani siriani, insieme con le monache e i monaci
del monastero, hanno concluso una settimana di digiuno e preghiera con un appello
al rifiuto della guerra civile su base confessionale. Christopher Wells, collega
del nostro programma inglese, ha sentito il priore del Monastero, padre Paolo Dall’Oglio:
R. - Abbiamo
appena completato una settimana di digiuno e di preghiera e di jihad spirituale per
la riconciliazione nel Paese. Rifiutiamo la logica della violenza e dell’escalation
di violenza. Vogliamo assicurare il dialogo ma per questo è necessario assicurare
la verità: la condizione è la vera libertà di espressione, la vera libertà di opinione
e, quindi, tutti i giovani che sono venuti al monastero da tutte le parti della Siria
lo hanno fatto rifiutando radicalmente gli interventi armati dall’esterno. Vogliamo
invece un impegno mondiale per il negoziato pacifico e per una vera crescita di libertà
di espressione del Paese come condizione per quella conversazione che porterà alla
mutazione democratica senza vendette e senza violenza.
1200 persone
di 11 nazionalità in fuga dalla Libia L'Organizzazione internazionale delle
migrazioni (Oim) ha annunciato oggi l'avvio in Libia di un'operazione per l'evacuazione
di un gruppo di 1200 migranti africani rimasti bloccati per settimane nella città
di Sebha (sud della Libia). Il servizio di Fausta Speranza:
Si tratta
di un gruppo di diverse migliaia di persone che dopo lo scoppio degli scontri per
il controllo di Sebha era giunto in un centro di transito dell'Organizzazione internazionale
delle migrazioni, dove era rimasto bloccato a causa dell'insicurezza.1200
persone - tra cui donne e ambini - che sono partiti, ieri a bordo, di un convoglio
di 15 camion diretti a Zouarkè, al confine tra Ciad e Niger verso la loro destinazione
finale, in Ciad o altrove in Africa. La metà infatti provengono dal Ciad ma gli altri
sono di altre dieci nazionalità: da Nigeria, Gambia, Eritrea, Somalia, Sudan, Senegal,
Mali, Etiopia, Burkina Faso e Marocco. Tutto questo nel Sud della Libia. Se si guarda
al Nord c’è l’emergenza umanitaria Sirte, dove proseguono gli scontri. Dopo
oltre due settimane di assedio, appare disperata la situazione degli abitanti di una
delle ultime roccaforti dei sostenitori del rais. Gli abitanti in fuga con ogni mezzo,
lasciano le loro case, stremati da settimane di bombardamenti ed attacchi. Intanto,
informa l'agenzia Fides, l'arcivescovo Tommaso Caputo, nunzio apostolico a Malta e
in Libia, è giunto in visita a Tripoli per contatti con le nuove autorità.
In
Egitto, mobilitazione di esponenti del partito dell'ex rais I capi di undici
partiti politici che raccolgono molti esponenti del partito dell'ex rais egiziano
Hosni Mubarak, il Pnd, hanno minacciato una mobilitazione in massa, se il consiglio
militare varerà una norma per impedire loro l'attività politica per due anni. In un
comunicato pubblicato da Masri el Youm online i leader dei partiti vicini a Mubarak
hanno bollato la proposta come pulizia etnica e minacciato di mobilitare quindici
milioni di cittadini. Secondo alcune fonti, sarebbero circa duemila i potenziali obiettivi
di questa proposta, ex parlamentari del Pnd fra il 2000 e il 2011. Nei giorni scorsi
il consiglio militare ha annunciato la sua disponibilità a modificare la legge elettorale
per eliminare la parte, fortemente contestata dalle forze politiche, in base alla
quale un terzo dei seggi in Parlamento è assegnata a candidati indipendenti non iscritti
a partiti. Una norma accusata di favorire gli uomini vicini a Mubarak e contro la
quale una coalizione di decine di partiti, guidata dai Fratelli Musulmani e dal liberale
neo Wafd ha minacciato di boicottare le elezioni, previste per fine novembre. La minaccia
di boicottare è rientrata, ma le aperture del Consiglio militare non sono giudicate
ancora sufficienti, perchè non è stata annunciata la revoca immediata delle legge
d'emergenza. Domani, si terrà una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri
per valutare la modifica della legge elettorale.
Preoccupazione delle donne
in Afghanistan per il ritiro dell’Isaf Dal 2001 ad oggi le donne in Afghanistan
hanno conquistato terreno sul piano della partecipazione politica così come sul fronte
dell'istruzione e del rispetto dei loro diritti, ma su questi progressi ottenuti con
dolore pesa la prospettiva del ritiro delle forze internazionali e di un eventuale
accordo di pace con i fondamentalisti talebani. È quanto sottolinea un nuovo rapporto
dell’Ong Oxfam. Oxfam ha registrato che oggi 2,7 milioni di giovani afghane frequentano
la scuola che viene negata solo ad una piccola minoranza clandestina, sotto il giogo
dei talebani. La tendenza però - sottolinea l'Ong - è quella di una “nuova recrudescenza
della violenza contro le donne”, i cui diritti conquistati nell'ultimo decennio “restano
fragili”.
In Danimarca la prima donna premier presenta la squadra di governo La
premier socialdemocratica Helle Thorning Schmidt, nuovo premier danese di una coalizione
di centro sinistra, ha presentato questa mattina il suo governo alla regina di Danimarca
Margrethe. Sulla piazza del palazzo reale Amalienborg la Schmidt, prima donna premier
del Paese, ha presentato i 23 ministri del nuovo governo che si insedia al termine
di 10 anni amministrati dal centro destra. Il programma concordato al termine di due
settimane di consultazioni dai 3 partiti della coalizione (Socialdemocratici, socialisti
del popolo e radicali social liberali) verrà presentato nel pomeriggio in una conferenza
stampa.
La Corte penale internazionale investiga sui crimini in Costa d’Avorio Il
procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) è stato autorizzato dai giudici
a investigare su crimini commessi durante le violenze che sono scoppiate in seguito
all'elezione presidenziale in Costa d'Avorio, dal 2010. Lo comunica la Corte, precisando
che l'inchiesta è autorizzata sui crimini commessi a partire dal 28 novembre 2010.
Prima
incriminazione del tribunale speciale del Bangladesh Un tribunale speciale
del Bangladesh, incaricato di giudicare persone accusate di aver commesso crimini
di guerra durante la guerra di indipendenza contro il Pakistan nel 1971, ha incriminato
formalmente il primo sospetto, un capo politico islamista. Secondo le fonti che ne
hanno dato notizia, Delawar Hossain Sayedi, 71 anni, membro del più importante partito
islamico del Paese, è stato accusato di genocidio, incendio doloso, stupro e persecuzione
religiosa. La condanna è stata letta dal giudice in un tribunale affollatissimo e
in presenza dell'imputato che sarà giudicato in modo definitivo dal "Tribunale internazionale
per i crimini in Bangladesh" creato un anno fa. Quando alla fine del 2008 l'attuale
primo ministro, la signora Hasina Wajed, era stata eletta trionfalmente, si era impegnata
a creare tribunali speciali per portare alla sbarra tutti gli accusati di omicidi
e stupri durante la guerra di indipendenza dell'ex Pakistan orientale tra il marzo
e il dicembre del 1971. La nascita del Bangladesh costituì l'ultimo passo della spartizione
dell'Impero britannico delle Indie, annunciata nella notte del 14 agosto del 1946,
da cui nacquero il Pakistan e l'India. (Panoramica internazionale a cura di Fausta
Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno
LV no. 276