Arabia Saudita: riconsciuti i diritti politici delle donne
Reazioni positive in gran parte della comunità internazionale alla decisione della
monarchia saudita di riconoscere i pieni diritti politici alle donne. Si tratta di
una decisione che rappresenta un primo passo nell’auspicato processo di emancipazione
in Arabia, un Paese dove il mondo femminile sconta una forte emarginazione. Donne
entreranno a far parte del Consiglio consultivo islamico della Shura, potranno votare
ed essere votate nelle consultazioni elettorali. Giancarlo La Vella ha intervistato
Paolo Branca, esperto di Islam e Paesi arabi, docente all’Università cattolica
di Milano:
R. - E’ un
segnale interessante, perché essendoci in Arabia Saudita più donne che uomini laureati,
ormai è già avvenuta nella società una trasformazione che le istituzioni non possono
più ignorare. Quindi, una donna che studia più a lungo, probabilmente, non accetta
facilmente matrimoni combinati e soprattutto vuole partecipare alla vita sociale e
politica del suo Paese. Quindi, anche se sono soltanto riforme annunciate, sono timidi
segnali che vanno però in una direzione abbastanza precisa.
D. - Secondo
lei, è stata una decisione presa quasi per prevenire che la "Primavera araba" tocchi
anche questo Paese?
R. - Sicuramente le "Primavere arabe" hanno coinvolto
anche dei sauditi e delle saudite. Ci sono dei blogger dell’Arabia Saudita, uomini
e donne, che hanno partecipato a modo loro a questo grande scambio di idee nel mondo
arabo. Siccome la maggior parte del mondo arabo è anche islamico nel quale le donne
hanno una vita sociale, un’indipendenza e un’autonomia che in Arabia ancora non è
consentita, penso che una specie di contagio ci sia sicuramente stato. Che questo
possa mettere addirittura in crisi la monarchia saudita, ovviamente mi sembra molto
più difficile.
D. - L’ingresso delle donne in politica, in qualche modo
è stato accolto con favore da quasi tutta la Comunità internazionale. Quali riflessi,
a livello politico, nei rapporti con il mondo?
R. – Penso che finalmente
si debba andare verso una normalizzazione: cioè, c’è un minimo standard per quanto
riguarda la dignità della donne, che in determinate altre categorie dovrebbe essere
loro riconosciuta in tutto il mondo e che, al di là dei trattati internazionali, delle
dichiarazioni di principio, dovrebbe essere moneta corrente nei rapporti internazionali.
Speriamo che questo contribuisca a muoverci in tale direzione. Penso che questa sia
una piaga nascosta che dovrà essere sanata perché uno Stato moderno non può tollerare
che si possano avallare comportamenti anche moralmente molto discutibili. (ma)