Il Papa alle comunità musulmane della Germania: collaboriamo sulla base di principi
e diritti condivisi
Un importante incontro con i responsabili di 15 comunità musulmane tedesche ha aperto
la mattina di impegni di Benedetto XVI, al suo secondo giorno della visita apostolica
in Germania. Di seguito il testo del discorso rivolto al monso islamico nella Nunziatura
di Berlino:
Cari amici musulmani, mi è gradito porgere qui, oggi,
un saluto a Voi, Rappresentanti di diverse comunità musulmane presenti in Germania.
E molto cordialmente ringrazio il professore Mouhanad Khorchide per le cortesi parole
di saluto e per le riflessioni profonde che ci ha presentato. Esse mostrano come è
cresciuta un’atmosfera di rispetto e di fiducia tra la Chiesa cattolica e le comunità
musulmane in Germania e diventi così visibile quello che abbiamo in comune e che ci
sostiene. Berlino è un luogo opportuno per un tale incontro, non solo perché
qui si trova la moschea più antica in Germania, ma anche perché a Berlino vive il
numero più grande di musulmani rispetto a tutte le altre città della Germania. A
partire dagli anni ‘70, la presenza di numerose famiglie musulmane è divenuta sempre
di più un tratto distintivo di questo Paese. Sarà tuttavia necessario impegnarsi costantemente
per una migliore reciproca conoscenza e comprensione. Ciò è essenziale non solo per
una convivenza pacifica, ma anche per l’apporto che ciascuno è in grado di dare per
la costruzione del bene comune all’interno della medesima società. Molti
musulmani attribuiscono grande importanza alla dimensione religiosa. Ciò, a volte,
è interpretato come una provocazione in una società che tende ad emarginare questo
aspetto o ad ammetterlo tutt’al più nella sfera delle scelte private dei singoli. La
Chiesa cattolica si impegna fermamente perché venga dato il giusto riconoscimento
alla dimensione pubblica dell’appartenenza religiosa. Si tratta di un’esigenza che
non diventa irrilevante nel contesto di una società maggiormente pluralista. Va fatta,
però, attenzione che il rispetto verso l’altro sia sempre mantenuto. Il rispetto reciproco
cresce solo sulla base dell’intesa su alcuni valori inalienabili, propri della natura
umana, soprattutto l’inviolabile dignità di ogni persona in quanto Creatura di Dio.
Tale intesa non limita l’espressione delle singole religioni; al contrario, permette
a ciascuno di testimoniare in modo propositivo ciò in cui crede, non sottraendosi
al confronto con l’altro. In Germania – come in molti altri Paesi non solo
occidentali – tale quadro di riferimento comune è rappresentato dalla Costituzione,
il cui contenuto giuridico è vincolante per ogni cittadino, che sia appartenente o
meno ad una confessione religiosa. Naturalmente il dibattito sulla migliore
formulazione di principi come la libertà di culto pubblico, è vasto e sempre aperto,
tuttavia è significativo il fatto che la Legge Fondamentale tedesca li esprima in
un modo ancora oggi valido, a distanza di più di 60 anni (cfr art. 4, 2). In essa
troviamo espresso prima di tutto quell’ethos comune che è alla base della convivenza
civile e che in qualche modo segna anche le regole apparentemente solo formali del
funzionamento degli organi istituzionali e della vita democratica. Potremmo
chiederci come possa un tale testo, elaborato in un’epoca storica radicalmente diversa,
cioè in una situazione culturale quasi uniformemente cristiana, essere adatto alla
Germania di oggi, che vive in una situazione globalizzata nel contesto di un mondo
globalizzato ed è segnata da un notevole pluralismo in materia di convinzioni religiose. La
ragione di ciò, mi pare, si trova nel fatto che i padri della Legge Fondamentale ebbero
la piena consapevolezza, in quel momento importante, di dover cercare un terreno veramente
solido, sul quale tutti i cittadini potessero riconoscersi e che potesse essere base
portante al di là di ogni differenza. Nel fare ciò, essi non prescindevano dalla propria
appartenenza religiosa; per molti di loro, anzi, la visione cristiana dell’uomo era
la vera forza ispiratrice. Tuttavia sapevano che tutti gli uomini devono confrontarsi
con basi confessionali diverse o addirittura non religiose: il terreno comune per
tutti fu trovato nel riconoscimento di alcuni diritti inalienabili, che sono propri
della natura umana e che precedono ogni formulazione positiva. In questo
modo una società all’epoca sostanzialmente omogenea pose il fondamento che oggi possiamo
riconoscere valido per un tempo segnato dal pluralismo. Fondamento che, in realtà,
indica anche degli evidenti confini a tale pluralismo: non è pensabile, infatti, che
una società possa sostenersi nel lungo termine senza un consenso sui valori etici
fondamentali. Cari amici, sulla base di quanto ho qui accennato, penso che
sia possibile una collaborazione feconda tra cristiani e musulmani. E in questo modo
contribuiamo alla costruzione di una società che, sotto molti aspetti, sarà diversa
da ciò che abbiamo portato con noi dal passato. In quanto uomini religiosi, a partire
dalle rispettive convinzioni possiamo dare una testimonianza importante in molti settori
cruciali della vita sociale. Penso, ad esempio, alla tutela della famiglia fondata
sul matrimonio, al rispetto della vita in ogni fase del suo naturale decorso o alla
promozione di una più ampia giustizia sociale. Anche per questo ritengo
importante celebrare una Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace
e la giustizia del mondo; e vogliamo fare questo – come ben sapete – il prossimo 27
ottobre ad Assisi, a 25 anni dallo storico incontro in quel luogo guidato dal mio
Predecessore, il Beato Giovanni Paolo II. Con tale raduno vogliamo mostrare, con semplicità,
che da uomini religiosi noi offriamo il nostro particolare contributo per la costruzione
di un mondo migliore, riconoscendo al tempo stesso la necessità, per l’efficacia della
nostra azione, di crescere nel dialogo e nella stima reciproca. Con questi
sentimenti rinnovo il mio cordiale saluto e vi ringrazio per questo incontro, che
arricchisce il mio soggiorno nella mia patria. Grazie per la vostra attenzione!