2011-09-19 14:15:23

India: cristiani chiedono giustizia a 10 anni dalle violenze indù in Gujarat


“L’armonia si costruisce con i fatti, non con le parole”. Così il gesuita padre Cedric Prakash, direttore del Centro per i Diritti Umani, la Giustizia e la Pace “Prashant”, ad Ahmedabad, in India, commenta all’agenzia Fides la notizia del digiuno di tre giorni del leader estremista indù Narendra Modi, capo del governo in Gujarat e membro del partito nazionalista Baratiya Janata Party, per affermare “il suo impegno per l’armonia sociale e comunitaria in Gujarat”. Il religioso bolla l’iniziativa definendola uno “show” e “come cristiano” chiede al leader indù di costruire l’armonia rendendo giustizia alle vittime delle violenze in Gujarat del 2002. “Se a dieci anni dai massacri – si interroga padre Cedric - le vittime chiedono ancora giustizia; se le minoranze religiose cristiane e musulmane, restano emarginate e discriminate in tutti i campi, soprattutto istruzione e occupazione, di quale armonia si sta parlando?”. Al digiuno di Modi, in Gujarat ha risposto il leader dell’opposizione regionale, Shankersinh Vaghela: anch’egli ha iniziato a digiunare, in un singolare “duello di digiuni”. La sfida è nata dopo che la Corte Suprema del Paese ha deciso di escludere, per il momento, il capo dell’esecutivo del Gujarat dagli accusati per disordini tra indù e musulmani, verificatisi nel 2002. Modi ha iniziato un digiuno nel tentativo di scrollarsi di dosso l’accusa di “complicità nei massacri”. Vaghela, del Partito del Congresso, ha avviato il suo digiuno con un fine opposto: denunciare la “politica corrotta” di Modi. Nel luglio scorso il Governo del Gujarat, stato dell’India occidentale, ha ammesso che tutte le prove relative ai massacri del 2002 – quando persero la vita circa 2.000 cittadini musulmani, attaccati da migliaia di militanti radicali indù – sono state distrutte. La notizia ha creato sconcerto e indignazione fra i legali delle vittime e nella società civile, anche perché molti dei processi ai presunti responsabili sono ancora pendenti. (M.G.)







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