Cresce l’attesa in vista dell’appello palestinese all’Onu per il riconoscimento di
un proprio Stato, che il leader Abu Mazen ha annunciato per domani. In un intervento
al Palazzo di vetro di New York, il presidente americano Obama ha ribadito di essere
contrario all’idea di una risoluzione che passi per le Nazioni Unite, auspicando una
riapertura delle trattative. Gelida la reazione del presidente francese, Nicolas Sarkozy.
E oggi sarà il turno dell’iraniano Ahmadinejad. Il servizio di Fabrizio Angeli:
“Non esistono
scorciatoie per porre fine a un conflitto che va avanti da decenni. La pace non verrà
dalle dichiarazioni e dalle risoluzioni dell’Onu”. È una bocciatura completa per le
ambizioni palestinesi quella pronunciata dal presidente americano Obama davanti all’Assemblea
generale delle Nazioni unite. Il braccio di ferro americano con l’Autorità nazionale
palestinese si concluderà quindi con il veto in Consiglio di sicurezza. Obama ha incontrato
personalmente il leader dell’Anp, Abu Mazen, e quello israeliano, Netanyahu, per tentare
di riavvicinare le parti e riaprire le trattative di pace. Si dissocia il presidente
francese, Sarkozy, che invece propone per i palestinesi lo status di Stato non membro
osservatore. Una situazione di cui oggi gode solo la Santa Sede e che riconoscerebbe
l’esistenza di una comunità territoriale palestinese sovrana, entro i confini del
’67. Intanto, la tensione cresce di ora in ora. Il segretario generale dell’Onu, Ban
Ki-moon, ha esortato l’israeliano Netanyahu ad agire con responsabilità. A prendere
la parola oggi sarà il presidente iraniano, Ahmadinejad, che è stato di nuovo attaccato
da Obama sulla questione dei diritti umani.
Sulle prospettive aperte dalla
richiesta palestinese e sulla possibilità di ripresa del negoziato, Giada Aquilino
ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali
all’Università di Firenze:
R. – Lo Stato
membro dell’Onu è uno Stato membro pieno e qualunque atto contro un membro dell’Onu
da parte di altri Stati, altrettanto membri, sarebbe sanzionato e darebbe l’avvio
a tutta una serie di processi politici e giuridici ovvi. Ma questo è un traguardo
francamente impossibile perché il veto americano è assolutamente garantito. Anche
il percorso di pace dei negoziati è un percorso impossibile perché sono anni che ci
si prova e che gli americani cercano di incoraggiarlo, ma in Israele soprattutto i
vari governi di destra - forse con l’eccezione di Olmert, nell’ultima fase - hanno
sempre tergiversato. L’unico percorso che può essere reale e concreto è quello delineato
dal presidente francese, Sarkozy: la Palestina, ha detto il capo dell’Eliseo, deve
accontentarsi al massimo dello status di Paese osservatore, che darebbe diritto di
partecipazione a varie agenzie, a vari organismi dell’Onu. Però, contemporaneamente,
ha aggiunto Sarkozy, ci vuole un processo di pace con tappe già prefissate, praticamente
una marcia forzata che impedisca a Israele di perdere tempo e di continuare la politica
degli insediamenti.
D. – Sarkozy ha proposto una vera e propria road
map, con la ripresa dei negoziati nell’arco di un mese e un accordo definitivo
israelo-palestinese entro un anno. Questi tempi potrebbero essere rispettati?
R.
– Gli americani probabilmente si opporranno, perché il presidente Obama è in campagna
elettorale, quindi un anno per lui significa l’anno della campagna elettorale. Detto
questo, se l’idea passa, sostenuta da un ampio arco di Stati, è difficile che gli
americani possano opporsi, anche perché così avrebbero già segnato l’unico punto che
importa loro, cioè quello di impedire che la Palestina diventi uno Stato membro a
tutti gli effetti. (bf)