Medio Oriente: oggi Obama incontra Abu Mazen e Netanyahu
C’è attesa per l’incontro del presidente americano, Barack Obama, con il leader dell’Autorità
nazionale palestinese, Abu Mazen, previsto stasera a margine dell’Assemblea generale
dell’Onu a New York. Obama dovrebbe incontrare nelle prossime ore anche il premier
israeliano, Benjamin Netanyahu. Intanto, l'Arabia Saudita fa sapere di aver donato
200 milioni di dollari alle autorità palestinesi per sostenere le spese necessarie
per presentare la richiesta di riconoscimento come Paese membro delle Nazioni Unite
prevista per questa settimana. Il servizio di Fabrizio Angeli:
Gli Stati
Uniti hanno solo due giorni a disposizione per cercare di evitare la mossa di Abu
Mazen, che venerdì ha intenzione di presentare all’Onu un appello per il riconoscimento
di uno Stato palestinese. La richiesta costringerebbe Obama a porre un veto al Consiglio
di sicurezza che preferirebbe evitare, per non peggiorare la propria situazione agli
occhi dell’opinione pubblica mediorientale. Tutta la diplomazia occidentale preme
ancora per riaprire il tavolo delle trattative di pace tra Israele e palestinesi lontano
dal Palazzo di vetro di New York, dove l’Anp sa di avere l’appoggio dell’intero mondo
arabo. Obama discuterà oggi con il premier Netanyahu la problematica situazione di
Israele, che ha elevato lo stato di allerta nel proprio territorio nazionale e in
Cisgiordania per il timore di manifestazioni della popolazione palestinese. E il nodo
israeliano è stato già ieri al centro del colloquio tra il presidente americano e
il turco Erdogan. “Si stanno facendo sforzi – ha dichiarato Obama – per migliorare
le relazioni tra Israele e Turchia dopo il tragico incidente della flottiglia umanitaria
a Gaza”.
Quattro donne morte nel Kurdistan turco All'indomani
dell'attentato ad Ankara, costato la vita a tre persone e il ferimento di quindici,
un altro attacco è avvenuto in Turchia nella provincia di Siirt, all'estremità sudorientale
dell'Anatolia, coincidente con una parte del Kurdistan turco. Il bilancio è di quattro
donne morte e di altre due che hanno riportato lesioni gravi.
Ancora morti
in Siria All'indomani della morte di sette civili siriani, altri tre sono stati
uccisi dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad nella regione nordoccidentale,
a ridosso del confine con la Turchia. Lo riferisce l'Osservatorio nazionale per i
diritti umani in Siria (Ondus), che precisa che da stamani sono ripresi i rastrellamenti
delle milizie lealiste alla ricerca dei soldati disertori nella provincia di Jabal
az Zawiya.
La condanna di Ban Ki-moon per l’assassinio di Rabbani Ferma
condanna ad un attacco che ha colpito “chi lavora per il ritorno della pace in Afghanistan”.
È la reazione del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, all’assassinio dell’ex
presidente afghano, Burhanuddin Rabbani, ucciso da due talebani ieri nella sua abitazione
di Kabul. Rabbani era al momento presidente dell'Alto Consiglio per la Pace, incaricato
del dialogo con gli insorti. Stamani, una folla di afghani ha marciato sotto la casa
dell’uomo politico, innalzando gigantografie di Rabbani e indossando fasce nere in
segno di lutto. L’attuale capo di Stato afghano, Hamid Karzai, appena appresa la notizia
ha lasciato l’Assemblea generale dell’Onu di New York per far rientro in patria. Sui
motivi di questo ennesimo assassinio in Afghanistan, Giada Aquilino ha intervistato
Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano:
R. - E’ ancora
presto per delineare i motivi di ciò che è successo. Rabbani era un personaggio molto
controverso, legato a uno dei periodi peggiori dell’Afghanistan, cioè l’Afghanistan
dei mujaheddin. Aveva molti nemici, tanto fra i talebani quanto all’interno di quella
"galassia" che sostiene il presidente Karzai. Certo, è un segnale chiaro che dice
diverse cose. La prima è che non esistono più luoghi sicuri a Kabul: la città sta
scivolando un po’ verso la Baghdad degli anni peggiori, del 2006, del 2007. L’altra
cosa che ci dice è che il percorso di pacificazione nel Paese è molto difficile e
confuso. C’è tutta una serie di elementi che non la vogliono, sia fra i sostenitori
di Karzai, sia fra quell’insieme variopinto che noi etichettiamo come “talebani”,
ma che in realtà racchiude al suo interno forze molto diverse.
D. –
Dieci anni fa l’uccisione di Shah Massoud, il Leone del Panshir, considerato
dagli afghani l’eroe della resistenza antisovietica, in un’azione che ricorda molto
quella che ha portato alla morte di Rabbani. Poi, due mesi fa, l’assassinio del fratello
di Karzai. Perché questa scia di sangue non si interrompe?
R. – Non
si interrompe e, anzi, aumenta perché le condizioni in Afghanistan continuano a peggiorare.
