Filippine: a Mindanao allarme terrorismo e fermenti dell’islam integralista
Gruppi criminali terroristi in cerca di visibilità; incertezza sulle prospettive politiche
future; infiltrazioni dell’islam integralista dall’estero; stallo nel processo di
pace e nelle elezioni per la Regione Autonoma Musulmana: sono queste le principali
ragioni dietro l’allarme terrorismo - anche per luoghi e leader cristiani - e della
fase di forte instabilità che si registra a Mindanao, grande isola nel sud delle Filippine,
interessata da un trentennale conflitto fra gruppi musulmani ribelli e il governo
di Manila. Lo spiega in un colloquio con l’agenzia Fides padre Sebastiano D’Ambra,
del Pime, missionario di lungo corso nelle Filippine e fortemente impegnato in un’opera
di dialogo cristiano-islamico nel sud delle Filippine. “La minaccia è reale e il governo
sta offrendo protezione e scorte ai leader e ai luoghi cristiani”, racconta il missionario.
“Vi sono diversi elementi che contribuiscono a questa condizione di instabilità. Da
un lato vi sono gruppi criminali, come ‘Abu Sayyaf’, in cerca di visibilità e che
vogliono ribadire la loro presenza. L’attuale fase di stallo nel processo di pace
e il rinvio delle elezioni nella Regione Autonoma Musulmana di Mindanao ha ingenerato
malcontento”. Intanto, prosegue il missionario, “le componenti della società civile
e dei gruppi tribali (i lumad) restano escluse e rivendicano i loro diritti. Sono
favorevole a un approccio maggiormente inclusivo nelle trattative di pace, dato che
attualmente il governo sta trattando solo con il Moro Islamic Liberation Front”. Sulle
ragioni per colpire obiettivi cristiani, padre D’Ambra spiega che “essi garantiscono
pubblicità”. Inoltre non va dimenticata “la diffusione di una visione integralista
e restrittiva dell’islam, alimentata da Stati esteri attraverso fondi, programmi culturali,
predicatori e moschee, che hanno un approccio non certo favorevole al dialogo con
i cristiani”. In tuttaltro senso va l’opera di padre D’Ambra, impegnato con il suo
movimento per il dialogo “Silsilah”, che “accoglie le aspirazioni di gran parte dalla
popolazione di Mindanao, stanca di un conflitto che dura da decenni”. “Il lavoro di
dialogo, per costruire una cultura di pace - ha detto - procede soprattutto con i
leader religiosi e con i giovani musulmani e cristiani di scuole e università, che
sono il futuro del Paese”. (R.P.)