Abu Mazen: l'Onu riconosca lo Stato palestinese. Netanyahu: no ad azioni unilaterali
L’Unione Europea ha preso atto della volontà dei palestinesi di aderire all'Onu, ma
crede che 'una soluzione costruttiva’ per la ripresa dei negoziati sia la migliore
e l'unica possibile per giungere alla pace. A dichiararlo è il portavoce del capo
della diplomazia dell'Ue, Catherine Ashton. Intanto il presidente palestinese Abu
Mazen va avanti con la richiesta di riconoscimento, che dovrebbe avvenire davanti
all’Assemblea Generale, ma che potrebbe arrivare al Consiglio di Sicurezza. Ce ne
parla Graziano Motta:
Abu Mazen
ha confermato che presenterà al Segretario generale Ban Ki-moon la domanda di riconoscimento
dello Stato palestinese come membro effettivo delle Nazioni Unite il prossimo venerdì,
23 settembre. Ritiene che, acquisito il riconoscimento dell’Onu di questo Stato, avente
come confine le linee di armistizio del 1967 - e questo è un aspetto sostanziale,
perché l’entità palestinese non ha avuto finora delle frontiere riconosciute internazionalmente
- esisterà la base di una ripresa dei negoziati di pace con Israele, accusato di essere
responsabile della loro stasi. Immediata la reazione del primo ministro israeliano
Netanyahu: il suo portavoce ha ribadito che non si può pervenire alla pace con un’azione
unilaterale all’Onu e, nello stesso tempo, collaborando con l’organizzazione terroristica
di Hamas al potere a Gaza; ma vi si giungerà solo con negoziati diretti, per i quali
Israele è un partner disponibile.
Sull’importanza dell’intervento del presidente
palestinese Abu Mazen Irene Pugliese ha intervistato il professor GiorgioBernardelli, esperto di Medio Oriente:
R. - Abu
Mazen si sente ormai praticamente sicuro di avere la maggioranza dei due terzi all’interno
dell’Assemblea generale dell’Onu, però ha detto anche un’altra cosa molto importante:
intende comunque coinvolgere anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
D. - Quindi sfida il veto degli Stati Uniti?
R. – Certamente
vuole portare fino in fondo il braccio di ferro. E’ una sfida ma in un certo senso,
oggi, dà una posizione di forza: con i due terzi ormai acquisiti all’interno dell’Assemblea
mette in una posizione molto difficile l’amministrazione americana che ha già annunciato
l’intenzione di porre il veto.
D. - Netanyahu durante il colloquio con
la responsabile della politica estera europea Catherine Ashton ha detto che Israele
potrebbe accettare un innalzamento dello status palestinese all’Onu a patto però che
la Palestina non venga dichiarata uno Stato...
R. - Abu Mazen ha insistito
molto sul riconoscimento come membro pieno delle Nazioni Unite. Queste sono le posizioni
della vigilia. Poi si tratterà di vedere concretamente come verrà formulata la risoluzione
per l’approvazione nel dibattito all’interno dell’Assemblea. Comunque il fatto che
oggi Netanyahu abbia fatto questo tipo di affermazioni dà l’indice della situazione
molto difficile in cui si trova oggi Israele. Al momento è la Palestina a trovarsi
in una posizione di forza. Netanyhau, qualche giorno fa, non si sarebbe mai sognato
di dire una frase del genere.
D. - Per quanto riguarda l’isolamento
di Israele c’è anche poi il fronte egiziano. Ieri era stato il premier Essam Sharaf
ad affermare in un’intervista alla tv turca che l’accordo non è sacro ed è sempre
aperto a discussioni o cambiamenti. Il governo israeliano ha convocato l’ambasciatore
egiziano in merito al Trattato di pace tra i due Paesi. Quanto è importante in questa
vicenda il ruolo dell’Egitto?
R. – E’ importantissimo, è un elemento
molto delicato per Israele in questo momento: il fatto che questi accordi di pace
firmati da Begin e Sadat ormai molto tempo fa restino comunque in vigore è fondamentale
per l’equilibrio di Israele. Si è trattato di un accordo di pace che era sostanzialmente
garantito da Mubarak. Oggi il nodo viene al pettine perché è l’unica frontiera sicura
stabile per lo Stato ebraico. Adesso rimettere in discussione anche il rapporto con
l’Egitto sarebbe davvero una catastrofe. (bf)