Benedetto XVI nella Messa davanti al Duomo di Erfurt: la storia ci ha segnato, ma
dove c'è Dio c'è futuro
E' stata la campana "Gloriosa" del Duomo di Erfurt, la più grande del mondo, a salutare
l'arrivo di Benedetto XVI, che questa mattina, nella piazza antistante al Duomo, ha
presieduto la Messa davanti a oltre 30 mila persone. Di seguito, il testo dell'omelia
pronunciata dal Papa:
Cari fratelli e sorelle! “Lodate il Signore
in ogni tempo, perché è buono”: così abbiamo appena cantato prima del Vangelo. Sì,
abbiamo veramente motivo per ringraziare Dio con tutto il cuore. Se in questa città
torniamo indietro col pensiero al 1981, l’anno giubilare di sant’Elisabetta, trent’anni
fa, ai tempi della DDR – chi avrebbe immaginato che il muro e il filo spinato alle
frontiere sarebbero caduti pochi anni dopo? E se andiamo ancora più indietro, di circa
settant’anni fino al 1941, ai tempi del nazionalsocialismo, nella grande guerra –
chi avrebbe potuto predire che il cosiddetto “Reich millenario” sarebbe stato ridotto
in cenere già quattro anni dopo? Cari fratelli e sorelle, qui in Turingia
e nell’allora DDR avete dovuto sopportare una dittatura “bruna” [nazista] e una “rossa”
[comunista], che per la fede cristiana avevano l’effetto che ha la pioggia acida.
Tante conseguenze tardive di quel tempo sono ancora da smaltire, soprattutto nell’ambito
intellettuale e religioso. La maggioranza della gente in questa terra vive ormai lontana
dalla fede in Cristo e dalla comunione della Chiesa. Gli ultimi due decenni, però,
presentano anche esperienze positive: un orizzonte più ampio, uno scambio al di là
delle frontiere, una fiduciosa certezza che Dio non ci abbandona e ci conduce per
vie nuove. “Dove c’è Dio, là c’è futuro”. Noi tutti siamo convinti che la
nuova libertà abbia aiutato a conferire agli uomini una dignità più grande e ad aprire
molteplici nuove possibilità. Dal punto di vista della Chiesa possiamo sottolineare
con gratitudine molte facilitazioni: nuove possibilità per le attività parrocchiali,
la ristrutturazione e l’ampliamento di chiese e di centri parrocchiali, iniziative
diocesane di carattere pastorale o culturale. Ma naturalmente si pone la domanda:
queste possibilità ci hanno portato anche a crescita nella fede? Non bisogna forse
cercare le radici profonde della fede e della vita cristiana in ben altro che non
nella libertà sociale? Molti cattolici risoluti sono rimasti fedeli a Cristo e alla
Chiesa proprio nella difficile situazione di un’oppressione esteriore. E oggi, qual
è la situazione? Queste persone hanno accettato svantaggi personali pur di vivere
la propria fede. Vorrei qui ringraziare i sacerdoti e i loro collaboratori e collaboratrici
di quei tempi. In particolare, vorrei ricordare la pastorale dei rifugiati immediatamente
dopo la seconda guerra mondiale: allora molti ecclesiastici e laici hanno compiuto
grandi cose per attenuare la situazione penosa dei profughi e donare loro una nuova
Patria. Non da ultimo, un ringraziamento sincero va ai genitori che, in mezzo alla
diaspora e in un ambiente politico ostile alla Chiesa, hanno educato i loro figli
nella fede cattolica. Vorrei ricordare con gratitudine le Settimane Religiose per
i bambini durante le vacanze, come anche il lavoro fruttuoso delle Case per la gioventù
cattolica “Sankt Sebastian” a Erfurt e “Marcel Callo” a Heiligenstadt. Specialmente
nell’Eichsfeld molti cristiani cattolici hanno resistito all’ideologia comunista.
Voglia Dio ricompensare abbondantemente tutti per la perseveranza nella fede. La testimonianza
coraggiosa e la paziente fiducia nella provvidenza di Dio sono come un seme prezioso
che promette un abbondante frutto per il futuro. La presenza di Dio si manifesta
sempre in modo particolarmente chiaro nei suoi santi. La loro testimonianza di fede
può darci anche oggi il coraggio per un nuovo risveglio. Pensiamo qui soprattutto
ai santi Patroni della Diocesi di Erfurt: Elisabetta di Turingia, Bonifacio e Kilian.
