2011-09-23 16:52:25

Yemen: nuovi scontri a Sanaa, il presidente Saleh rientrato nel Paese


Nello Yemen situazione di alta tensione. Infuriano i combattimenti tra oppositori e truppe lealiste, soprattutto nella capitale Sanaa. Quasi una decina le vittime registrate nelle ultime ore di scontri armati. Intanto fa notizia il rientro nel Paese arabo del presidente Alì Abdullah Saleh, dopo un lungo periodo di convalescenza in Arabia Saudita. C’è attesa per quanto il contestato capo dello Stato dirà in un annunciato discorso alla Nazione. Smentita dal suo entourage la possibilità che si dimetta. Ma quali sono i connotati della crisi yemenita rispetto alle altre crisi arabe? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Farian Sabahi, giornalista e docente universitaria, esperta di Medio Oriente:RealAudioMP3

R. - Se facciamo un confronto con gli altri Paesi arabi, lo Yemen è indubbiamente il Paese più povero: il reddito medio procapite annuo è di circa 1000 dollari. Il vero confronto va fatto tra lo Yemen ed i Paesi della penisola araba: con i suoi 24 milioni di abitanti lo Yemen è certamente il Paese più popoloso, ma è anche quello più povero, soprattutto per quanto riguarda il petrolio. Un terzo della popolazione yemenita soffre la fame cronica ed il 42 per cento vive invece sotto la soglia di povertà, quindi con meno di due dollari al giorno.

D. - In questo momento chi è che contesta Saleh?

R. - Sicuramente il partito islamico che una volta era alleato con il presidente. Ci sono anche dei generali che hanno disertato nel momento in cui il presidente Saleh ha ordinato ai cecchini di sparare sulla folla. L’opposizione è sicuramente eterogenea, e fra le sue file conta anche diverse donne attiviste. Queste rivolte hanno portato ad una maggior consapevolezza da parte delle donne, che sono più coinvolte di quanto non lo fossero prima, in un Paese in cui tra l’altro la segregazione femminile era la regola. Queste donne hanno fatto di necessità virtù: nel momento in cui padri, mariti e fratelli sono stati arrestati e si sono trovate da sole, sono dovute scendere in piazza. Le rivendicazioni che fanno queste donne riguardano il fatto di non fare affidamento sul livello numerico delle manifestazioni di piazza ma di contare, soprattutto, sulla possibilità di riscrivere la Costituzione dello Yemen.

D. - Che cosa potrebbe significare, per il Paese, l’uscita di scena di Saleh?

R. - L’uscita di scena di Saleh non è una cosa certa. Resta da vedere che cosa dirà il presidente nel discorso alla nazione, previsto per oggi. Il problema non è soltanto lui. Il problema è il suo clan, i suoi figli e nipoti, che sono a capo dei servizi segreti e dei servizi di sicurezza. Il clan ha soprattutto dei legami con gli Stati Uniti, perché in questi 10 anni, dall’11 settembre, hanno portato avanti la lotta al terrorismo. Temo, quindi, che non ci sia la volontà di una certa diplomazia internazionale a sbarazzarsi di tutto il clan di Saleh e questo non potrà che causare un’ulteriore violenza, perché difficilmente l’opposizione permetterà al clan di Saleh di rimanere in sella. (vv)







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