Pakistan: il depistaggio della polizia per l'assassinio di Shahbaz Bhatti
La polizia pakistana sta diffondendo nuove falsità e nuovi dubbi sull’assassinio di
Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico delle minoranze, ucciso il 2 marzo scorso da
un commando di estremisti musulmani. Bhatti conduceva da tempo una lotta contro la
condanna a morte di Asia Bibi per blasfemia e in difesa delle minoranze religiose
del suo Paese. Secondo la polizia di Islamabad, i due sospettati della morte, Zia-ur-Rehman
e Malik Abid, sarebbero due ex cristiani di Faisalabad, convertiti all’islam, che
avrebbero avuto problemi con la famiglia Bhatti legati a delle proprietà. Le forze
dell’ordine hanno anche affermato che non vi sono prove contro di loro. Il Tribunale
dell’antiterrorismo ha spiccato un mandato di arresto internazionale a carico di Zia-ur-Rehman
e Malik Abid, che dopo l’assassinio sarebbero fuggiti a Dubai Proprio in questi giorni,
i due sono stati trasferiti in Pakistan, grazie all’Interpol. Il sovrintendente della
polizia e capo della commissione d’inchiesta ha dichiarato però che “i sospetti sono
detenuti per l’inchiesta e essi sono stati nominati dalla famiglia Bhatti, ma è troppo
presto dire qualcosa sul loro coinvolgimento nell’assassinio di Bhatti, perché non
vi è alcuna prova su di loro. Essi sono detenuti sulla base del dubbio e le cose si
chiariranno dopo che essi saranno interrogati”. Le dichiarazioni della polizia hanno
provocato critiche e forti reazioni nella Chiesa pakistana. Mons. Rufin Anthony, vescovo
di Islamabad e amico personale di Shahbaz Bhatti, ha detto all'agenzia AsiaNews che
“la dichiarazione della polizia è totalmente assurda. Se essi non sono sicuri del
coinvolgimento dei sospetti – ha aggiunto - di che cosa li sospettano allora? Come
mai il tribunale ha emesso un mandato di cattura se la Commissione d’inchiesta non
aveva prove sul loro coinvolgimento?”. Per il vescovo vi è il sospetto che “la polizia
sta difendendo i colpevoli, o sta depistando il caso, arrestando alcuni cosiddetti
sospetti per poi lasciarli liberi, non essendovi solide prove al riguardo. È chiaro
– ha detto ancora – che se non ci sono prove contro i due sospetti, essi saranno rilasciati
dal tribunale”. Per mons. Anthony, è urgente una seria commissione d’inchiesta. “È
tempo che le autorità prendano le cose sul serio: l’assassinio di Shahbaz Bhatti non
è solo l’assassinio di un ministro federale, ma è l’uccisione della voce dei senza
voce. Essi hanno messo a silenzio un uomo, ma non possono far tacere la sua visione,
i suoi pensieri, la sua lotta per gli emarginati”. L’opinione del prelato è condivisa
anche da personalità musulmane. Per l'accademico religioso musulmano, Maulana Mahfooz
Khan che ha dei dubbi sulle indagini, è urgente una nuova commissione d’inchiesta.
“Il governo – aggiunge – sembra riluttante a interessarsi all’assassinio del suo ministro
federale, ucciso in pieno giorno ad Islamabad”. “Shahbaz Bhatti – conclude – ha lottato
per i diritti delle minoranze; il suo impegno per l’armonia interreligiosa è stato
eccezionale”. (R.P.)