Tagliato il rating dell’Italia: l’Ue chiede riforme per la crescita. L'opinione di
Gotti Tedeschi
L'Italia ha fatto tutti i passi necessari per raggiungere gli obiettivi concordati
con la Ue, tra cui il pareggio di bilancio nel 2013, ma deve fare le riforme necessarie
per sbloccare il suo potenziale di crescita: è quanto ha detto oggi un portavoce della
Commissione Ue, dopo la decisione dell’agenzia Standard and Poor’s di tagliare il
rating dell’Italia. Ma che cosa c'è alla base di questo atto di sfuducia dell'agenzia
di rating? Alessandro Guarasci lo ha chiesto al presidente dello Ior Ettore Gotti
Tedeschi
Ma cosa cambia
concretamente alla luce del declassamento? Eugenio Bonanata lo ha chiesto all’economista
Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo all’Università di Milano:
R. – E’ chiaro
che le persone diventano meno disposte a prestare soldi all’Italia oppure lo fanno
se i tassi di interesse diventano più premianti, più alti. Però questo significa,
in concreto, che per i cittadini italiani aumenta la spesa pubblica: cioè, la componente
di spesa pubblica che se ne va per preparare gli interessi sul debito evidentemente
diventa un po’ più alta e toglie margine di flessibilità alle altri componenti della
spesa.
D. – Da dove deriva il potere della definizione da parte di questa
agenzia che emette dei giudizi sulla situazione di un dato Paese che, però, ha un
grande credito sulla piazza?
R. – E’ vero che in passato ci sono stati
comportamenti da parte di queste agenzie assolutamente irresponsabili. Nessuna di
queste agenzie ha mai segnalato il rischio che esisteva pochi giorni prima del crollo
di Lehman Brothers e della borsa di New York, poi di tutto il mondo nel settembre
2008; sono poche, agiscono in un regime di oligopolio, quasi di monopolio, sono sostanzialmente
tre al mondo. Diciamo che oggi, proprio in ragione della perdita di credibilità del
passato, sono più rigorose e, per non sbagliare, danno giudizi anche un po’ più severi.
D.
– Diamo uno sguardo a livello europeo: si parla molto della situazione in Grecia ma
c’è anche il quadro preoccupante per quanto riguarda il Portogallo e la Spagna… Dunque
la situazione generale non migliora?
R. - Da un lato c’è un problema
di tenuta di alcuni Paesi. Per quanto riguarda il caso italiano è evidente: l’attuale
debolezza politica inibisce i talenti economici. In Grecia abbiamo una debolezza analoga,
per ragioni diverse, per tutta la fatica che si è determinata negli anni passati.
In Portogallo e in Spagna abbiamo forti punti interrogativi. Ad esempio, ci sono atteggiamenti
come quelli del governo e del cancelliere tedesco che non vanno precisamente nella
direzione di costruire un’intesa europea. Oggi, di fatto, l’Europa fa fatica a dare
una risposta unita e comune. La risposta, forse, più istituzionale e più consistente
viene data dalla Banca centrale europea, che non è precisamente un organo di governo
politico dell’Unione, che ha dato segnali di fiducia acquistando il debito dei Paesi,
dicendo così al mercato: noi riteniamo che questi Paesi siano credibili tanto che
siamo disposti a investire in loro facendoci carico del loro finanziamento.(bf)