“Cose dell’altro mondo”: film sull’emigrazione entrata nel nostro vissuto quotidiano
La parola emigrazione entrata nel nostro vocabolario quotidiano, declinata sui media
più spesso al negativo che al positivo, viene ripresa in chiave cinematografica nel
film “Cose dell’altro mondo” del regista Francesco Patierno, in questi giorni nelle
sale italiane. Il servizio di Roberta Gisotti:
Una commedia
su un tema, l’emigrazione, di grande attualità sociale, economica, politica, tanto
che il film ha suscitato dibattito in Parlamento. Ambientato in una ricca cittadina
del Nord Est Italia, con tanti lavoratori immigrati. Protagonista principale un ricco
imprenditore, interpretato da Diego Abatantuono, intriso di pregiudizi razzisti. Il
che porterà ad un evento paradossale che vedrà partire tutti gli immigrati lasciando
un vuoto imprevisto nella comunità. Francesco Patierno, regista
di "Cose dell’altro mondo": quale lettura del fenomeno emigrazione prevale nel suo
film?
R. - Una lettura sentimentale. Volevo lavorare non tanto sulla
domanda della sparizione intesa in termini economici: se gli extracomunitari scomparissero
l’Italia andrebbe in rovina?, ma sulle conseguenze emotive dovute alla loro mancanza.
Il film vuole dare quindi una suggestione in questo senso.
D. - Per
questo il film porta il sottotitolo: “Per farsi notare bisogna scomparire”?
R.
- Assolutamente. In questo film seguiamo le vicende di tre protagonisti - Diego Abatantuono,
Valerio Mastrandrea e Valentina Lodovini -, ed ognuno di loro reagisce in maniera
diversa alla scomparsa di un extracomunitario che, in qualche modo, ruotava intorno
alla loro vita. Tutti e tre compiono un percorso che, alla fine, li porterà ad una
diversa consapevolezza di sé rispetto all’inizio.
D. - Lei crede quindi
che l’ironia ed anche la risata piena, al cinema, possano aiutare a superare stereotipi,
pregiudizi e contraddizioni del vivere sociale o semplicemente li documentano e basta,
e quindi si può anche uscire dalla sala con l’amaro in bocca?
R. - Io
penso che per un argomento così importante un tono serioso, intellettualistico e retorico
probabilmente non porterebbe allo spettatore le giuste suggestioni. Credo invece che
un’ironia non banale possa far riflettere molto di più del dramma.
D.
- “Cose dell’altro mondo” trae spunto da un altro film, “Una giornata senza messicani”,
co-prodotto da Stati Uniti, Messico e Spagna. Quali sono i punti in comune tra le
due pellicole rispetto al tema dell’immigrazione, che è certamente un fenomeno globale?
R.
- Punti di contatto non ce ne sono, se non quello dello spunto iniziale, ossia la
sparizione, anche perché si tratta di due realtà diverse.
D. - Quale
esperienza di riflessione personale ha tratto nel girare questo film?
R.
- A me piaceva portare le persone ad avere un’epifania, che tra l’altro è una cosa
semplicissima: rendersi conto che poi, alla fine, si è uguali anche con persone che
provengono da luoghi molto lontani.
D. - Secondo lei questa è una pellicola
adatta anche ai ragazzi?
R. - Assolutamente sì. Ho portato mio figlio
di sei anni a vederla ed ha colto gran parte dei contenuti, anche perché nel film
alcuni dei protagonisti sono dei bambini. (vv)