Siamo “entrati” nel 2001, dopo gli attentati dell’11 settembre, ormai dieci anni fa,
e pensavamo di aver sconfitto i talebani rapidamente, ma non è stato così. Gli Stati
Uniti, la Nato, la comunità internazionale hanno compiuto ogni tipo di errore possibile,
politico e militare, in quel Paese. Ci siamo distratti per troppi anni e quando, intorno
al 2008-2009, abbiamo riconcentrato la nostra attenzione sull’Afghanistan era troppo
tardi. Ovviamente, di fronte a questi fallimenti, ci sono due tentazioni. La prima
è quella della comunità internazionale che vuole lasciare il Paese il prima possibile;
la seconda è che in Afghanistan sono già in atto tutte le mosse e gli accorgimenti
dei vari gruppi, movimenti politici e attori locali afghani che pensano all’Afghanistan
senza più la presenza internazionale.
Kosovo: sempre alta la tensione
sulla frontiera serba Resta ancora alta la tensione nel nord del Kosovo, dove
da venerdì scorso la popolazione di etnia serba ha elevato barricate e blocchi stradali
in segno di protesta contro la presa di controllo di due posti di frontiera con la
Serbia da parte di poliziotti e doganieri kosovari albanesi. Agenti della Missione
europea nel Paese hanno arrestato un giovane serbo accusato di aver sparato contro
la casa di un poliziotto di etnia albanese. Secondo un quotidiano di Belgrado, tra
i dimostranti starebbero prevalendo le posizioni più radicali e nazionaliste, da sempre
ostili al Kosovo. Intanto, per passare il tempo sui due valichi si organizzano letture
di poesie, esibizioni folkloristiche e partite di calcio. Nei giorni scorsi, le forze
Nato nel Paese avevano avvertito che le barricate sono illegali e non costituiscono
una forma pacifica di protesta.
Fmi, taglio delle stime sulla crescita globale.
Positivo solo il rialzo entrate fiscali Mentre il Fondo monetario internazionale
(Fmi) taglia ancora le stime sulla crescita dell’economia mondiale per il prossimo
anno, in rallentamento per la debolezza dell’Eurozona e degli Stati Uniti, emerge
un dato in controtendenza: un maggior afflusso medio di entrate fiscali rispetto al
passato, che viene giudicato positivamente dal direttore del Dipartimento Affari fiscali
dell’Fmi, Carlo Cottarelli. Francesca Baronio lo ha intervistato:
R. – Le notizie
positive sono che negli ultimi due anni c’è stato un miglioramento dei conti pubblici
dei Paesi avanzati e che questo miglioramento è stato: o in linea con le aspettative
per la maggior parte dei Paesi o meglio delle aspettative. Ci sono state delle eccezioni
ovviamente - come Grecia, Portogallo e Irlanda - dove le cose sono andate peggio,
ma in generale i conti fiscali sono migliorati significativamente e più delle aspettative
in molti Paesi.
D. – Nonostante ciò, l’Europa continua ad essere sotto
attacco, cosa si può fare per rassicurare i mercati?
R. – Deve fare
due cose. Prima di tutto, parlare in maniera più chiara: c’è una certa confusione
nelle dichiarazioni che vengono fatte dai diversi rappresentanti dei vari Paesi, anche
se credo ci sia la volontà di trovare una soluzione. La seconda cosa, è muoversi rapidamente
per attuare le decisioni che sono state annunciate il 21 luglio, che sono decisioni
importanti e che fondamentalmente dicono che i Paesi europei sosterranno gli altri
Paesi che sono in crisi se un aggiustamento fiscale e strutturale si verificherà in
questi Paesi.
D. – Chiedere il rigore fiscale e al tempo stesso invocare
la crescita non è come un cane che si morde la coda?
R. – Non credo
che sia un cane che si morde la coda. Occorre fare le cose in maniera corretta, non
esagerare in una direzione o nell’altra. I Paesi hanno necessità nel medio periodo
di avere un aggiustamento fiscale e quindi di avere un piano su come il debito pubblico
sarà ridotto o come sarà ripagato nel medio periodo. I Paesi che hanno un piano e
che non hanno problemi di finanziamento nel breve termine possono nel breve periodo
rallentare l’aggiustamento per evitare di pesare troppo sulla crescita, attraverso
un aumento molto rapido delle tasse o un taglio troppo drastico della spesa.
D.
– Obama ha appena presentato un piano di riforma fiscale: va nella giusta direzione?
R.
– Sì, credo vada nella giusta direzione. E’ un piano importante in termini di aggiustamento
complessivo: nei prossimi dieci anni figura un aggiustamento cumulativo di quattro
trilioni di dollari. E’ un piano che bilanciato guarda sia alla spesa che alla tassazione.
Il problema fondamentale è che questa è una proposta e bisognerà vedere se il Congresso
raggiungerà un accordo per rendere operativo questo piano. (ap)
Messico:
narcotraffico, trovati 35 corpi in strada I cadaveri di 35 persone assassinate
sono stati trovati in due furgoni parcheggiati sotto un ponte nella città marittima
di Veracruz, nel Messico orientale. I morti, molti dei quali con precedenti penali,
erano probabilmente membri del cartello della droga Los Zetas, che nell’ultimo anno
sta combattendo contro il cartello del Golfo per il controllo della zona. Sono quasi
42 mila le persone rimaste uccise da quando il presidente del Messico, Felipe Calderon,
ha lanciato una campagna contro le bande del narcotraffico nel 2006. (Panoramica
internazionale a cura di Fausta Speranza e Fabrizio Angeli)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 264