Degrado nella vita pubblica. Il cardinale Bagnasco: "c'è da purificare l'aria"
Numerose reazioni hanno suscitato le parole pronunciate ieri a Roma dal cardinale
Angelo Bagnasco nella prolusione alla sessione autunnale del Consiglio episcopale
permanente. Il presidente della Cei ha affermato che “la collettività guarda con sgomento
gli attori della scena pubblica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene pericolosamente
fiaccata”. L’Italia, però, ha una missione e non deve autodenigrarsi. Alessandro
Guarasci:
Una forma
di insicurezza sta attanagliando l’Italia. Per il cardinale Bagnasco i segnali preoccupanti
sono molti:
“Non è la prima volta che ci occorre di annotarlo: chiunque
sceglie la militanza politica, deve essere consapevole della misura e della sobrietà,
della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda.
Si rincorrono, con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi
rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il
decoro delle istituzioni e della vita pubblica”.
Insomma, c’è una
questione morale, che "non è un’invenzione mediatica", “c’è da purificare l’aria”.
Per il cardinale si assiste a “un deterioramento del costume e del linguaggio pubblico,
nonché la reciproca, sistematica denigrazione”. Un “regolamento di conti” che è “prevalente
rispetto ai compiti istituzionali” e che non porta sviluppo, che non affronta il nodo
della mancanza di lavoro. Ne consegue che non ci sono né vincitori né vinti e servono
quindi comportamenti responsabili, nobili, congrui. E’ un richiamo alla classe politica
che ha doveri di trasparenza ed economicità. La corruzione rimane un’emergenza:
“Specie
in situazioni come quella attuale, ci è d’obbligo richiamare il principio prevalente
dell’equità che va assunto con rigore e applicato senza sconti, rendendo meno insopportabili
gli aggiustamenti più austeri. È sull’impegno a combattere la corruzione, piovra inesausta
dai tentacoli mobilissimi, che la politica oggi è chiamata a severo esame”.
Ed
ancora: “Non si capisce quale legittimazione possano avere in un consorzio democratico
i comitati di affari che, si auto-impongono attraverso il reticolo clientelare, andando
a intasare la vita pubblica con remunerazioni – in genere – tutt’altro che popolari”.
Massima severità nei confronti degli evasori fiscali, e “in merito alla gestione degli
enti dipendenti dalle diocesi – il cardinale dice - essa si ispira ai criteri della
trasparenza, senza i quali non potrebbe sussistere l’estimazione da parte di molti.
Se abusi si dovessero accertare, siano perseguiti secondo giustizia, in linea con
le norme vigenti”. Sull’impegno dei cattolici in politica, sì poi a un soggetto culturale
d’interlocuzione, senza nostalgie è ingenue illusioni. La speranza è riposta nei giovani,
perché essi possono essere protagonisti di un cambiamento spirituale e culturale,
senza il quale nessuna soluzione tecnica può reggere.