Elisabetta venne da un Paese estero, dall’Ungheria, a Wartburg in Turingia. Condusse
una vita intensa di preghiera, unita alla penitenza e alla povertà evangelica. Scendeva
regolarmente dal suo castello nella città di Eisenach per curarvi di persona i poveri
e i malati. La sua vita su questa terra durò poco – raggiunse soltanto l’età di ventiquattro
anni –, ma il frutto della sua santità dura oltre i secoli. Sant’Elisabetta gode grande
stima anche da parte dei cristiani evangelici; può aiutare tutti noi a scoprire la
pienezza della fede, la sua bellezza e la sua profondità e la sua forza trasformatrice
e purificatrice e a tradurla nella nostra vita quotidiana. Alle radici cristiane
del nostro Paese rimanda anche la fondazione della Diocesi di Erfurt nell’anno 742
da parte di san Bonifacio. Questo evento costituisce, al contempo, la prima menzione
documentata della città di Erfurt. Il Vescovo missionario era venuto dall’Inghilterra;
il suo metodo di lavoro prevedeva l’unione essenziale e stretta con il vescovo di
Roma, il Successore di San Pietro. Egli sapeva che la Chiesa deve essere una intorno
a Pietro. Lo veneriamo come “Apostolo della Germania”; morì martire. Due dei suoi
compagni che condivisero con lui la testimonianza del sangue per la fede cristiana
sono seppelliti qui, nel Duomo di Erfurt: sono i santi Eoban ed Adelar. Già
prima dei missionari anglosassoni ha operato in Turingia san Kilian, un missionario
itinerante che proveniva dall’Irlanda. Insieme con due compagni egli morì martire
a Würzburg, perché criticava il comportamento moralmente sbagliato del duca di Turingia
lì residente. Infine, non vogliamo dimenticare san Severo, il Patrono della Severikirche
qui nella Piazza del Duomo: nel quarto secolo, egli era Vescovo di Ravenna; nell’anno
836, le sue spoglie vennero portate a Erfurt, per radicare più profondamente la fede
cristiana in questa regione. Dai morti, però, si è estesa la testimonianza della Chiesa
imperitura, della fede che feconda tutti i tempi e che ci mostra la via della vita. Domandiamo:
che cosa hanno in comune questi santi? Come possiamo descrivere l’aspetto particolare
della loro vita e pure comprendere, che riguarda anche noi e che può operare nella
nostra vita? I santi ci mostrano intanto che è possibile e che è bene vivere in rapporto
con Dio e vivere questo rapporto in modo radicale, mettere Dio al primo posto e non
riservargli semplicemente un angolino da qualche parte. I santi ci rendono evidente
il fatto che Dio, dal canto suo, per primo si è rivolto verso di noi. Noi non potremmo
anelare a lui e in qualche modo spingerci nell’ignoto, se prima lui non ci avesse
amato, se prima lui non ci fosse venuto incontro. Dopo essere già andato incontro
ai Padri nelle parole della chiamata, egli si è manifestato a noi in Gesù Cristo stesso
e continua a manifestarsi a noi. Cristo ci viene incontro, parla ad ognuno e lo invita,
come lo ha appena fatto nel Vangelo, invita ciascuno di noi ad ascoltarlo, ad imparare
a conoscerlo ed a seguirLo. Questa chiamata e questa possibilità, i santi l’hanno
valorizzata, hanno riconosciuto il Dio concreto, lo hanno visto ed ascoltato e gli
sono andati incontro, sono andati con lui. Si sono, per così dire, lasciati contagiare
da Lui dal loro intimo e si sono protesi verso di Lui – nel continuo dialogo della
preghiera – e da Lui hanno ricevuto la luce che dischiuse loro la vita vera. La
fede è sempre anche essenzialmente un credere insieme con gli altri. Nessuno può credere
da solo. Noi riceviamo la fede – così ci dice Paolo – tramite l’ascolto, e ascoltare
è un processo dello stare insieme, spiritualmente e fisicamente. Soltanto nel grande
stare insieme dei fedeli di ogni tempo che hanno trovato Cristo e che da Cristo sono
stati trovati, io posso credere,Il fatto di poter credere lo devo innanzitutto a Dio
che si rivolge a me e, per così dire, “accende” la mia fede. Ma molto concretamente
devo la mia fede a coloro che mi sono vicini e che hanno creduto prima di me e credono
insieme con me. Questo grande “con”, senza il quale non può esserci alcuna fede personale,
è la Chiesa. E questa Chiesa non si ferma davanti alle frontiere dei Paesi, lo dimostrano
le nazionalità dei santi da me menzionati: Ungheria, Inghilterra, Irlanda, e
Italia. Qui si evidenzia quanto sia importante lo scambio spirituale che si espande
attraverso l’intera Chiesa universale, che però è fondamentale per il divenire della
Chiesa nel nostro Paese – e rimane fondamentale per tutti i tempi – che crediamo insieme
attraverso i continenti e che impariamo a credere gli uni dagli altri. Se noi ci apriamo
a tutta la fede in tutta la storia e nelle sue testimonianze in tutta la Chiesa, allora
la fede cattolica ha un futuro anche come forza pubblica in Germania. Al tempo stesso
le figure dei santi che ho ricordato ci mostrano la grande fecondità di una vita con
Dio, la fecondità di questo amore radicale per Dio e per il prossimo. I santi, anche
se sono soltanto pochi, cambiano il mondo. E i grandi santi rimangono forze che possono
cambiare il mondo per tutti i tempi. Così i cambiamenti politici dell’anno
1989 nel nostro Paese non erano motivati soltanto dal desiderio di benessere e di
libertà di movimento, ma, in modo decisivo, anche dal desiderio di veracità. Questo
desiderio venne tenuto desto, fra l’altro, da persone che stavano totalmente al servizio
di Dio e del prossimo ed erano disposte a sacrificare la propria vita. Essi e i santi
ricordati ci danno il coraggio di trarre profitto dalla nuova situazione. Non vogliamo
nasconderci in una fede solamente privata, ma vogliamo gestire in modo responsabile
la libertà raggiunta. Come i santi Kilian, Bonifacio, Adelar, Eoban ed Elisabetta
di Turingia vogliamo andare incontro ai nostri concittadini da cristiani ed invitarli
a scoprire con noi la pienezza della Buona Novella, la loro presenza e la loro forza
vitale e la loro bellezza. Allora assomiglieremo alla famosa campana del Duomo di
Erfurt che porta il nome di “Gloriosa”. Essa è ritenuta la più grande campana medioevale
del mondo ad oscillazione libera. È un segno vivo del nostro profondo radicamento
nella tradizione cristiana, ma anche un richiamo a metterci in cammino ed impegnarci
nella missione. Suonerà anche oggi alla fine della Messa solenne. Possa allora stimolarci
a rendere visibile ed udibile – secondo l’esempio dei santi – la testimonianza nel
mondo, a rendere udibile e visibile la gloria di Dio e così vivere in un mondo, nel
quale Dio c’è e da un senso alla vita e la rende vita bella.