L’arcivescovo di Tunisi a Lampedusa: il problema va affrontato con serietà
“Da una parte la stanchezza di una piccola isola del Mediterraneo i cui abitanti pensano
che gli si stia chiedendo più di quanto possano offrire; dall’altra migliaia di giovani
tunisini che cercano un futuro migliore, lontano dal loro Paese, spinti dalla disperazione
di chi dopo aver rischiato la vita per attraversare il Mediterraneo non vuole essere
rimpatriato”. Con queste parole l’arcivescovo di Tunisi, mons. Maroun Elias Lahham,
che da qualche giorno si trova a Lampedusa per partecipare alle celebrazioni della
festa patronale della Madonna di Porto Salvo, ha commentato gli scontri che sono avvenuti
nei giorni scorsi sull’isola. Il presule ha incontrato le donne, i bambini e i disabili,
circa 130 persone, ospitate nella ex base Loran e ha celebrato per loro la Messa in
parrocchia: “Le donne, i bambini e i disabili sono i più fragili e i più vulnerabili,
quelli che soffrono di più”, ha detto. Non gli è stato, invece, permesso, incontrare
i giovani tunisini, dei quali comprende la disperazione: “Su cento persone che arrivano
a Lampedusa quanti perdono la vita? Se trovassero opportunità nel proprio Paese sarebbero
meno tentati di fuggire”, ha aggiunto facendo riferimento in particolare al comparto
turistico: un settore che ha lasciato almeno 400mila giovani senza lavoro a causa
di una diminuzione delle presenze del 40% rispetto al 2010. Parole di esortazione
a risolvere la situazione, l’arcivescovo le spende, infine, per i governanti: “Il
momento difficile è già passato, ora è il momento della riconciliazione e di una riflessione
più profonda sul fenomeno dell’immigrazione – ha detto – ci sarà sempre gente povera
che proverà a venire in Europa e questa situazione va affrontata con calma, positività
e con soluzioni pratiche che corrispondano ai bisogni di questi giovani”. (R.B.)