Argentina: mons. Casaretto, chiede a tutti i politici di porre il potere al servizio
del bene comune
Chi ha autorità e potere può usarli per soddisfare il proprio ego, anche contro il
bene dell’altro, o in modo positivo, aiutando il prossimo bisognoso e impegnandosi
per la costruzione del bene comune. Lo ha sottolineato mons. Alcides Jorge Pedro Casaretto,
vescovo di San Isidro e presidente della Commissione di pastorale sociale della Conferenza
episcopale argentina, rivolto a leader politici, di sindacati, gruppi giovanili d’impegno
sociale, movimenti e associazioni ecclesiali, in occasione dell’XI Assemblea nazionale,
svoltasi presso il santuario di Nuestra Señora de Luján, nell’ambito del programma
di formazione e riflessione per il Bicentenario dell’Argentina nella giustizia e nella
solidarietà 2010-2016. Mons. Casaretto – riferisce l’Osservatore Romano - ha offerto
spunti di riflessione sul delicato tema della “partecipazione politica finalizzata
alla trasformazione sociale, al bene delle persone e della società”. Il presule ha
evidenziato il rischio, purtroppo diffuso, di un’azione politica e sociale che precipita
sempre più nella mediocrità e si mostra incapace di fronteggiare i reali problemi
della gente, ponendosi non al servizio del bene comune, ma di interessi personali
e corporativi. La gestione del potere politico è la dedizione al bene comune, che
è “il bene di tutti e di ciascuno”, in un quadro nel quale “siamo tutti responsabili
di tutti”, come indicato da Giovanni Paolo II nell’enciclica “Sollicitudo rei socialis”.
Alla luce di tali principi - ha osservato mons. Casaretto - l’impegno per l’etica
pubblica è indissociabile dall’impegno etico sul piano personale; va cioè rifiutata
la logica della maschera, che coniughi “vizi privati e pubbliche virtù”. La credibilità
del politico va misurata sulla sua fedeltà effettiva ai valori proclamati (primi fra
tutti la difesa della vita, la famiglia, l’educazione). I politici non sono al servizio
del potente di turno, ma del popolo. Essi perciò devono stare vicino alla gente, ascoltarne
i problemi, farsi voce delle loro istanze di giustizia e attese di carità. La dialettica
politica - ha esortato il presule - va sempre subordinata alla ricerca delle convergenze
possibili per “lavorare insieme al servizio del bene comune”. Si esigono corresponsabilità
e dialogo più che contrapposizioni ispirate a interessi personali o di gruppo. E ancora
è indispensabile accettare la gradualità necessaria al conseguimento delle mete. La
logica populista del “tutto e subito” ha spesso motivato promesse non mantenute. Secondo
il presule va considerato come scopo del proprio servizio politico anche il bene degli
avversari politici, i quali non sono “nemici da eliminare, ma garanzia di confronto
critico in vista del discernimento delle vie migliori per giungere al bene comune”.
Occorre operare entrando in questa logica. Spetta alla Chiesa non l’indicazione delle
strategie tecniche per risolvere i problemi della gente, ma la formazione delle coscienze,
“la formulazione di un’etica dell’impegno politico che, ispirandosi al Vangelo, non
può non schierarsi dalla parte dei più poveri e di quelli che non hanno voce in capitolo”.
Spetta ai cattolici - ha concluso mons. Casaretto - rimboccarsi le maniche, evitando
di rifugiarsi in un deleterio intimismo di fede per “coniugare la celebrazione con
la vita, l’azione con la contemplazione, l’impegno ecclesiale con quello politico”.
(R.G.)